NUORO – Negli anni Cinquanta e Sessanta non esisteva nessuna idea di parità verso le persone trans. Se eri un uomo e venivi scoperto in abiti femminili eri subito portato a fare l’elettroshock, guardando immagini di uomini travestiti, picchiati brutalmente e selvaggiamente, per creare un rinforzo negativo. Chi non si sentiva a proprio agio nel corpo e nello spirito, o era costretto a sopprimere violentemente le proprie pulsioni e i propri desideri o doveva nascondersi e cercare gioia, serenità e accettazione di nascosto, come un latitante. Per questo nascono prima il Chevalier D’Eon e successivamente Casa Susanna.
Casa Susanna era una casa di campagna a Jewett, New York, per travestiti e donne transgender nei primi anni ‘60. Era gestita da Susanne Valenti e sua moglie Maria, che lavorava anche in un negozio di parrucche in città. Maria aveva acquistato una proprietà di 150 acri a metà degli anni 1950. In origine la famiglia Valenti l’aveva soprannominata Chevalier D’Eon Resort. Chiunque vi volesse soggiornare, per un fine settimana, pagava la cifra di 25 dollari per vitto, alloggio e lezioni di trucco.
Casa Susanna, nascosta tra le Catskills rurali, nello Stato di New York, in un’epoca in cui il travestimento pubblico era reato in gran parte dell’America, forniva ai suoi ospiti la privacy necessaria. Era un porto di quiete, un rifugio che consentiva ai suoi ospiti di celebrare la loro “donna interiore” senza paura di ritorsioni, ed era uno spazio all’interno del quale si potevano svolgere attività di giardinaggio e giochi da tavolo, sorseggiare un the, discorrere, leggere libri o fare fotografie sentendosi liberi di esprimere la propria identità di genere o il desiderio di travestirsi.
Per questo motivo qui trovarono un posto segreto e riservato decine di donne transgender e uomini crossdressers, cioè con la passione di indossare abiti femminili. In quegli anni travestirsi era illegale, così come dichiarare la propria omosessualità, e tali incontri in luoghi sicuri e celati ai più poterono avvenire solo tramite annunci personali pubblicati dalla rivista di nicchia “Transvestia”. Casa Susanna, dal soprannome di uno dei suoi due promotori, Humbert, detto Susanne o Susanna, compagno di Maria o Marie, era un piacevole resort, teatro di incontri e anche spettacoli di female impersonators, ossia imitatori di donne.

Susanna
Il pericolo di basare un’attività come questa sul passaparola era altissimo, ma era più urgente la creazione di uno spazio dove queste persone potessero esprimersi liberamente. Di tutto ciò ci rimane il libro “Casa Susanna”, basato su una raccolta di fotografie e l’omonimo film documentario del 2022, della durata di 97 minuti, di Sébastien Lifshitz che ha debuttato alla 79ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Attraverso gli archivi e le memorie private viene rievocato uno spazio di libertà in tempi repressione sessuale, un documento di storia queer. Casa Susanna è costruito da interviste inedite, immagini private, home movies.
La vita di Casa Susanna rivive attraverso scatti a colori, non destinati alla circolazione, che ritraggono uomini truccati e acconciati come la perfetta moglie statunitense di quell’era, tra trucco pesante, chiome gonfie, twin set e tacchi, vestaglie da camera, mises da sera, borsette e guanti. Rigorosamente in posa, sia in interni davanti a un divano o seduti attorno a un tavolo, che nella natura, a fianco a un’auto o in costume con alle spalle il lago. In quel paesaggio il regista fa tornare e incontrare due testimoni dirette di Casa Susanna conosciutesi nel 1962, Katherine Cummings, pioniera australiana nella transizione di genere, attivista e accademica, scomparsa a 87 anni a gennaio 2022, alla quale il film è dedicato, e Diane Merry-Shapiro, programmatrice informatica per la Xerox, tra le prime a sottoporsi a transizione.
Diane e Katherine all’epoca erano uomini che appartenevano a quel gruppo segreto e raccontano di quellesperienza agli albori della scoperta della trans-identità. Questa incredibile storia è stata scoperta quasi casualmente al mercato delle pulci di New York. Nel 2004 viene ritrovata una scatola piena di fotografie risalenti agli anni 50 o 60 che ritraggono tutti uomini vestiti da donna. Ciò che sappiamo di questo progetto è la ricostruzione di Robert Swoope che ha condotto un’indagine giornalistica su cosa fosse Casa Susanna e chi fossero le persone ritratte nelle fotografie. Si risale così ai proprietari della tenuta che ospitava Casa Susanna.
A cavallo tra gli anni 30 e 40 Humbert e Marie si sposano, ma dopo un po’ di tempo Humbert dice a Marie di sentirsi Susanna. Lei lo ama con tutto il suo cuore e gli risponde che per lei non ci sono problemi, però deve smettere di usare i suoi vestiti che glieli allarga. Così propone di andargli a comprare abiti della sua taglia e dei trucchi, perché va bene essere marito e moglie ma le cose sue sono sue e non vuole condividerle con lui. Il sentimento che unisce la coppia è molto forte e Marie ama la persona che ha sposato, indipendentemente che si chiami Humbert o si faccia chiamare Susanna. Ma Marie è una donna molto avanti per l’epoca e si pone il problema che, come il marito, possano esserci diverse altre persone.
Così, nella loro tenuta, nasce il Chevalier D’Eon, per ricordare la storia di un’enigmatica figura metà uomo e metà donna, una spia segreta che affascinò la Francia e l’Inghilterra alla metà del XVIII secolo, e la frase “Tu conosci il Chevalier D’Eon?” diventa il codice segreto per tutti gli uomini che desiderano sperimentare il cross dressing, cioè l’abitudine di un individuo di indossare abiti e adottare comportamenti comunemente associati al sesso opposto. Chiunque si presentasse a casa di Marie riceveva vestiti e trucchi da sfoggiare in compagnia.
Il Chevalier D’Eon resort non aveva alcun intento sessuale. Non era né una casa di appuntamenti, né un posto dove si potevano fare spettacoli. Era uno spazio sicuro dove tutti quegli uomini che non si sentivano a loro agio nel proprio corpo potevano vivere liberamente. Ogni attività svolta presso il resort dei Valenti: party, feste di Natale, serate di karaoke, scampagnate o foto scattate come biglietti augurali veniva testimoniato fotograficamente. Le foto erano amatoriali, non di buona fattura, i ritratti rappresentavano pose noiose, ripetitive, un po’ stucchevoli in ambienti kitsch, ma sono tra le immagini più cariche di significato che si possano vedere in cui si respira aria di libertà e autenticità.
Grazie ad una ricerca meticolosissima sono state ricostruite le vite di alcune delle persone. È giunta fino a noi la storia di Anita, pilota dell’aviazione, padre di 3 figli che non ha mai detto a nessuno di essere Anita; o di Gloria, dirigente di azienda, prima tra tutte a sottoporsi all’intervento di riassegnazione. Perde il lavoro, ma essendo molto ricca paga a tutte coloro che glielo chiedono l’intervento di riassegnazione. Purtroppo solo pochi discendenti hanno mostrato empatia verso il loro parente ritratto e costretto a non vivere autenticamente, alcuni si sono permessi persino di giudicare e di disconoscere le persone ritratte.
Nel 1963 il Chevalier D’Eon diventa una spesa onerosa da sostenere, pertanto chiude. Humbert e Marie si traferiscono in una casa più piccola nei sobborghi di New York. Nasce così Casa Susanna. Le foto scattate nel nuovo luogo di incontro sono libere e divertenti. Alla fine degli anni ’60 Marie si ammala, così viene meno la copertura principale, la colonna portante di questo progetto. Anche Casa Susanna è costretta a chiudere. Susanna torna a vestire i panni di Humbert per stare vicino alla moglie. Ma quando si respira la libertà e si capisce come si vuole vivere è difficile tornare indietro. Per questo motivo alcune persone di Casa Susanna scendono in piazza e chiedono a gran voce dei diritti. Molte vengono arrestate e finiscono in centri psichiatrici a subire trattamenti disumani, sevizie e torture.
Siamo solo negli anni 60 e la lotta in cui la comunità LGBT si muove unita per chiedere diritti e riconoscimenti è ancora lontana. La comunità trans è praticamente invisibile. L’associazione di uomini che vogliono essere donne è vista ancora in modo omofobo.
Grazie alle foto, alle testimonianze, ai ricordi di Casa Susanna, niente di ciò che è stato vissuto all’epoca è andato perso e oggi possiamo liberamente parlarne e rendere omaggio a chi, con coraggio e determinazione, ha portato avanti i propri ideali, ha cercato di vivere i propri sogni diventando chi aveva sempre desiderato essere senza veli.
Virginia Mariane
Nell’immagine di copertina, una scena del film “Casa Susanna” (2022) di Sébastien Lifshitz
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