ROMA – Arriva il 18 gennaio, ma non all’Accademia Nazionale di S.Cecilia – come sempre in passato – ma all’Università La Sapienza, la prima della capitale – il grande pianista russo Mikhail Pletnev. Arriva a stagione concertistica già avviata, ma con una fama ben solida, della quale non pochi artisti giungono portatori a Roma – esempi ne siano i tanti compositori del Novecento, da Stravinskij in poi, e dai grandi ballerini da Nijinskij in poi. Il 68enne Mikhail Pletnev è una delle punte di diamante del pianismo russo: basti ricordare che a soli 21 anni, nel 1978, vinse il primo premio e la medaglia d’oro del Concorso lnternazionale Chajkovskij, e che dopo la brillante carriera (tuttora in atto), nel 1990, grazie al suo carissimo amico Presidente dell’URSS Mikhail Gorbaciov, Pletnev fondò l’Orchestra Nazionale Russa, la prima non governativa e pagata privatamente. Era l’inizio di un disgelo per la libertà della musica in Russia.

Mikhail Pletnev
Oggi a Roma, sotto il monumentale affresco di Mario Sironi nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza – inneggiante alla grandezza dell’uomo che lavora, che studia, che combatte per il suo paese – Pletnev farà dono a tutti del suo raro tocco pianistico, che penetra silenziosamente nelle profondità dell’animo umano, lasciandovi solchi indelebili. Anche la scelta del programma concertistico ce ne convince: saremo accolti da quattro severi brani del Padre Bach, nella forma del “Preludio e fuga”, rispettivamente BWV.874, 861, 884, 867 dal “Clavicembalo ben temperato I-II” (1722 e 1744).
Con un voluto salto netto, il concerto passa al romantico Robert Shumann ed alla fantastica libertà della sua composizione pianistica, nella “Kleisleriana op.16” del 1838: essa prosegue nei “Pezzi lirici op.12, 38, 43, 47, 54, 57, 62,71” del norvegese Ervard Grieg, e nell’ampio respiro della natura che essi effondono. Due universi differenti: Pletnev darà luce ad entrambi.
Paola Pariset
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