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“Il nibbio”, un film per ricordare Nicola Calipari

di | 2025-03-09T13:58:48+01:00 9-3-2025 0:25|Sezione 6, Spettacolo|0 Commenti

RIETI – A 20 anni dall’uccisione di Nicola Calipari, funzionario del Sismi, ucciso il 4 marzo 2005 all’aeroporto di Bagdad, è uscito in questi giorni nelle sale cinematografiche il film “Il nibbio” diretto da Alessandro Tonda, interpretato da Claudio Santamaria, che per l’occasione è dimagrito di 12 chili. Il nibbio, uccello rapace, si prende cura della sua compagna durante la cova delle uova, abbellisce il nido, in molte culture europee è sinonimo di nobiltà e libertà, simbolo di protezione e potere, grazie alla sua capacità di dominare i cieli con grazia e forza, per gli Egiziani si occupava della protezione del re: averlo come animale totem garantisce protezione durante il viaggio. Al Nibbio (che provò per la prima volta la compassione dopo aver rapito Lucia Mondella) l’Innominato nei Promessi Sposi affidava gli incarichi più delicati.

Calipari, agente del Sismi, stava scortando la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, sequestrata il 4 febbraio da un’organizzazione della Jihad islamica, durante la guerra in Iraq. In quei 28 giorni si mobilitarono in Italia e in tutta Europa governi e società civile per la sua liberazione. Sonia Bergamasco interpreta la giornalista, Anna Ferzetti è la moglie Rosa Valleco. Calipari era riuscito grazie alla capacità di mediazione e la fiducia di cui godeva anche tra i sequestratori, aveva accettato quella che avrebbe dovuto essere la sua ultima missione, prima di rientrare nella polizia e tutto stava andando come previsto, ma a 700 metri dall’aereo, un posto di blocco di soldati americani, che non era previsto (Calipari era meticoloso e studiava tutto nel dettaglio), sparò una raffica di mitra sulla macchina e lui venne colpito in pieno, avendo fatto scudo con il suo corpo alla giornalista, che rimase ferita a una spalla.

Nel ruolo di Calipari Santamaria è entrato in punta di piedi, parlando a lungo con la moglie Rosa e con persone che hanno lavorato con lui. “Mi hanno spiegato la sua modalità operativa, il mio obiettivo era evidenziare il grande calore umano che Nicola aveva in famiglia e nel lavoro (il film inizia proprio con una scena familiare, in viaggio per una vacanza che non si fece mai più ndr). Un uomo che metteva al centro di tutto la protezione della sacralità della vita, che sapeva accogliere le differenze della società. Nelle questure che ha frequentato ha sempre cercato di portare verità e giustizia. Negli anni ’90 – ricorda l’attore – Calipari istituì un numero verde della questura di Roma per le violenze sugli omosessuali e quando era all’immigrazione, aveva inventato il sistema degli appuntamenti per gli immigrati, obbligando i poliziotti a dare loro del lei”.

Alcuni mesi prima di essere sequestrata, Giuliana Sgrena aveva pubblicato il libro “Il fronte Iraq – Diario di una guerra permanente” in cui aveva raccontato in presa diretta la storia, le tragedie quotidiane, i protagonisti e le vittime di una guerra infinita. L’occupazione militare, i conflitti religiosi, le spinte secessioniste nello scacchiere mediorientale e nella drammatica vita delle popolazioni. Le armi di distruzione di massa erano una scusa, la verità erano (e sono tuttora ovunque) i pozzi petroliferi e noi eravamo a Nassirya per proteggere i pozzi dell’Eni.

Quali differenze tra il sequestro di Sgrena e quello di Cecilia Sala? Il primo era un sequestro dei sunniti (Saddam Hussein appasrteneva a quella etnia) esclusi dalla ricostruzione del nuovo Governo democratico dell’Iraq. Nel caso di Cecilia Sala è stato direttamente un Governo alla luce del sole. La mancanza di giustizia però unisce molti casi che hanno investito nostri connazionali. Nel caso Calipari la commissione d’inchiesta congiunta fra Stati Uniti e Italia arriverà a conclusioni diverse e contrapposte: mentre per gli USA il marine Mario Lozano aveva soltanto rispettato le regole d’ingaggio, per la magistratura italiana è colpevole di omicidio volontario. Nel giugno 2008, una sentenza della Corte di Cassazione italiana confermerà la “non-giudicabilità” di Lozano.

La morte di Calipari resta senza colpevoli, la famiglia senza il conforto della giustizia. Ma non è la sola: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, Giulio Regeni, le stragi degli anni di piombo, Ustica, il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, le venti vittime del Cermis. Era il 3 febbraio 1998: un aereo militare americano sorvolava troppo basso in Val di Fiemme e ha tranciato i cavi della funivia del Cermis, facendo precipitare una cabina con venti persone a bordo: nessun superstite, nessun colpevole. Per Giulio Regeni non si riesce a mandare a processo gli egiziani assassini e torturatori, pur conoscendone i nomi, per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin del TG3, uccisi in Somalia (marzo 1994) non ci sono colpevoli.

La giornalista Giuliana Sgrena

La madre di Ilaria, Luciana Riccardi, intraprese una battaglia per cercare la verità e far cadere ogni sorta di depistaggio, ma è morta nel 2018, senza avere giustizia. In questi ultimi anni, con situazioni molto complesse e persone non all’altezza del compito, ma ricche e potenti, è bene ricordare tanti episodi che sembrano apparentemente disgiunti, ma che non lo sono affatto. Bene dunque film come “Il nibbio” e gli Oscar appena conferiti al documentario “No other land” girato nei territori palestinesi occupati, firmato da registi palestinesi e israeliani, perché i popoli vogliono la pace, i ragazzi che oggi hanno 20 anni non hanno vissuto in diretta il tragico evento del 2005 e quello che succede da decenni a Gaza (e non solo) non viene riportato in tutta la sua cruda realtà: ci sono generazioni che sono nate e cresciute in guerra, che non conoscono la pace. Chi ha la fortuna di conoscerla, come chi scrive, ha il dovere di difenderla.

Francesca Sammarco

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