PERUGIA – Il Van Gogh Museum di Amsterdam rischia di chiudere. Si spera solo per un periodo. Ma la situazione economica appare decisamente pesante. Molto pesante. La struttura inaugurata nel 1973 mostra acciacchi sia sul piano delle migliorie da adottare, sia sul livello della manutenzione, sia sotto il profilo della sostenibilità e della sicurezza. I fondi provenienti dalla Fondazione creata nel 1962 dal nipote del grande pittore, Vincent William Van Gogh, non appaiono sufficienti. E neppure i biglietti degli ingressi, che assommano ad un milione ed ottocentomila visitatori all’anno (cifra molto rilevante) ed i proventi della caffetteria e del negozio interni possono soddisfare alla bisogna.
Lo Stato versa una quota significativa, ma non pare abbia intenzione di aprire di più i cordoni della borsa. Per cui il pericolo che i duecento dipinti ed i cinquecento disegni del grande Vincent rimangano chiusi e non godibili agli amanti dell’arte, appare davvero reale. Non lo ha nascosto neppure la direttrice Emile Gordenker. Il piano di recupero – denominato Master Plan ‘28 – è stato realizzato ma richiede un esborso, sia pure in più anni, di milioni e milioni. E all’orizzonte non si profila nessuno in grado di soddisfare le pur legittime esigenze della struttura.
Chissà cosa direbbe di questa situazione la cognata (cioè la moglie di Theo il fratello del pittore, morto pochi mesi dopo l’amato congiunto) dell’eccelso artista, che tanto si diede da fare dopo la morte di Vincent. Il quale, in vita, non aveva ottenuto il riconoscimento sperato ed il successo, di fama ed economico, di altri suoi contemporanei. Tra le opere esposte nel Museo olandese figura pure il ritratto di Johanna Bonger vedova Van Gogh (1862-1925) – la cognata, appunto, di Vincent – fattole dal secondo marito, Johan Cohen Gosschalk (1873-1912), giurista e pittore. L’opera, lo sostengono gli esperti, è di scarso valore artistico, ma merita la collocazione espositiva, perché senza questa oscura donna, che lavorò per anni per far conoscere e apprezzare i lavori del cognato, difficilmente oggi potremmo godere dei lavori di Van Gogh, risultato misconosciuto in vita e spesso osteggiato anche per le sue stranezze, la sua follia, il suo suicidio. Johanna aveva sposato il fratello dell’artista, Theo, che morì appena sei mesi dopo Vincent. 
La Bonger non solo ricevette in eredità un gran numero di opere, tele, disegni, schizzi (tra cui “I girasoli”), ma pure le lettere di Vincent e del marito, che pubblicò e che servirono poi a ricostruire la vita, gli spostamenti e i sentimenti e la filosofia pittorica del grande artista. Visse, la donna, tra le opere d’arte di Van Gogh fino all’ultimo e solo poco tempo prima di morire, per diffondere al meglio l’arte e il pensiero del cognato ed onorarne la memoria, cedette una serie di tele alla National Gallery di Londra. Da lì, da quel proscenio importante, partì la rivalutazione critica di Vincent. Ora collocato tra i massimi pittori di tutti i tempi. Gratitudine immensa, dunque, per la petulanza e l’insistenza di questa casalinga, che ha contribuito ad arricchire il patrimonio artistico mondiale.
Auguriamoci, dunque, che le attuali difficoltà finanziarie del Museum olandese trovino soluzioni e risultino risolvibili presto ed al meglio.
Elio Clero Bertoldi

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