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Intelligenza artificiale e lavoro riscrivono le regole

di | 2025-06-20T19:14:13+02:00 22-6-2025 0:20|Attualità, Sezione 5|0 Commenti

VITERBO – Per anni abbiamo discusso se l’intelligenza artificiale avrebbe davvero cambiato il nostro modo di lavorare. Nel 2025 la risposta non è più una teoria: è un fatto. L’IA non è solo entrata nei processi produttivi, ma sta modificando alla radice le competenze richieste, i tempi di lavoro e perfino il nostro modo di pensare al concetto stesso di professione. Chi immaginava robot che rubano il posto agli umani si trova davanti a una realtà molto più complessa e, per certi versi, persino più affascinante.

Dall’automazione alla collaborazione: un nuovo patto tra uomo e macchina La grande trasformazione non riguarda tanto il fatto che alcune mansioni vengono automatizzate — questo lo sapevamo — ma il modo in cui l’intelligenza artificiale si è integrata nei nostri processi quotidiani, creando forme di collaborazione inedite. Se in passato l’automazione si limitava a compiti ripetitivi, oggi l’IA partecipa anche ad attività complesse: scrive testi, suggerisce strategie di marketing, assiste nella diagnosi medica, crea modelli di progettazione architettonica. Lungi dall’essere relegata in qualche remoto centro dati, l’IA è diventata un collega silenzioso ma presente.

E, a sorpresa, non tutti si lamentano. In molti casi, l’automazione dei compiti più banali ha liberato energie per attività più creative, strategiche o empatiche. Il tempo guadagnato viene investito in progettazione, in formazione, in relazioni più profonde con clienti e colleghi. L’intelligenza artificiale, insomma, non ci sta solo togliendo lavoro: ce ne sta offrendo di nuovo, di diverso, spesso più interessante. Questo non significa che non ci siano rischi.

Le professioni che non sapranno evolversi rischiano l’obsolescenza Alcune competenze, considerate fino a ieri imprescindibili, oggi sono date per scontate o gestite meglio da algoritmi. In compenso, crescono figure nuove, ibride, capaci di parlare contemporaneamente il linguaggio della tecnica e quello dell’umano. Prompt engineer, ethical AI specialist, experience designer: ruoli che fino a pochi anni fa nessuno avrebbe nemmeno saputo descrivere. Un cambiamento che richiede, da parte di chi lavora, una flessibilità culturale senza precedenti. Non basta più aggiornarsi: bisogna essere pronti a cambiare mentalità, a immaginare modi nuovi di interpretare il proprio valore.

Non basta lavorare: serve essere insostituibili Se l’IA è capace di fare molte cose meglio e più velocemente, qual è allora il vero vantaggio competitivo umano? Non è la forza bruta né la velocità di calcolo: è tutto ciò che richiede empatia, intuizione, creatività profonda. In un mondo dove l’output tecnico può essere replicato all’infinito, diventa centrale la capacità di leggere il contesto, di porre domande intelligenti, di costruire relazioni di fiducia. Per questo le competenze soft — quelle che per decenni sono state considerate accessorie rispetto a quelle tecniche — oggi fanno la differenza. Chi sa ascoltare, comunicare in modo efficace, risolvere problemi complessi senza risposte preconfezionate è, e sarà sempre di più, una risorsa difficile da sostituire.

Anche il concetto di carriera cambia pelle L’idea di un percorso lineare, basato su scatti d’anzianità e specializzazioni progressive, appare sempre più anacronistica. Si afferma invece un modello più fluido, fatto di salti laterali, progetti trasversali, aggiornamenti continui. Non si costruisce più una carriera: si costruiscono competenze, esperienze e reti di relazioni. E si costruiscono, cosa forse ancora più importante, reputazioni. In questo contesto, anche il rapporto con il tempo di lavoro muta. Lo smart working non è più un’eccezione o un benefit, ma la normalità in molti settori.

La produttività si misura non più in ore passate davanti a uno schermo, ma in obiettivi raggiunti. E la qualità della vita torna ad essere un parametro centrale nel valutare il successo professionale. Il 2025 ci insegna, insomma, che il vero rischio non è l’intelligenza artificiale che ci ruba il lavoro. È rimanere fermi mentre tutto cambia. È pensare che basti fare bene ciò che abbiamo sempre fatto. Il futuro premia chi è capace di mettersi in discussione, di reinventarsi, di restare curioso.

In fondo, la vera intelligenza, quella che non teme concorrenza, è proprio questa: la capacità di cambiare.

Alessia Latini

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