//Il “Ringhio” di Gattuso per la derelitta Italia

Il “Ringhio” di Gattuso per la derelitta Italia

di | 2025-06-15T01:36:48+02:00 15-6-2025 1:00|Punto e Virgola|0 Commenti

E’ solo questione di giorni, se non di ore. La scelta è ormai fatta: Gennaro (Rino) Gattuso, detto “Ringhio”, sarà il nuovo commissario tecnico della Nazionale. Per risollevare un azzurro che più sbiadito non si può, ci si affida ad uno dei campioni del mondo del 2006 che sarà affiancato anche da diversi compagni di quella straordinaria avventura: Barzagli, Zambrotta e Perrotta, oltre al direttore sportivo Buffon e a Bonucci che entrerà nello staff tecnico. E poi è previsto l’ingresso, a livello più dirigenziale, di Cesare Prandelli che verrà inserito nel progetto Azzurri per l’azzurro, che non riguarda la Nazionale maggiore ma il settore tecnico giovanile e i vivai. Farà da coordinatore, mentre Zambrotta e Perrotta entreranno nel Club Italia, cioè la parte sportiva della Figc. L’ex ct curerà i settori giovanili, con attenzione alle squadre Under, e sarà il collegamento con la Nazionale maggiore.

Rino Gattuso, detto “Ringhio”

Questo è il quadro che il presidente federale Gabriele Gravina ha messo a punto per provare a conquistare l’accesso ai Mondiali, peraltro fallito nelle ultime due circostanze. Obiettivo minimo da ottenere o vincendo il girone di qualificazione (missione alquanto complicata dopo la pesante sconfitta per 3-0 in Norvegia e il risicato successo 2-0 sulla Moldova, apparsa peraltro molto più squadra della scompaginata ultima Italia spallettiana) o più probabilmente attraverso gli spareggi, ai quali si accede raggiungendo il secondo posto. Che pure di questi temi non è affatto scontato.

Cesare Prandelli

E’ evidente che l’Italia del calcio è in una fase regressiva assai marcata che non riguarda solo la maggiore espressione sportiva, ma l’intero movimento che continua a perdere colpi rispetto ai competitor internazionali. Inghilterra, Spagna e Germania sono nettamente avanti, la Francia si avvicina, trascinata dal Paris Saint Germain, recente vincitore della Champions League (la più importante competizione europea per club) con il sonante 5-0 ai danni dell’Inter. Di rilevante oggi ci sono solo i debiti che crescono ad ogni livello e che provocano la cancellazione di società o penalizzazioni in classifica.

Che cosa non va nel nostro calcio? Tutto, o quasi. A cominciare da una classe dirigente, spesso impreparata e sempre molto presuntuosa, a partire dal presidente della Federazione Gravina che per difendere se stesso cita il titolo europeo conquistato nel 2021. Ma sono passati 4 anni e, da allora, si possono contare solo figuracce e passi indietro. E’ un dato di fatto che la maglia azzurra ha perso appeal e che talvolta la convocazione in Nazionale viene vissuta con sopportazione e scarso entusiasmo. Tanto che al minimo dolorino diversi giocatori (probabilmente sollecitati dai club di appartenenza) preferiscono dichiarare forfait e tornare a casa.

Gabriele Gravina, presidente Figc

Il rapporto tra Club Italia e società non è mai del tutto decollato, ma adesso è ai minimi storici, senza che la Figc e il suo massimo esponente facciano qualcosa di concreto per invertire la rotta. D’altronde in un calendario così compresso che prevede 50-60 partite l’anno, aggiungere anche gli impegni azzurri può costituire un problema in più. Emblematiche le parole di Luciano Spalletti, ormai ex ct: “Spero che chi ha rifiutato la Nazionale non ci torni mai più”. Appunto.

Ma non sono da meno le responsabilità dei club, incapaci (salvo rare eccezioni) di gestioni sane e sostenibili. I bilanci sono sempre più in rosso e la situazione si aggrava nelle categorie inferiori dove non ci sono i soldi delle tv a dare una boccata d’ossigeno. L’attenzione ai vivavi è ormai irrilevante: l’anno scorso il Lecce che vinse lo scudetto Primavera (la più importante competizione giovanile in Italia) era totalmente composto da giocatori stranieri, sia europei che extracomunitari. La strada degli stadi di proprietà è stata imboccata seriamente solo da poche società: a Roma e Milano si discute da anni di impianti nuovi realizzati da Milan, Inter, Roma o Lazio, ma al momento non si è nemmeno nella fase progettuale. Troppe chiacchiere, troppa burocrazia, troppi interessi che nulla hanno a che fare con lo sport.

Luciano Spalletti

Il popolo tifoso continua a litigare ogni giorno sul rigore non dato, sul fuorigioco di questo o di quell’altro, su presunti favoritismi o danni, ma poi basta andare a guardare una qualunque partita europea per rendersi conto delle differenze esistenti. Da noi si continua a privilegiare la tattica rispetto alla tecnica, individuale e collettiva. E soprattutto si corre di meno. Una decina di anni fece scalpore una dichiarazione di Fabio Capello, allenatore che ha lavorato dappertutto e che ha vinto molto. Sosteneva che “il campionato italiano non è allenante”: fu sommerso di critiche, ma aveva tremendamente ragione. Non è solo questione di preparazione atletica, ma di ritmo, di intensità, di capacità di fare cose più o meno complicate in tempi e spazi ristretti. Se non si lavora (tanto) in allenamento, poi in partita se ne pagano le conseguenze, soprattutto in campo internazionale. Ma è anche questione di mentalità.

Fabio Capello

E’ pur vero che mancano i talenti, ma se non si opera con attenzione sui vivai e sulla crescita dei ragazzi, non si raccoglieranno mai frutti. I Totti, i Del Piero, i Buffon nascono senza particolari meriti, ma ce ne sono tanti altri che pur non raggiungendo il vertice, possono tranquillamente figurare bene in Serie A, nelle coppe europee e in Nazionale. Vanno aiutati e incoraggiati nell’inserimento in prima squadra, ma spesso si preferisce andare a pescare nei campionati esteri con risultati il più delle volte deludenti.

Gattuso alza la Coppa del Mondiale 2006

Adesso, comunque, tocca a “Ringhio”. C’è un episodio del 2006 che ne definisce carattere e personalità. Quando l’allora ct Lippi disse improvvisamente ai suoi azzurri in Germania che sarebbe andato via subito dopo il Mondiale, qualcuno lo guardò stupito, altri erano spaventati per il futuro. Ma uno gli andò addosso furioso e lo prese per il collo (letteralmente). “Devi restare!”, gli urlò. Era Rino Gattuso, uno dei protagonisti di quella cavalcata che portò al titolo. Ecco, di una cosa possiamo essere certi qualunque sarà il cammino alla guida della Nazionale: chi non avrà voglia di andare in campo con gli occhi di tigre, non sarà mai neppure preso in considerazione per una convocazione.

Buona domenica (e forza Azzurri).

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