PERUGIA – Maestro vero di cinema, ma non solo. Pure raffinato intellettuale e, persino, valente pittore. È un Michelangelo Antonioni inedito (o quasi) quello che emerge dal documentario “A casa di Michelangelo”, curato – in maniera splendida e coinvolgente – dal regista spellano Leonardo de Mai e dalla regista e attrice Enrica Fico, sposa del famoso cineasta spentosi nel 2007. Il documentario verrà presentato domenica 15 marzo a Trevi, nella sala conferenze del Polo Museale, a partire dalle 16, con l’iniziativa “Un omaggio a Michelangelo Antonioni”.

Michelangelo Antonioni con la moglie Enrica Fico
Perché Trevi? Semplicemente in quanto Antonioni, nel 1979, acquistò un casolare, con strutture medievali, alle porte del paese e trascorse, una buona parte della sua vita, tra queste mura, dove ancora soggiorna – dividendosi con l’abitazione di Roma – la moglie. La quale rivela come il regista fosse, fin da piccolo, attratto dall’arte pittorica: “Addirittura da ragazzo si dedicava ai paesaggi ed ai ritratti, tanto da disegnare persino il volto di Greta Garbo, grande diva di quell’epoca… Poi riprese i pennelli in mano solamente a partire dal 1989, dedicandosi all’astrattismo…”. Alcune decine di queste opere, tra cui la serie “Montagne incantate” (un richiamo al romanzo di Thomas Mann “La Montagna incantata”? “Forse: Michelangelo – dice la signora Enrica – leggeva, e rileggeva, tantissimo…”) sono esposte nello “Spazio Antonioni” che Ferrara, la sua città natale, gli ha dedicato.

Michelangelo Antonioni
Tra i grandi del pennello più amati dal Maestro figurano Marc Rothko, conosciuto e frequentato a New York, la cui influenza i critici “leggono” nelle sue opere, ma anche tutto il futurismo, con in testa Balla. E poi De Chirico e Morandi, dei quali possedeva una discreta collezione; del bolognese, poi, era amico personale. Che la tavolozza gli fosse penetrata dentro lo sottolinea anche il particolare che Antonioni ha continuato a dipingere sino alla fine della sua vita. Racconta Enrica: “L’ultimo lavoro lo ha completato quindici giorni prima di morire. L’ho aiutato io stessa a stendere i colori…”. Possedeva una sensibilità particolare nello scegliere i toni delle tinte da collocare gli uni accanto agli altri senza provocare distonie. Ma il suo colore preferito rimane il blu elettrico. Svela, Enrica, che Michelangelo, di solito, risultava molto rapido alla tela. Un quadro, figlio di uno scatto d’ira e di un umore nero, lo completò appena in un pomeriggio. In altri casi per stendere forme e colori impiegava un tempo maggiore.

Enrica Fico
Intorno al focolare spesso sedeva a trattare di temi profondi o di cose leggere (qualche volta persino le barzellette) con personalità quali i filmaker Francis Ford Coppola e Wim Wenders, l’archistar Renzo Piano, il musicista Mstislav Rostroprovic, lo scrittore e regista Andrey Tarkosky, l’amico di sempre Tonino Guerra. Non mancavano nel “buen retiro” le attività sportive, perché Michelangelo possedeva un fisico magro ed atletico: si dedicava al tennis e, a Trevi, aveva piazzato, non disponendo dello spazio per un campo di gioco, un tavolo da ping pong. Altra passione gli scacchi, per i quali utilizzava una scacchiera di valore, regalo ricevuto dalla MGM. E le carte. Scriveva molto anche. E, durante la malattia, con l’aiuto della moglie, raccolse le note migliori dei suoi taccuini (sui quali annotava di tutto) in un libro dal titolo “Comincio a capire”.

In mostra a Trevi alcuni quadri di Michelangelo Antonioni
Il regista si avvaleva pure di una ricca biblioteca, ora donata a Ferrara. Ed un posto particolare sugli scaffali lo ricoprivano i libri degli scrittori e filosofi francesi quali Jean Paul Sartre e Albert Camus. D’altro canto la trilogia dell’incomunicabilità, dell’alienazione, dell’introspezione affonda, forse, le sue radici nell’esistenzialismo. “Mi fa piacere – ammette la signora Enrica – questa attenzione e questo affetto che Trevi dedica a Michelangelo e pure a me. Mio marito riservato e chiuso somigliava, sotto questo profilo, ai trevani. Devo ammettere che risultava pure molto competitivo e che amava molto il successo… Io, poi, ho stretto un legame profondo con questa realtà. Se mi allontano una settimana avverto subito il bisogno di tornare. Anche perché il giardino e la casa stessa necessitano di attenzioni e cure costanti. E poi mi piace sentire, dai miei concittadini, ai quali è più gradito il teatro che il cinema, recitare Shakespeare – conclude con un sorriso dolce – in accento trevano…”.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, una delle opere dipinte da Michelangelo Antonioni
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