NAPOLI – È sempre più evidente che la storia ormai non la fanno più i vincitori o gli sconfitti ma, ahimè, la fanno i media. Commentano, promuovono, suggeriscono quello che le redazioni per scelte politiche o per ideologie acquisite impongono. In merito all’ultima elezione di Papa Leone XIV si scrive, si commenta in TV, si fanno sedute, soggiorni giornalistici per commentare tutto, dal sorriso alla lacrima, alle scarpe indossate, alla piega sul vestito bianco. Ma fino a qui poca roba. In termini forse più importanti si tollera la religione come qualcosa di avulso o astratto, purché non si opponga alle posizioni su questioni etiche che i media presumono proprie. E quando il Vaticano o la persona di stampo cattolico si esprime contro queste posizioni, i media mettono la religione sotto i riflettori, dipingendola come ideologica e insensibile ai bisogni presumibilmente vitali delle persone nel mondo contemporaneo.
La simpatia per le scelte di vita anticristiane incoraggiate dai media è così brillantemente e ingegnosamente radicata nell’opinione pubblica che quando le persone ascoltano il messaggio cristiano, esso appare inevitabilmente crudele a livello ideologico ed emotivo, in contrasto con il presunto umanitarismo della prospettiva anticristiana. Chi si azzarda a esprimere pareri contro tematiche care alla vita cristiana viene descritto come persona ideologiche, dura e insensibile. Ma non per qualcosa che hanno fatto o detto, bensì perché il pubblico confronta il loro messaggio con il tono gentile e compassionevole dell’immagine, fabbricata ad hoc dai media, di esseri umani intrappolati in situazioni di vita moralmente complesse, che prendono decisioni presentate come sane e buone.
Su questi e altri temi Leone XIV ha sottolineato: “Per questo ripeto a voi oggi l’invito fatto da Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività”. Prévost ha rimarcato che “non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana”.
Se la nuova evangelizzazione vuole contrastare con successo questa distorsione mediatica della religione e dell’etica, pastori, predicatori, insegnanti e catechisti dovranno essere molto più informati sul contesto dell’evangelizzazione in un mondo dominato dai mass media. “Solo i popoli informati possono fare scelte libere”, ha detto Leone XIV. A questo proposito, i Padri della Chiesa ci ricordano oggi che lo spettacolo visivo è il dominio del “saeculum” e che la nostra missione è quella di introdurre le persone alla natura del Mistero, come antidoto allo spettacolo.
Il suggerimento fatto dagli ultimi papi (per quelli che ricordiamo) è sempre stato quello di sottoporre le questioni ad un giudizio, ad un confronto con le esigenze elementari dell’uomo, come per tutta la vita ha sottolineato Don Giussani: verificare, confrontare ciò che il cuore suggerisce al di là delle posizioni secolarizzate di tanta stampa e di tanti messaggi sibillini che la realtà ideologicizzata impone.
C’è un elemento essenziale, c’è un quid che la Chiesa pone, che il Papa oggi suggerisce, fatto di confronto, dialogo, paragone. C’è una storia che permane nel tempo e che, seppur piena di errori, suggerisce sempre un nuovo modo di essere che è lo sguardo ad una umanità fatta di volti appassionati alla vita.
Innocenzo Calzone
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