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Chi lavora sempre oggi resta (solo) indietro

di | 2025-05-08T18:08:28+02:00 11-5-2025 0:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

VITERBO – Una volta era un vanto. Oggi è una red flag. Chi lavora anche il sabato, risponde alle mail alle 23:47 e va fiero di non fare mai ferie… beh, un tempo lo chiamavamo “stacanovista”. Oggi, più semplicemente, lo chiamiamo esausto. E il mito dell’instancabile tuttofare, sempre connesso, sempre di corsa, è finalmente crollato sotto il peso di una domanda semplice e brutale: a che prezzo?

La leggenda dello stakanovista: sudore, carbone e sonni perduti Per dovere di cronaca: il termine viene da Aleksej Stachanov, minatore sovietico che nel 1935 estrasse 102 tonnellate di carbone in un turno. Da lì, una carriera fulminante (letteralmente) e l’icona del lavoratore modello: quello che non si ferma mai. L’Occidente ci ha messo poco ad adottare il concetto, trasformandolo in un mantra aziendale: più ore fai, più vali. Un’equazione semplice, quanto sbagliata. E infatti oggi, se dici “non mi prendo mai una pausa” in un colloquio, non ti assumono. Ti propongono uno psicologo.

Burnout: la promozione che nessuno vuole Se una volta l’eroe era chi resisteva di più, oggi chi si ostina a farlo finisce in una parola inglese con dentro tutto il disagio: burnout. Ti svegli stanco, lavori stanco, vai a dormire (quando ci riesci) ancora stanco. Ti sembra produttività? È solo una lenta autocombustione. Secondo l’OMS, il burnout è un “fenomeno occupazionale”. Tradotto: se ti senti spento, non è perché sei fragile, ma è perché stai cercando di fare il lavoro di tre persone (senza essere pagato per nessuna delle tre…).

Il nuovo lusso? Staccare alle 18 (e ricordarsi dove si vive) Negli ultimi anni qualcosa si è rotto o forse si è acceso. La pandemia ci ha fatto capire che la vita non è un file Excel. Che prendersi una pausa non è tempo perso, ma tempo guadagnato in lucidità, idee, relazioni. La nuova parola d’ordine è work-life balance, che non è un modo elegante per lavorare meno, ma per vivere meglio. Chi riesce a chiudere il portatile alle 18 non è pigro: è avanti. Ha capito che se tutto gira intorno al lavoro, qualcosa prima o poi si rompe. E spesso sei tu.

Il vero rischio oggi? Restare indietro perché corri troppo Mentre alcuni continuano a gareggiare in solitaria sulla ruota del criceto, altri hanno capito il gioco. Hanno scelto obiettivi chiari, pause sane, orari sostenibili. E stanno vincendo. In produttività, salute, relazioni, idee. La FOMO (Fear of Missing Out, che in italiano significa “paura di essere tagliati fuori”) è reale: se non cambi adesso, se resti incollato al vecchio modello del “più lavori, più vali”, rischi davvero di perderti il treno. Non quello delle 6:45: quello del presente. E sì, è già partito.

Il tempo non basta (e nemmeno il caffè): oggi vince chi si ferma Hai presente quelli che si vantano di lavorare 12 ore al giorno e poi dimenticano dove hanno parcheggiato l’auto? Ecco, non sono eroi. Sono esausti. Oggi non vince chi corre fino allo sfinimento, ma chi sa quando rallentare. Chi si prende una pausa, chi spegne il telefono, chi capisce che il valore non si misura in ore ma in risultati (e magari in una cena fatta all’orario giusto). Il futuro è dei lucidi, non dei logorati. E se sei ancora convinto che dire “sto sempre a lavoro” sia motivo d’orgoglio, sappi che nel frattempo il mondo sta già andando avanti. In silenzio. Con calma. E con ottimi risultati.

Il tempo per ripensare tutto è adesso. Prima che ti rubino pure il posto… in spiaggia.

Alessia Latini

 

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