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Il fascino dei leoni di Trebula Mutuesca

di | 2025-02-06T18:18:04+01:00 9-2-2025 0:01|Cultura, Sezione 1|0 Commenti

MONTELEONE SABINO (Rieti) – Stanno lì da tempo immemore, a guardia di un territorio collinare dal clima temperato che si affaccia sui monti Sabini con i loro boschi cangianti a seconda della stagione. Sono i leoni di Trebula Mutuesca, al secolo Monteleone Sabino in provincia di Rieti, che da secoli conservano il segreto e il fascino di una popolazione – i tribulani o mutuesci – poco nota ma di cui si sa molto.

Insediatisi già prima delle origini di Roma sulla via Cecilia, alternativa alla Salaria per raggiungere l’Abruzzo, pur non avendo lasciato nulla di scritto essi risultano aver costruito una civiltà complessa. Lo dimostrano oggetti di uso quotidiano proveniente dal commercio con altre civiltà, un culto funebre raffinato con ritratti realizzati come ex voto, prova di un artigianato esperto. Trebula nacque come un piccolo insediamento in età preromana e la sua storia è una conferma del grado di evoluzione di alcune popolazioni molto prima che il nome di Roma risuonasse nel mondo.

Molti resti confermano anche la vicinanza e i rapporti con i confinanti Sabini nonchè con i Falisci. Con questi ultimi i Tribulani ebbero in comune il culto della dea Feronia (ce n’è uno anche in località omonima a Fiano Romano), il cui santuario risulta esistente già nel IV secolo a.C. Il nome di Trebula iniziò a comparire per iscritto solo quando tutta la Sabina venne associata a Roma, in età repubblicana. Allora nel piccolo centro – ormai di sicuro identificabile con il territorio in questione – aumentò la popolazione, furono incrementati i commerci e l’insediamento si trasformò in una cittadina, il “municipium” di Trebula con la sua originaria denominazione come provano i riferimenti ad una “plebs trebulana” in molte iscrizioni.

La località aveva Foro, templi, basilica, terme ed edifici pubblici dalla meravigliosa fattura. Oggi è tutto visitabile nell’area archeologica appena fuori dal paese. L’opus reticulatum è ottimamente conservato perché, a causa di alterne vicende, nel Medioevo il sito fu interrato e questo lo ha fatto ritrovare intatto all’inizio degli scavi archeologici, negli anni 2000. Spicca tra tutti l’anfiteatro che doveva costituire il fiore all’occhiello di Trebula in età romana e, soprattutto, nel cosiddetto secolo d’oro – il II d.C. – quando fu ricostruito da Traiano con una cura che dimostra come gli imperatori avessero attenzione anche ai luoghi più nascosti dell’Impero e, anzi, li abbellissero per il proprio prestigio personale. E così quei leoni che oggi campeggiano come preziosi reperti anche sulla piazza XXIV Aprile nel nuovo paese – Monteleone Sabino – e nel bellissimo museo archeologico, hanno continuato per tutto l’impero e poi anche nel Medioevo a presiedere la storia di quello che poi si è trasformato in un bellissimo borgo ed ha avuto episodi gloriosi che hanno scandito tutte le epoche fino a tempi recenti, con la Resistenza.

Un leone è raffigurato anche sulla facciata del santuario di Santa Vittoria, prezioso esempio di arte romanica, iniziata a costruire dall’VIII secolo anche con materiale di risulta proveniente dal vicino sito archeologico. Il significato di queste presenze nei secoli, però, nessuno può spiegarlo con certezza. Come il nome dell’attuale paese (1224 abitanti per una superficie di 19,04 chilometri quadrati), sia diventato Monteleone ci sono solo ipotesi. Lo spiega bene Tommaso, un liceale con la passione per la storia e l’archeologia che, preparatissimo, si offre come guida ai visitatori del museo civico dove è possibile ripercorrere tutta la storia di Trebula da 3mila anni a questa parte. Il nome di Monteleone potrebbe dipendere dal fatto che per alcuni secoli il feudo sia stato governato dalla famiglia Brancaleoni di Romania, oppure può risalire alla toponomastica “Castellonis” che compare tra le proprietà dei Savelli nel 1285, dopo che quel terrritorio uscì dal dominio dell’Abbazia di Farfa.

Come Trebula diventò Monteleone non è chiaro ma quei leoni sempre presenti nella sua storia, ad un certo punto devono essere entrati nel lessico. E ciò deve essere successo progressivamente, senza decreti o leggi. Agli abitanti deve essere sembrato normale che il paese si chiamasse così, semplicemente – come dicono oggi in paese – “perché qui di leoni ce ne sono tanti”.

Gloria Zarletti

Museo Civico Archeologico “Trebula Mutuesca” Via Lucio Mummio, 11, Monteleone Sabino Informazioni: 360 1015051

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