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“Covid, gli italiani sono un popolo di vinti”?

di | 2021-01-29T18:36:46+01:00 31-1-2021 6:35|Attualità, Sezione 8|0 Commenti

RIETI – E’ di questa settimana un articolo in cui si riportano i dati del Censis circa gli effetti anti-Covid sui comportamenti degli italiani. Che ne viene fuori? Al momento la situazione non appare davvero lusinghiera, bensì piuttosto preoccupante. I dati dipingono gli italiani in una sorta di regressione psicologica collettiva. Dal rintanamento in sé emergono segni evidenti di egoismo e anche di cattiveria. Sembra proprio che abbiamo reagito nella maniera peggiore. O non abbiamo reagito affatto. Più paurosi e passivi, sottolinea il presidente del  Censis Giuseppe De Rita che, intervistato, ci restituisce dati davvero preoccupanti.

Giuseppe De Rita, presidente del Censis

“Già nel rapporto di dicembre – spiega il sociologo – veniva fuori che l’opinione sotterranea di molti italiani è ‘meglio sudditi che morti’. In nome della paura stiamo accettando vincoli e modi di comportamento che inibiscono la nostra vitalità e la ricerca di obiettivi comuni. Assistiamo così ad un rannicchiarsi degli italiani entro se stessi, nel proprio egoismo, da cui derivano processi, se non di degrado, almeno di regressione psicologica collettiva”. E l’analisi del presidente De Rita continua sempre in maniera molto severa, affermando che questi comportamenti sono il riflesso della condizione di vivere da popolo internato.

“Quando parliamo di internamento – aggiunge De Rita – pensiamo ad un carcere, un manicomio, un convento di clausura. In tutti i casi il meccanismo interno è l’infantilizzazione”. Cioè si trattano le persone come bambini, dicendo loro cosa possono o non possono fare, cosa possono o non possono mettere, come ci si deve lavare, ecc. Ovviamente non si vive in senso stretto in internamento, ci sono però molte assonanze, quali ad esempio l’obbligo di rispettare regole sul comportamento igienico, l’uso della mascherina, psicologicamente intesa come “divisa” da internato e inoltre l’idea che non si possa uscire neanche per andare al bar, sono diventati fatti quasi normali. E questo è molto pericoloso. Dal letargo sarà senz’altro più facile uscire che non dal senso di internamento.

Il presidente del Censis inoltre afferma che “la storia sociale di questo Paese non è mai stata pacifica. Non siamo gente tranquilla, ma persone che si sono sempre odiate ed hanno fatto guerre civili. Questa tendenza si è acuita con la pandemia: ora ci sentiamo protetti solo quando siamo con noi stessi e se c’è qualcuno intorno a noi è un pericolo. Dal rintanamento in sé nasce l’egoismo e da lì scatta la cattiveria. Credo che alla fine prevarrà la propensione alla accettazione e non alla rivolta. La bontà del potere ci garantirà sempre la cassa integrazione, un ecobonus, un incentivo per fare smart working. E così, anziché contestare, accetteremo passivamente il declino”.

Un’analisi che se non altro ci spinge ad interrogarci e ad osservare quei segnali che ci potranno dare una risposta: siamo realmente diventati un popolo di vinti e di rassegnati ad un destino che in fondo non ci appartiene e che non abbiamo chiesto di ridisegnare come inesorabile?

Stefania Saccone

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