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L’antica e sentita devozione per Santa Maria Apparì

di | 2021-05-09T13:09:10+02:00 9-5-2021 6:20|Cultura, Sezione 5|0 Commenti

PETRELLA SALTO (Rieti)  – “Santa Maria Apparì, Santa Maria Apparì, Santa Maria Apparì”: il grido dei cittadini di Petrella Salto risuonò per i vicoli e per i campi in quel 31 maggio del 1562, quando si racconta che la Madonna apparve a una bambina di 13 anni di nome Persiana Faina. Nel terreno di proprietà della famiglia c’era un albero carico di ciliegie. La ragazza salì sull’albero per raccoglierle, anche se non pienamente mature, mettendole nel grembiule (a Petrella le ciliegie maturano a fine giugno). Nel ridiscendere la ragazza accusò dolore a un braccio che le impediva di muoversi. Spaventata e sola in quel campo, recitò il rosario utilizzandone uno di legno che teneva sempre nella tasca. Dopo alcune preghiere, vide una candida signora che le si avvicinò, la prese per il braccio dolorante e l’aiutò a scendere dall’albero. Il dolore cessò all’istante.

La ragazza per ringraziare offrì alla signora i frutti ancora acerbi che, appena toccati dalle sue mani, diventarono improvvisamente maturi. Nel tornare a casa, la signora ordinò alla fanciulla di chiedere ai suoi concittadini conversione, penitenza, preghiera, rispetto per il sabato come giorno consacrato alla Madonna, frequenza dei Sacramenti (così come successivamente a Lourdes e a Fatima). Mentre camminavano risalendo verso il paese, giunte nei pressi di un tufo, si alzò alta e forte una bestemmia contro Dio lanciata da alcuni giovani che giocavano in piazza. La visione scomparve immediatamente, lasciando l’impronta del piede sul tufo, diventato subito luogo di devozione per chi passava lungo la mulattiera. Nel 1950 venne eretta una minuscola cappella a protezione del tufo chiamata “Cappella del tufo di Santa Maria Apparì”. Persiana rivide successivamente la signora in cielo circondata da grande splendore, raccontò la sua visione e venne interrogata da un inviato del Vescovo di Rieti, da canonici e cardinali e due anni dopo anche nella cappella di Santa FiIippa Mareri (allora beata) nel Monastero di Borgo San Pietro, insieme alla badessa e altre autorità ecclesiastiche, un interrogatorio che è stato verbalizzato dal notaio della curia di Rieti.

Nei giorni successivi si racconta che uno storpio di Varco Sabino e un cieco di Fiamignano, recatisi in preghiera nei pressi del ciliegio, furono guariti, lo stesso per una donna di Staffoli e un altro storpio di Fontefredda (oggi Sant’Agapito). La popolazione iniziò subito a costruire un tempio nel luogo dell’apparizione e l’iniziativa venne assecondata e fatta propria dalla contessa Orinzia Colonna, feudataria e nobildonna romana. Grazie al suo intervento, agli architetti e artisti di Roma e ai settemila ducati raccolti dalla popolazione, la chiesa non venne eretta a struttura semplice, con aule rettangolari e copertura a capanna come le altre chiese rupestri. Le sue proporzioni denotano quanto all’epoca la sua costruzione ebbe grandi pretese: quelle di accogliere un numero di fedeli rilevante rispetto alla popolazione del territorio: era già stata pensata come luogo di pellegrinaggio e dai fedeli considerata fin da subito un santuario.

La chiesa è caratterizzata da una pianta che all’esterno sembra quadrata, ma all’interno si rivela essere un ottagono iscritto in un quadrato ottenuto attraverso smussature angolari. I muri sono spessi, probabilmente progettati per sostenere una cupola che non venne mai eretta. La facciata è rustica e sotto al campanile a vela l’iscrizione “Apparuit in terra nostra A.D. 1562”. Con l’inizio del culto autorizzato nel 1572 dal cardinale Antonio Amulio con una “breve” indirizzata alla contessa, nonostante i lavori non fossero ancora ultimati, arrivarono anche i frati minori conventuali, chiamati dalla stessa contessa, che alloggiarono inizialmente nel piccolo romitorio dietro la chiesa, irregolare, modesto, con cinque locali e successivamente vennero ospitati dalla famiglia Colonna a palazzo San Rocco. Il convento dei frati restò fino ai primi decenni del XIX secolo.

Panorama di Petrella Salto

La chiesa in realtà non venne mai completata, la morte della contessa impedì il proseguimento dei lavori: all’esterno mancano le cornici superiori della facciata, le finestre e il rosone sono privi di ornamenti, ben visibili in basso, all’interno una sola crociera sostiene il tetto e dell’altra crociera, che avrebbe dato la copertura a otto spicchi, sono presenti soltanto le basi, fino al livello della sommità delle pale degli altari. Nel 1968 i petrellani hanno coperto l’interno con una volta a quattro spicchi. La facciata è suddivisa in tre fasce longitudinali da quattro lesene in cotto, al centro il portale incorniciato in pietra scalpellata e il rosone, coronato da una fila di mattoni posti di taglio, quasi a fare da anello. Al centro delle due fasce laterali due nicchioni in cotto che si suppone avrebbero dovuto ospitare le statue di San Rocco e Sant’Antonio da Padova. L’altare maggiore ha una pala ad olio raffigurante l’Apparizione, di autore manierista ignoto.

Eretto ufficialmente a Santuario diocesano nel 2012, Santa Maria Apparì è uno dei principali monumenti architettonici del comune e centro religioso di devozione mariana, aperto ai fedeli solo nel mese di maggio, durante il quale si svolgono processioni e funzioni religiose, che culminano nell’ultima domenica del mese, con la distribuzione delle ciliegie benedette a tutti i presenti e manifestazioni folkloristiche. Una grande festa organizzata dalla Pro Loco e la partecipazione di tanti fedeli. La sera precedente la solenne processione che parte dalla chiesa di Sant’Andrea a Petrella Salto con il bassorilievo ligneo che raffigura l’apparizione e infiorata artistica, con ritorno a Petrella nella processione del giorno successivo. Per la popolazione di Petrella è meta obbligata per i matrimoni, cresime e cerimonie importanti. Della giovane Persiana, dopo gli interrogatori e la verbalizzazione, non si sono avute più notizie.

Francesca Sammarco

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