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Ad Assisi “insieme van senza sospetto aversi”

di | 2019-12-01T06:50:19+01:00 1-12-2019 6:20|Cultura, Sezione 5|0 Commenti

PERUGIA – Un “itinerario federiciano” in Umbria: lo sta preparando e redigendo l’associazione umbra “Federico II di Svevia Hoenstaufen”, nata l’anno scorso e di cui è stato nominato presidente Calogero Alessi. L’iniziativa, dal sapore storico, culturale e turistico, è stata messa a punto perché Federico, passato alla storia come “stupor mundi”, ha trascorso la sua prima infanzia in Umbria, sotto la guida del Duca di Spoleto, Corrado di Urslingen ed ha lasciato, una volta salito al trono, una serie di testimonianze, visive e documentarie, in quasi tutta la regione.

Per la vulgata il futuro imperatore è nato sulla piazza di Jesi (la madre Costanza di Altavilla, in questo parto pubblico, avvenuto sotto un tendone, voleva – essendo non più giovanissima – che tutti sapessero che proprio lei era la madre del neonato, generato da Enrico VI) e venne battezzato in San Rufino ad Assisi, all’epoca dipendente dal ducato spoletino. Il bambino reale rimase per qualche anno in Umbria (affidato ai Trinci) tra Foligno, Bevagna e Montefalco, poi fu condotto a Palermo, dove visse (quasi) prigioniero ed ebbe modo di frequentare gli arabi, di cui apprese lingua, cultura e costumi.

Federico II di Svevia

Solo molti anni più tardi, rafforzato il potere ed il regno, ricostruì le mura di Gualdo Tadino, passò per Gubbio (lo ricordano un documento ed telo tessuto in stile arabo e donato a Sant’Ubaldo), per Todi, per Terni, per Cascia, dove restaurò le fortezze. Secondo l’interpretazione di uno storico locale, nella lunetta di una chiesa a Montecchio di Giano dell’Umbria, la scultura di una testa coronata riguarderebbe proprio l’imperatore. Il quale, partito per la VI Crociata, aveva preso i possenti cavalli da battaglia per sé e per i suoi cavalieri, allevati nelle zone di Pettino e di Norcia.

Non è, pertanto, affatto casuale che la stessa associazione abbia organizzato ad Assisi, nella sala Dono Doni del Sacro Convento un convegno nazionale dal titolo “Tra Francesco e Federico II – memorie di un santo e di un imperatore a ottocento anni dall’incontro col sultano Malik Al Kamil”. L’evento ha richiamato un folto pubblico di studiosi e appassionati, attratti dall’attualità del tema (i rapporti interculturali e interreligiosi tra Occidente cristiano e Medioriente musulmano al tempo delle Crociate ) e dalla presenza dei massimi esperti di Francescanesimo e di storia medievale. Oltre al tema principale del convegno, anticipato nella prolusione di Franco Cardini, sono stati affrontati, nella prima sessione presieduta da Maria Grazia Nico, i rapporti di Francesco e di Federico II con l’Assisi del tempo (Franco Mezzanotte e Elvio Lunghi ), il ruolo del santo e dell’imperatore nella nascita della lingua volgare italiana (Pasquale Tuscano ), l’importanza delle figure femminili di Chiara d’Assisi e di Elisabetta d’Ungheria, cui l’imperatore manifestò più volte la sua devozione (Isabella Gagliardi).

San Francesco d’Assisi

La sessione pomeridiana, condotta da Giordana Benazzi, è entrata poi nel merito dell’incontro di Francesco con il Sultano d’Egitto visto attraverso la cronaca in versi di un poeta normanno assai poco noto negli studi italiani (Francesco Marzella ) e attraverso le numerose fonti francescane scandagliate con cura dall’esperto di studi francescani Alfonso Marini. Molti sono stati gli stimoli a riflettere sulle finalità che mossero questi due personaggi così diversi – un santo e un imperatore – ad affrontare il viaggio nel Sultanato d’Egitto per incontrare il dotto principe arabo Al-Kamil, che con esemplare moderazione accettò il confronto con loro sia sul piano diplomatico sia su quello filosofico. Verrebbe da pensare che ottocento anni fa i rapporti tra il mondo della Cristianità e quello dell’Islam fossero assai più strutturati, nonostante fossero in corso le Crociate (non “guerre sante” ma “guerre di conquista”), proprio perché supportati da un approccio di natura culturale. Canta l’Ariosto nell’Orlando Furioso: “Oh, gran bontà de’ cavallieri antiqui eran rivali, eran di fe’ diversi … e pur per selve oscure e calli obliqui insieme van senza sospetto aversi”.

La tavola rotonda che ha concluso il pomeriggio ha avuto protagonisti Stefano Brufani (presidente), Franco Cardini, Giovanni Grado Merlo, Maria Pia Alberzoni e monsignor Felice Accrocca. Prima di tutto è stato ripreso il tema delle Crociate, da intendere come grande iniziativa dell’Occidente che portò uomini, soprattutto cavalieri, in Oriente con l’intento di compiere un pellegrinaggio di penitenza secondo le intenzioni di papa Urbano II e di riconquistare il Santo Sepolcro. Della sesta crociata fu protagonista Federico II, che realizzò il disegno che già era stato di Francesco: raggiungere un accordo di pace tra cristiani e arabi, pace che per quei tempi e quelle circostanze fu duratura – più di dieci anni – e fu resa possibile grazie all’affinità di mentalità e di intenti che si creò tra l’imperatore e il sultano, di cui alcune fonti di parte cristiana coeve agli avvenimenti, nel corso del convegno presentate per la prima volta, offrono un ritratto sorprendentemente positivo. Francesco, che non conosceva l’arabo e neppure l’Islam (pensava addirittura che fosse una religione politeista), partì nel 1219 (dopo due tentativi andati a vuoto, il primo per il maltempo, il secondo per colpa della guerra) per Damietta, in Egitto, col furore e la passione del missionario, rischiando di venire ucciso, come era avvenuto già ad alcuni suoi fraticelli inviati in Marocco e martirizzati. Il “poverello”, invece, fu accolto da Al Kamil e dalla sua corte, più che con tolleranza, con grande liberalità.

Il sultano d’Egitto Malik al Kamil

Dieci anni più tardi, fu la volta di Federico, costretto a partire personalmente per le sempre più pressanti richieste del Papa, alla testa di un esercito. L’imperatore sapeva tutto dell’Islam e parlava fluentemente l’arabo. Invece di affidarsi alle armi, scelse la via delle trattative e delle offerte economiche, riconquistando così il Santo Sepolcro. Ma il modo con cui ottenne Gerusalemme ed i luoghi santi (per dieci anni) non piacque affatto al pontefice… Si sono conosciuti e frequentati Francesco, più grande di una dozzina di anni, e Federico? Documentazioni inoppugnabili non ce ne sono. Si può dire che, avendo vissuto entrambi nella “valle mea spoletina” (così la definiva il santo), i due hanno, per un periodo, sicuramente respirato la stessa aria e calcato la stessa terra. Forse in Puglia, ma questa è un’altra storia.

 Elio Clero Bertoldi

Nell’immagine di copertina, l’incontro tra San Francesco d’Assisi e il sultano Al-Kamil

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