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Carnevale in Umbria tra il Bartoccio e Chicchirinella

di | 2025-02-21T18:06:00+01:00 23-2-2025 0:25|Attualità, Sezione 6|0 Commenti

PERUGIA – Anche in Umbria, impazza il Carnevale. Non solo con le sfilate, famose da tempo, dei carri di Sant’Eraclio di Foligno, ma anche con una ricerca approfondita delle canzoni carnascialesche del passato, che svelano l’anima, la sensibilità, la visione del mondo della gente comune delle epoche passate. Due, in particolare, meritano di essere recensite.

Chicchirinella

A Montecastrilli, piccolo comune (meno di 5000 abitanti) del ternano, le iniziative in campo – fino al 4 marzo – sono figlie di una ricerca davvero interessante, iniziata da Oliviero Piacenti e da Paola Contilli, che scavando nella tradizione orale della comunità, hanno riportato alla luce le storie di figure maschili come Chicchirinella, Nasoacciaccato, Nasotorto e femminili come Rosalinda e sua madre Florinda, con tanto di canzoni o nenie, ma anche di costumi locali, esposti a cura del Laboratorio Paesaggio Aps.

Nasoacciaccato

Queste iniziative legate al mondo contadino di un tempo affondano nella Commedia dell’Arte e anche nei canti carnascialeschi di fine Quattrocento, quando a Firenze personalità del calibro di Lorenzo il Magnifico, del Poliziano e del Pulci si misuravano in ballate e componimenti (quali il “Trionfo di Bacco e Arianna”, ma anche la “Nencia da Barberino” e la “Beca da Dicomano”). Tanto che già nel 1559 Anton Francesco Grazzini presentava una antologia di “Tutti i Trionfi, i Carri, le Maschere” del carnevale fiorentino, a partire dal secolo precedente.

Rosalinda

A Perugia, poi, non solo è stato pubblicato un testo – “La Canzone perugina – storia e personaggi” di Renzo Zuccherini – ma in attesa della sfilata del 1 marzo quanto la maschera del Bartoccio entrerà nel capoluogo umbro con tutto il suo seguito, è stato varata pure una “gara di bartocciate” cioè di canzoni di satira contro i potenti, i poteri forti, il costume e la politica. Il Bartoccio, la cui esistenza risale “per tabulas” almeno al 1650, è la maschera di un contadino, un poco caciarone, ma di fine intelligenza e di profonda saggezza, tale da richiamare il “Bertoldo” di Giulio Cesare Croce.

Il Bartoccio

La maschera perugina – che gira con una giacca verde, un panciotto rosso fuoco, pantaloni neri e impugna un bastone (“radicione” in dialetto) con al fianco la moglie Rosa ed un corposo seguito di gente del contado – prende di mira i signori, i ricchi e ne svela le piccinerie e le miserie. Da una dozzina di anni l’iniziativa ha preso corpo (tra gli appuntamenti anche una mostra dei manifesti del Bartoccio, nella centralissima via Oberdan, disegnati dai migliori vignettisti della città) ed è cresciuta sino a diventare una vera e propria tradizione, vissuta e condivisa in città e nelle frazioni.

Tanto che la “Società del Bartoccio” ha messo in campo persino una “gara di bartocciate” nella quale numerosi autori mettono alla berlina il mondo cittadino, politico e no. E non solo. ll clou della manifestazione, come anticipato, cade il 1 marzo quando Bartoccio e Rosa, assisi su un carro, faranno il loro ingresso trionfale in città col codazzo dei loro irriverenti compagni di bisbocce.

Elio Clero Bertoldi

Nell’immagine di copertina, il Carnevale di Sant’Eraclio di Foligno (Perugia)

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