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Giorno della Memoria: no all’odio

di | 2025-02-02T01:19:50+01:00 2-2-2025 0:01|Cultura, Sezione 1|0 Commenti

PERUGIA – Non si può non concordare con gli ultimi testimoni dell’Olocausto, tutti sopra gli ottanta anni, che si preoccupano di come, sulla più grande tragedia del Novecento, possa scendere l’oblio, il silenzio dopo la loro morte. La memoria di quella barbarie, infatti, deve restare ben nitida nelle menti di tutti per far in modo che stragi di tale portata non si abbiano più a ripetere. Il ricordo, tuttavia, non dev’essere riempito – come talvolta è stato fatto – di ampollosa e noiosa retorica. Da apprezzare, piuttosto, le testimonianze dei sopravvissuti che rifuggono da parole di odio o di disprezzo verso i loro aguzzini.

Edith Bruck

Nelle interviste rilasciate da Edith Bruck, vedova del poeta e regista Nelo Risi, questo stato d’animo ha reso le parole della scrittrice nata in Ungheria e scampata agli orrori dei lager nazisti, veramente encomiabili. “Chi può giudicare una persona senza sapere cosa ha sofferto nella sua vita?”, ha spiegato la Bruck ricordando l’episodio in cui, dopo molti anni dalla terribile prigionia, incontrò a Firenze la “kapò” che l’aveva tiranneggiata da bambina. Anche altri, sfuggiti alle camera gas o alla denutrizione, tra i quali la senatrice Liliana Segre non pronunciano – a differenza degli odiatori seriali, veri o da tastiera – frasi di rancore nei confronti dei loro persecutori. Segnali significativi. Da elogiare.

LIliana Segre

L’importante non è certo la rivalsa, l’occhio per occhio, cioè far pagare il fio di quanto si è sofferto agli altri, ma lanciare un monito, affinché gli uomini superino i loro istinti belluini e conducano una esistenza umana, di condivisione e di rispetto. Le guerre diffuse, in cui scorrono sangue e dolore in tutto il globo, non rappresentano nulla di positivo e dovrebbero indurre al pessimismo. Ma gli uomini di buona volontà, una minoranza forse, operano sotto varie bandiere e c’è da augurarsi – per tutta la specie umana e per i posteri – che alla fine riescano a trionfare nella loro difficile battaglia. Persino nei cuori più neri, alle volte, emerge un bagliore. È successo in tante occasioni e dunque potrebbe accadere ancora.

Edith Eva Eger

Un libro (dal titolo La ballerina di Auschwitz) racconta di come Edith Eva Eger, ungherese, sopravvissuta al lager, nonostante stesse per cadere nelle mani dell’“Angelo della morte” (come è stato soprannominato) Joseph Mengele, riuscì a restare in vita. Il medico degli esperimenti, più sconvolgenti, sui bambini, la invitò a danzare e lei, con comprensibile angoscia nel cuore (pregava tra sé e sé che il medico “non sentisse la necessità di ucciderla”) ballò, interpretando al meglio – viste anche le sue condizioni di salute – le note del valzer di Strauss Sul bel Danubio blu. Il feroce sterminatore, a fine esibizione, le lanciò un tozzo di pane e la lasciò andare. Sarà liberata dagli americani – lei era allo stremo colpita dalla polmonite e dalla febbre tifoide – all’arrivo ad Auschwitz che la trovarono sotto un mucchio di cadaveri, mentre riusciva appena a muovere la manina…

Il messaggio di Giorgia Meloni, capo del governo italiano, inviato dal Medio Oriente – che stigmatizza “l’infamia delle leggi razziali”, “l’abominio del piano nazista” e il “Fascismo complice della tragedia della Shoah” – segna l’avvio – questo l’auspicio – di un nuovo corso. Non è un problema di carattere politico o partitico: è una questione di umanità. Pura e semplice.

Elio Clero Bertoldi

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