ROCCANTICA (Rieti) – Le rovine ricoperte di vegetazione e muschi sembrano quelle di un paesaggio incantato, fiabesco. Ci si aspetterebbe di incontrarvi qualche personaggio alieno come nel film “Avatar” ma, in realtà, l’ambiente che vi si può osservare è quello primordiale e perciò incontaminato. Se non proprio unico, sicuramente raro. Il “Revotano”, una dolina carsica tra le più profonde d’Europa, a chi supera la fatica del percorso – prima una bella appettata dal paese di Roccantica e poi una discesa sdrucciolevole per scendere al suo interno – offre uno spettacolo sorprendente.
Tronchi d’albero ricoperti di muschio si incrociano tra loro a formare fantasie, archi, cunicoli, sentieri, radure, per un effetto che toglie il fiato al visitatore appena giunto da una impegnativa discesa – in certi punti impossibile senza corde – in quello che viene nominato anche l’“abisso”. Magia, storia, scienza si mescolano e l’immaginazione di ciascuno trova dentro di sé la spiegazione che meglio possa giustificare tanta pura bellezza.
Gli abitanti di Roccantica, il borgo nel cui territorio ricade questo locus amoenus, da lì visibile anche a occhio nudo come la grande bocca di un vulcano, da tempo immemore si tramandano la leggenda che quella voragine – in dialetto “u revotano”, ossia il rivoltato – sia stato il risultato di uno sprofondamento dovuto alla cattiveria degli abitanti.
Al suo posto, infatti, sarebbe esistito un villaggio, in un’epoca non meglio precisata ma che si potrebbe collocare in un medioevo immaginario, in stile fantasy. I visitatori credono talmente tanto a questa storia che molti di loro, una volta scesi sul fondo dell’abisso, cercano tracce dell’abitato. Il quale, probabilmente, non c’è mai stato. Ai rocchigiani, però, piace raccontarla così perché secondo questa versione fiabesca il loro bel borgo sarebbe stato fondato dall’unica superstite, una ragazza bionda, e buona, dalla quale sarebbe discesa tutta la loro progenie.
La scienza, a riguardo, dà un’altra spiegazione. Come in buona parte della nostra penisola, la natura carsica del terreno, con i suoi vuoti, ha creato dei cedimenti provocando il crollo dello strato sovrastante. E’ infatti possibile, sul fondo del Revotano, vedere i grandi massi oggi ricoperti di muschio che costituivano la cima della montagna prima che il terreno cedesse lasciando il vuoto. In Sabina ci sono altri fenomeni simili a questo di Roccantica. Tra gli altri si annovera quello del vicino Poggio Catino che deve il suo nome, appunto, alla dolina omonima. Ci sono inoltre le grotte del Soratte ma la “regina” delle cavità carsiche è quella nota come “Pozzo del Merro” (i merri sono, appunto, buchi del terreno), nel comune di Sant’Angelo Romano, erroreamente chiamato “Merlo”.
Esso è simile per conformazione al Revotano ma oggi non è più visitabile perché la vegetazione cresciuta intorno lo rende impenetrabile. Uno sbarramento, quello che lo delimita, con cui la natura ha voluto proteggere le sue innumerevoli peculiarità nate in un habitat unico nel suo genere. Quella del Merro, fino a prova contraria, è la dolina più profonda d’Europa. Nelle sue acque a trecento metri di profondità non si è ancora trovato il fondo. Anche per il Merro, anche detto anticamente “il vulcano spento”, tante leggende e fantasie di ragazzini che vi scendevano, fino a quando è stato possibile, per mettere alla prova il proprio coraggio.
Come le sue “sorelle” nate dallo stesso fenomeno, il Revotano di Roccantica sta lì a raccontare la storia del mondo. Ogni giorno c’è qualcuno che va a leggerla, quella storia, e poi trova altre tracce da scoprire, poi si ferma nel bosco perché ha visto, poco sotto all’abisso, l’eremo di San Leonardo, poi quello di San Michele. Monaci che qui scelsero di ritirarsi, attratti dalla magia dei luoghi.
Anche per questo Roccantica merita una visita, o più di una, per ascoltare dalle rocce e dai boschi, dal cinguettio degli uccelli, il seguito della sua storia primordiale e farsi raccontare tutta quella a seguire attraverso le sue numerose feste, le sue chiese, i suoi angoli, le sue dimore signorili.
Gloria Zarletti
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