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“Bohème” e “Butterfly”: chiusura in bellezza

di | 2021-08-08T17:40:59+02:00 8-8-2021 6:30|Sezione 7, Spettacolo|0 Commenti

ROMA – I concerti estivi del Teatro dell’Opera al Circo Massimo, dopo “Il Trovatore”, “Il lago dei cigni”, la performance di Vinicio Capossela e i tre giorni di Bolle coi Friends, si sono conclusi con due opere pucciniane il 5 ed il 6 agosto, rispettivamente “La Bohème” e “Madama Butterfly”. Intanto il 24 luglio ha creato un effetto di profonda sacertà e umana drammaticità l’isolata “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi, da lui composta nel 1874 in ricordo della morte – nell’anno precedente – di Alessandro Manzoni, carissimo al compositore. Era stato chiamato alla direzione il coreano Myung-Whun Chung, anni fa direttore artistico dell’Orchestra dell’Accademia di S.Cecilia: né la scelta è sembrata errata, vista la profonda spiritualità che egli infonde alle sue esecuzioni.

Il direttore coreano Chung Myung-whun

Spititualità che nulla ha poi tolto alla umanissima e irresistibile drammaticità, impressa da Verdi alla potenza della massa orchestrale, specie nel Dies Irae e nelle sue riprese. Oltre all’alta qualità della direzione di Chung, occorre evidenziare la versione serena data al suo ruolo dal mezzosoprano Daniela Barcellona, già grande rossiniana nei ruoli maschili “en trasvesti”, ed alla voce carica ma anche cristallina del bravissimo tenore albanese Saimir Pirgu, come al basso di grande fama (specie nel Rossini Opera Festival) Michele Pertusi. Il punto più alto è stato raggiunto dal soprano bulgaro Krassimira Stoyanova, i cui acuti dolcissimi e prolungati avevano il carattere dei cori angelici.

Il soprano Corinne Winters

Nella “Madama Butterfly “ (1904) di Puccini, che ha avuto ben sei rappresentazioni, la regìa di Àlex Ollé (de La fura dels Baus) rispetto alla versione del Costanzi ha molto modificato i toni, aderendo maggiormente alla partitura, vestendo ottimamente di bianco i personaggi del primo atto, diminuendo l’attrito fra la sacralità del matrimonio giapponese e il realismo americano, ma – a seguire – sostituendo l’aspetto fiabesco del Coro a bocca chiusa (peraltro a volume molto basso: perché, direttore Gabbiani?), con il lento e doloroso sfilare del parentado dell’eretica “americana” Cio-cio-san. Ma Ollè non rinuncia ad accentuarne l’americanismo, e Butterfly dopo il primo atto veste jeans e scarpe da ginnastica, e attende, attende…

Da questo momento – a parte l’ottima direzione di Daniele Renzetti, specie nei momenti precipitanti nella tragedia, in cui la musica pucciniana arretra, inaridisce quasi nel silenzio – si ergeva potente la drammaticità del soprano americano Corinne Winters (Butterfly). Nella scena finale col bambino, il suo canto rifuggiva dalla tradizionale dolcezza, assumendo apocalittici toni di morte, gridando affinchè egli guardasse “fiso, ben fiso di tua madre la faccia”, per ricordarla “ai dì maturi”. Ella si uccide in casa senza esser vista, mentre il piccolo, portato via da Suzuki (Adriana Di Paola), geme allontanandosi sempre più (bontà di Ollé) due volte: “Mamma!”, “Mamma!”. E nella vasta platèa del Circo, più di una signora tentava di celare i singhiozzi. Pinkerton era l’ottimo tenore Saimir Pirgu, il console Sharples era Andrzej Filończyk, fra i tanti interpreti. Eccellente e indimenticabile spettacolo.

Il regista Davide Livermore

Possiamo invece dire che “La bohème” di Puccini” (première nel 1896 al Regio di Torino), nello spettacolo inscenato qui al Circo Massimo e diretto da Jordi Bernàcer, rende al meglio nel secondo atto, dove nel Quartiere Latino al Café Momus siedono Rodolfo con Mimì, e i loro amici. Sembrava quasi di aver davanti la celebre scenografia di Zeffirelli, per il brulicare della vita parigina, che l’ottimo regista Davide Livermore (curatore anche di scene, costumi e luci) ha vivificato, con saltimbanchi, trampolieri, mangiafuoco in scena, ballerinette, voci bianche, e l’animatore Parpignol (Sergio Petruzzella). L’ebbrezza scenografica ben riusciva a cancellare al momento la tristezza dell’opera pucciniana, ambientata nella reale miseria della bohème parigina: cui invece la drammaturgia ci riconduce. E, come tutti sanno, l’opera scivola nella tragedia, con la morte di Mimì (soprano Vittoria Yeo) e lo strazio di Rodolfo (tenore Piero Pretti), affidati all’intensa musica di Puccini, più che al complesso degli interpreti.

                                                             Paola Pariset

Nell’immagine di copertina, una scena de “La bohème” al Circo Massimo

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