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Cerchiamo tutti di essere “migliori”

di | 2022-01-01T12:30:42+01:00 2-1-2022 6:00|Attualità, Sezione 1|0 Commenti

RIETI – E’ stato un Natale strano, più dello scorso anno. Il secondo “ai tempi del Covid”: chi avrebbe mai immaginato di essere ancora in piena emergenza, di fare una tombolata “on line”, di avere figli, mariti, mogli, persone conviventi, chiuse nella stanza accanto e al loro posto, “seduto” a tavola, il computer per la videoconferenza? Scambiarsi gli auguri e brindare sotto le finestre di un amico, collega, parente in quarantena? Lasciare davanti alla porta doni, cibi, bottiglie per un brindisi solitario? Non vediamo più il sorriso delle persone, non ci abbracciamo più. E “siamo qui… pieni di guai…/soli e delusi…/poveri eroi…” come canta Vasco Rossi e anche “stanchi e confusi”. Siamo bombardati da informazioni contraddittorie, opinioni contrastanti, sì vax no vax, gli stessi virologi hanno opinioni diverse sui provvedimenti della politica, opinionisti, influencer vari, laureati in medicina all’università del web senza controlli. La “cultura” ai tempi di Google, “l’umanità” ai tempi di Facebook, che ha dato diritto di parola agli imbecilli, come diceva già Umberto Eco. Tutto si riduce ad un “mi piace” (peccato che non si possa cliccare “non mi piace”…).

In televisione i soliti film di Natale, visti e rivisti, mentre ci sono generazioni intere che non conoscono pellicole come “Miracolo a Milano”, “Umberto D”, “Il giudizio Universale”, “Sciuscià”, “Roma città aperta”, “Ladri di biciclette”, “La grande guerra”: tanta roba che riempie l’anima. La televisione deve essere intrattenimento o deve istruire? Non ci sono dubbi se si pensa a programmi come “Non è mai troppo tardi” del grande e garbato Alberto Manzi, agli sceneggiati come “Il Mulino del Po”, “La cittadella”, “L’Odissea” presentata da Giuseppe Ungaretti, alle interviste di Mario Soldati in giro per l’Italia tra i contadini, la vita sul delta del Po… LA verità è che ci stiamo impoverendo, che i ragazzi di oggi seguono solo programmi superficiali, che non parlano all’anima e non nutrono lo spirito, che non guardano alla sostanza, ma all’apparenza, al consumismo, ma quando ci sono momenti difficili, bisogna avere dentro di sé modelli di riferimento alti e solidi, ispirazioni culturali: solo così l’animo si rafforza e non si fa vincere dalla paura, mente il “potere” ci vuole “soli e impauriti”, per comandarci e controllarci meglio.

Hannah Arendt

Questa è la vera resilienza. Quello che conta oggi invece è l’audience, la raccolta pubblicitaria, anche i telegiornali segnano il passo e tutti sono concentrati sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica, con l’augurio che sia una persona degna di rappresentare tutto il popolo italiano, di nascita e di adozione. Proprio in questi giorni di festa non si parla più insistentemente del “presepe vivente”, di uomini, donne e bambini in carne e ossa, al gelo al confine con la Bielorussia, ad un passo dall’Europa, la nostra Europa, quella che vuole costruire muri, quella che si chiude, senza pensare che chiude se stessa per prima, i naufraghi sulle nostre spiagge sono notizie appena accennate, su Carola Rakete che è stata assolta perché “doveva” sbarcare non ci sono stati dibattiti.

Come verrebbe accolto oggi Gesù? Come fu accolto a suo tempo, tanto che è nato in una mangiatoia, una stalla, una grotta, nessuno aveva posto per lui, ieri come oggi: era un profugo, scappava anche lui dalla morte. Non siamo diversi, non siamo cambiati e scegliamo sempre Barabba, come se millenni di storia ci fossero passati addosso sfiorandoci appena. A quante pandemie è sopravvissuto il genere umano? Innumerevoli, ma “siamo ancora qui”, citando sempre Vasco. La differenza è che abbiamo una tecnologia che ci aiuta, a saperla usare nel modo giusto, sapendo distinguere le notizie vere da quelle false, non siamo al buio, abbandonati senza sapere cosa succedeva nei secoli scorsi, durante le pestilenze, il colera, il vaiolo. Invece di occuparsi dei nuovi poveri, dell’aumento delle disuguaglianze, la politica si preoccupa di non dire Buon Natale, ma Buone Feste, mentre la finanza domina e decide delle nostre vite, come accade sempre quando la politica è debole.

Vito Mancuso

Su “Il fatto quotidiano” del 27 dicembre  viene in aiuto un articolo di Tomaso Montanari dal titolo “Né il destro Natale di Stato né il neutrale Buone Feste”, che critica il multiculturalismo inteso per “sottrazione” e non per addizione attraverso il dialogo e la contaminazione e cita “La condizione umana” di Hannah Arendt, intellettuale ebrea laica: “Il miracolo che salva il mondo, il dominio delle faccende umane dalla sua normale naturale rovina, è in definitiva il fatto della natalità in cui è ontologicamente radicata la facoltà dell’azione. E’ in altre parole la nascita di nuovi uomini d’azione, di cui essi sono capaci, in virtù dell’essere nati. La piena esperienza di queste facoltà può conferire alle cose umane fede e speranza, le due essenziali caratteristiche dell’esperienza umana”. Messaggio che è nel Vangelo “Un bambino è nato per noi”. La salvezza sta dunque nell’incarnarsi, porre mano al cambiamento, non isolandosi, non chiudendosi, ma compromettendosi, il Natale è come la festa della luce, la lotta per la giustizia in questo mondo.

Fede e speranza per Hannah Arendt “sono necessarie”, anche se è difficile pensare che anche persone come Adolf Hitler si sono incarnate, nella perenne lotta del bene contro il male e per questo la scrittrice ci spinge ad avere fede, per vincere sul male. E viene in aiuto anche il teologo Vito Mancuso, con il suo libro “La forza di essere migliori”, nel quale con Jaspers, Platone, Aristotele, Marco Aurelio, Spinoza, Kant, Hannah Arendt, musicisti filosofi, spiega come vivere. Cge è faccenda differente dall’esistere. E-sistere è il coraggio di collocarsi fuori: in questo mondo tutto vogliono essere i migliori, pochi si curano invece di essere semplicemente e autenticamente migliori, cioè lavorare su di sé. “Viviamo secondo un modello di sviluppo che adora gli oggetti, non la lettura, la cultura, la partecipazione sociale e politica. Consumiamo, inquiniamo, ma così devastiamo noi stessi e il nostro pianeta. Essere migliori è diventato quindi un’urgenza e il lavoro etico e spirituale una necessità non rimandabile. Ma come far nascere, in noi, il desiderio di praticare il bene? Dove trovare una motivazione che sappia liberarci dalle catene dell’effimero, una forza motrice che dia impulso al nostro costante bisogno di guarigione e al nostro infinito desiderio di bellezza? Riscoprendo le nostre radici che affondano nella cultura classica e nella tradizione cristiana”.

Allora, l’augurio per il 2022 è questo: cerchiamo di essere, ognuno di noi, sempre migliori, per come possiamo, per quanto possiamo e insieme faremo la differenza, saremo meno soli e più forti contro le difficoltà che hanno sempre fatto parte dell’esistenza umana.

Francesca Sammarco

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