//Extraterrestre, perché non parli con noi?

Extraterrestre, perché non parli con noi?

di | 2022-05-23T09:28:45+02:00 22-5-2022 6:46|Punto e Virgola|0 Commenti

Siamo davvero soli nell’universo? La domanda, per quanto per certi versi banale, affascina la specie umana da sempre e finora non ha ottenuto risposte adeguate. Con un corollario tutt’altro che ininfluente: se non siamo soli, in quale sperduto punto dell’universo si possono trovare esseri viventi paragonabili all’uomo e, soprattutto, come mettersi in contatto con costoro?  Stephen Hawking, prestigioso astrofisico scomparso nel 2018, riteneva “molto probabile” l’esistenza di civiltà aliene nelle sconfinate vastità spaziali e aggiungeva che comunque non sarebbe stato “intelligente” scandagliare lo spazio per cercarle visto che probabilmente saranno estremamente più progredite rispetto a noi. E, come insegna la natura, le conseguenze sono spesso nefaste a svantaggio del più “debole”. Come che sia, la “caccia” ad intelligenze residenti in altri angoli dell’immensità che ci circonda non si è mai fermata.

Correva l’anno 1977 (esattamente il 15 agosto) quando l’astronomo Jerry R. Ehman, mentre lavorava al progetto di ricerca di vita extraterrestre denominato SETI, si accorse quasi per caso che un radiotelescopio aveva catturato un breve ma criptico “messaggio” destinato a fare la storia: il segnale durò soltanto 72 secondi ma, per l’emozione, Ehman scrisse “Wow!” accanto al codice alfanumerico 6EQUJ5 che lo identificava. Come a significare che ciò di cui era stato involontario testimone era un evento destinato a rimanere impresso nella storia dell’astrofisica.

Il progetto SETI (acronimo che sta per Search for Extra-Terrestrial Intelligence) nasce ufficialmente il 1° Febbraio 1985 e rappresenta il punto di arrivo di varie ricerche e studi volti a cercare la vita nell’universo. Tra i vari scienziati fondatori, vanno segnalati Frank Drake e Carl Sagan, due astronomi americani, che insieme a centinaia di colleghi di tutto il mondo si sono inutilmente affannati per cercare di dare una spiegazione plausibile al messaggio captato da Ehman. Ad un certo punto, la tesi prevalente era che quel segnale fosse stato generato dal passaggio quasi contemporaneo di due comete che, interagendo fra loro, avevano provocato l’emissione spontanea di quella strana radiofrequenza. Spiegazione che tuttavia non convinse del tutto la vasta e qualificata platea di esperti.

La ricerca SETI avviene attraverso radiotelescopi, le cosiddette antenne Gregoriane (simili a quelle paraboliche) che raccolgono i segnali radio provenienti dallo spazio. I segnali vengono convogliati e analizzati per ricercare eventuali trasmissioni provenienti da una fonte non naturale. Il progetto, chiamato ATA (Allen Telescope Array), utilizza oggi circa 350 antenne del diametro di 6 metri costruite presso il Radio Osservatorio di Hat Creek in California. Il loro numero elevato comporta due vantaggi: da un lato si possono scandagliare porzioni maggiori di cielo, dall’altro si può indagare una porzione ristretta sfruttando una sensibilità ad un più ampio spettro di frequenze. Al di là delle inevitabili complessità di natura scientifica, SETI è un progetto ambizioso e valido sul quale vale la pena continuare ad insistere, tanto che qualche anno fa fu inviata nel cosmo un’immagine contenente il sistema solare, la molecola del DNA, una figura umana e la parabola del telescopio, sperando che fosse captata e provocasse una qualche risposta. Speranza finora risultata vana.

Il messaggio SETI

Ma è degli ultimi giorni una novità destinata sicuramente a far rumore. Indispensabile una premessa: le lettere del codice 6EQUJ5, cioè quelle del messaggio “Wow!”, descrivono la variazione dell’intensità del segnale e sono molto vicine alla frequenza della riga a 21 cm dell’idrogeno. “Poiché l’idrogeno è l’elemento più abbondante nell’universo – spiega Ehman – c’è una buona logica nel supporre che una civiltà intelligente all’interno della nostra galassia desiderosa di attirare l’attenzione su di sé possa trasmettere un forte segnale vicino alla frequenza della linea neutra dell’idrogeno”. Da allora gli scienziati hanno cercato nella zona, ma non è stato scoperto più nulla.

L’astronomo Alberto Caballero

Adesso, però, Alberto Caballero, astronomo dilettante del SETI, ha trovato una stella simile al sole nella direzione da cui venne inviato il messaggio, a circa 1.800 anni luce dalla Terra. “Ho trovato – afferma – un oggetto chiamato 2MASS 19281982-2640123  che ha una temperatura, un diametro e una luminosità quasi identici alla nostra compagna stellare”. La ricerca di Caballero è stata pubblicata il 6 maggio sull’International Journal of Astrobiology. Adesso gli esperti hanno intenzione di puntare i loro telescopi su 2MASS 19281982-2640123, per analizzare meglio questo sistema solare. Tenendo presente che la luce viaggia alla velocità di 300mila chilometri al secondo e che un anno luce rappresenta il tragitto percorso da un raggio luminoso in 365 giorni, non servono calcoli complicatissimi per rendersi conto che la distanza della Terra da questo corpo celeste è immensa, praticamente infinita. Però resta il fatto che potrebbe essere stata individuata la vera sorgente del “segnale Wow”.

“Extraterrestre portami via”, cantava Eugenio Finardi qualche decennio fa. Un sogno? Un auspicio? Un desiderio? Intanto, le ricerche e i tentativi continuano, sperando che prima o poi una qualche forma di contatto si possa stabilire. Chissà se, quando e come avverrà, ma vale comnque la pena provarci.

Buona domenica (anche agli extraterrestri).

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