MILANO – “Si tratta di un buco legislativo sempre più insopportabile ed indecente” con queste parole dure Massimo Recalcati – psicoanalista e saggista – sottolinea la mancanza nel nostro paese di una legge sul fine vita, invitando tutti a riflettere su una questione quanto mai dolorosamente dilaniante. Pleonastico aggiungere che le leggi in uno Stato di diritto non impongono comportamenti, semmai tutelano i diritti individuali nel rispetto della diversità delle singole scelte religiose e/o politiche. Viviamo in tempi in cui gli innumerevoli conflitti in atto hanno generato una sorta di assuefazione alla morte, essa è tuttavia “prigioniera – nota ancora Recalcati – degli scenari politici che la determinano”, ma non può e non deve avere nessuna connotazione politica una legge che regolamenti la scelta consapevole di porre fine ad una non-vita.
Tale richiesta dovrebbe far scaturire solo un senso di pietas generale, di solidarietà umana bipartisan verso chi, sopraffatto dalla sofferenza e dalla mancanza di ogni speranza nel futuro, decida di “staccare” i fili e spegnere definitivamente la condizione che il linguaggio medico definisce freddamente “stato vegetativo irreversibile”. La Costituzione italiana riconosce che nessuno può essere obbligato ad alcun trattamento sanitario contro la propria volontà e prevede altresì l’inviolabilità della libertà personale, mentre dal punto di vista normativo in materia di fine vita è in vigore la legge 219/2017 che garantisce che un malato possa scegliere il rifiuto delle terapie o l’interruzione previa sedazione profonda, oppure – se si verificano le condizioni previste dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 -possa accedere all’aiuto per una morte volontaria.

Massimo Recalcati
La Corte ha infatti dichiarato la non punibilità di chi, con le modalità previste dalla norma, agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio, “autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Nel 2024 con un’ulteriore sentenza (135/24) la Corte ha ribadito l’importanza di bilanciare il diritto all’autodeterminazione con il dovere di tutela della vita umana e, anche in questa occasione, i giudici hanno sottolineato che il compito di individuare il punto di equilibrio più appropriato spetta al legislatore.

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A tutt’oggi si rileva che non si riesce a costituire una maggioranza politica in grado di affrontare finalmente questo tema così delicato, nonostante i due solleciti della Corte; di conseguenza l’iter legislativo ristagna, mentre le esigenze del paese reale sono altre. Il confronto doloroso sul senso stesso della vita e sul prolungamento sine die di una non-vita non può continuare superficialmente a ribadire che tutto sia solo retaggio della cultura cattolica, come poi se quella laica disprezzasse la vita; quanto sarebbe invece più proficuo soffermarsi – come suggerisce Recalcati – sul meccanismo di esorcizzazione della morte tipico dei nostri tempi e sulla conseguente illusione di una vita sempre più lunga.

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Quello del benessere fisico e del prolungamento della vita a tutti i costi è uno dei “miti” più sentiti, come se le funzioni biologiche attive se supportate da “trattamenti di sostegno vitale”, potessero definirsi vita. Considerare allora se sia prioritaria la quantità (quanta) della vita alla qualità (qualis) della stessa diventa fondamentale – come già scriveva Seneca nel I sec. d.C. – ammonendo ad accettare che “cotidie morimur” (moriamo ogni giorno) in una visione stoica ispirata al modello socratico del morire bene e con piena consapevolezza, considerando la morte parte integrante della vita.
Ben al di là, in definitiva, di ogni schieramento politico e/o adesione religiosa, bisognerebbe rispettare e regolamentare dal punto di vista legislativo la decisione di chiunque ritenga che “l’essere semplicemente in vita della vita non può garantire il suo essere davvero viva” (Massimo Recalcati).
Adele Reale
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