PALERMO – “Un vecchio e un bambino si preser per mano/e andarono insieme incontro alla sera/la polvere rossa si alzava lontano/e il sole brillava di luce non vera. /L’immensa pianura sembrava arrivare/in dove l’occhio di un uomo poteva guardare/e tutto d’intorno non c’era nessuno:/solo il tetro contorno di torri di fumo/I due camminavano, il giorno cadeva/ il vecchio parlava e piano piangeva:/con l’anima assente, con gli occhi bagnati,/seguiva il ricordo di miti passati…”.
Questo l’incipit de Il vecchio e il bambino, una delle canzoni più struggenti e poetiche di Francesco Guccini, dove si immagina un vecchio raccontare a un bambino, che purtroppo non le ha mai conosciute, la bellezza e i colori della terra.
Il regista canadese Julien Elie con il suo docufilm Shifting baselines (che letteralmente significa ‘spostamento dello standard’), presentato il 9 giugno a Torino a conclusione della rassegna CinemAmbiente, racconta la storia di Boca Chica, un villaggio all’estremità meridionale del Texas, ai confini col Messico, scelto da Elon Musk nel 2018 come quartier generale di SpaceX e per il lancio dei satelliti Starlink.
“C’è un sacco di terra, senza nessuno intorno, così anche se qualcosa esplode, va tutto bene”. Questa la dichiarazione rilasciata allora dal miliardario americano, riportata dalla giornalista Alessia Mari nel TG scientifico Leonardo del 10 giugno scorso. Allora gli abitanti di Boca Chica furono costretti a vendere e il litorale, habitat naturale di pesci e uccelli selvatici, fu requisito.
Ad Alessia Mari, che lo ha intervistato a Torino, Julien Elie ha detto di aver avuto l’idea del film una notte, mentre guardava il cielo stellato: “Era particolarmente buio, cosa rara in Canada dove l’inquinamento luminoso è uno dei peggiori al mondo. Riuscivo a vedere la Via Lattea, ma anche dozzine di satelliti. Il giorno dopo sul web ho letto di SpaceX e del progetto di creare un network di centinaia di migliaia di satelliti con scopi commerciali. Ho trovato una foto di Boca Chica dove si vedevano dei bungalow e, sullo sfondo, i razzi pronti al decollo. Pareva un’immagine da un film di fantascienza. Ho preso un aereo e sono andato a vedere. Poi ho cominciato le riprese”.
“Abbiamo perso anche il cielo come lo abbiamo conosciuto finora. Tra poco vedremo tanti satelliti quante stelle. Sarà un cielo completamente nuovo. Ma è questo quello che vogliamo? Solo per andare più veloci su internet? I bambini non vedranno mai più il cielo come lo conoscevamo noi – ha continuato il regista – Ma parlo anche della completa distruzione di quei paesaggi che un tempo erano un rifugio unico per animali, pesci, uccelli, e ora sono finiti nelle mani di una compagnia privata”.
Shifting baselines (parola coniata in biologia negli anni ‘90 per descrivere l’abitudine a considerare normale l’impoverimento degli ecosistemi che abbiamo provocato nei decenni, una sorta di amnesia collettiva generazionale) è un docufilm girato in bianco e nero, per rendere il senso di straniamento provato visitando quei luoghi distopici, comunque affollati di turisti e curiosi, come fosse un nuovo luna park. Si tratta di un docufilm surreale che mostra distese di sabbia, paludi prosciugate e razzi argentati alti cinquanta piani, pronti per lanci interstellari.
Julien Elie parla con le comunità di pescatori rimasti senza lavoro. E con astronomi e scienziati, a cui, soprattutto in questi tempi di fake news, ci dice, è importante dare voce.
“Tutti possono fare tutto, non c’è regolamentazione, se vuoi lanciare dei satelliti nessuno te lo impedisce, è una pazza corsa allo spazio – ha proseguito Julien Elie nell’intervista ad Alessia Mari – Abbiamo messo la vita umana nelle mani di queste persone. Non voglio dare importanza a Musk, non lo menziono nel film, perché non conta l’individuo. Se anche lui domani se ne andasse, qualcun altro prenderà il suo posto”.
E infine: “Space X è solo una parte del problema. Ci sono compagnie in Canada, Russia, Cina che lanciano satelliti, viviamo in un nuovo far west, e Boca Chica è solo l’inizio. Ma c’è una speranza che voglio trasmettere col mio film: cioè quanto ci sia ancora di bello su questo pianeta. Comprese le persone che resistono, e combattono”.
Maria D’Asaro
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