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Il nostro linguaggio racconta i cambiamenti

di | 2025-06-01T00:59:16+02:00 1-6-2025 0:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

VITERBO – Ogni epoca ha le sue parole chiave, quei termini che sbucano all’improvviso nelle conversazioni, nei giornali, nei post sui social e, senza quasi accorgercene, entrano nel nostro lessico quotidiano. Il 2025 non fa eccezione. Anzi, rispetto al passato, il ritmo con cui nuove parole nascono, si trasformano o vengono reinterpretate è ancora più rapido. Dietro ogni parola nuova c’è un cambiamento culturale che si fa strada, spesso silenziosamente, ma che finisce per ridefinire il modo in cui percepiamo il mondo.

Quando il dizionario non basta più Chi si aggira oggi tra i motori di ricerca si trova davanti a termini che, fino a qualche anno fa, sembravano appartenere solo a contesti iper-specialistici o a nicchie culturali. Alcuni sono balzati agli onori delle cronache grazie ai social network, altri sono figli di trasformazioni profonde nella società. È il caso di apayinye, parola di origine africana che negli ultimi mesi ha catturato l’interesse di molti utenti. In un’epoca in cui si parla di comunità e appartenenza, apayinye è diventato simbolo di un’idea diversa di forza: non più individuale e competitiva, ma condivisa e generativa. Un termine che arriva da lontano, ma che ha trovato terreno fertile in un Occidente sempre più a caccia di modelli alternativi al mito del successo solitario.

Simile percorso ha avuto noos, parola dalle radici antiche, greche, che oggi viene riscoperta per descrivere forme di intelligenza collettiva. In un momento in cui la collaborazione fra umani e intelligenze artificiali non è più fantascienza ma realtà quotidiana, parlare di noos significa riflettere su come pensare insieme, costruire insieme, immaginare insieme. Altri termini, come armocromista, arrivano invece dal mondo del lifestyle e raccontano una società sempre più attenta alla cura dell’immagine personale. Ma se fino a ieri la moda si limitava a dettare stili, oggi entra nelle sfumature più intime della nostra identità. L’armocromia, la scelta dei colori più adatti a ciascuno, diventa quasi una forma di empowerment personale, un modo per dichiarare chi si è attraverso tinte e abbinamenti.

Non mancano poi parole che hanno subito una trasformazione di significato. Implosione, ad esempio, è passata in pochi mesi dal vocabolario scientifico a quello sociale e giornalistico. Non implodono più solo stelle o sistemi fisici: oggi implodono carriere, relazioni, modelli di business. È la metafora perfetta di un’epoca in cui i cambiamenti più dirompenti non arrivano dall’esterno, ma nascono da dentro.

Le parole come specchio (e motore) del cambiamento In ogni nuovo termine che si affaccia nel linguaggio, c’è molto di più di una semplice moda passeggera. Le parole nuove raccontano ansie, speranze, desideri collettivi. Spesso anticipano fenomeni sociali che solo dopo mesi o anni diventeranno evidenti anche agli occhi di chi osserva con attenzione. Il 2025 si presenta come un anno di grande fermento lessicale, in cui convivono parole nate nei laboratori di ricerca, nei movimenti sociali, nelle community online. Un lessico fluido, ibrido, dove inglesismi e neologismi convivono con riscopert​e dal passato, in un continuo gioco di mescolanze. Questa trasformazione del linguaggio ha effetti profondi anche sulla comunicazione pubblica, sul marketing, sulla politica. Non basta più scegliere le parole giuste per vendere un prodotto o sostenere un’idea: bisogna intuire in anticipo quali termini risuoneranno nelle corde profonde delle persone. Quali parole sapranno non solo descrivere il presente, ma orientarlo, indicare nuove direzioni, aprire possibilità.

Ed è qui che il linguaggio diventa, ancora una volta, un campo di battaglia e di invenzione. Non è un caso che molte delle parole nuove del 2025 nascano sui social network, nei forum, nei gruppi chiusi di appassionati, molto prima di essere riconosciute dai dizionari ufficiali. Il linguaggio vive dove si costruiscono comunità, dove si sperimentano identità, dove si cercano nuovi modi per dire quello che ancora non si sa dire bene. Alla fine, ogni parola nuova è un atto di coraggio collettivo. È il tentativo di dare forma a qualcosa che sta cambiando. A volte sono parole che resistono, altre volte evaporano come mode passeggere. Ma tutte, nel bene e nel male, lasciano una traccia.

Il 2025, da questo punto di vista, sarà ricordato come un anno fertile. Un anno in cui abbiamo osato dire cose nuove, cercando di capire chi siamo diventati e chi stiamo ancora cercando di diventare. Perché il linguaggio, prima ancora di raccontare il mondo, lo costruisce. E mai come oggi, costruire il futuro passa anche, e soprattutto, dalle parole che scegliamo di inventare.

Alessia Latini

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