//PER NON DIMENTICARE: rivivere non significa ripetere

PER NON DIMENTICARE: rivivere non significa ripetere

FORTUNA ALESSIA con il contributo di Cocorocchio Chiara e Savini Sofia – Il 27 gennaio gli alunni della Scuola secondaria “Angelo Santilli” hanno dedicato uno spazio importante alla “memoria” attraverso la visione del celebre film drammatico “Il bambino con il pigiama a righe”, per ricordare le vittime della Shoah. La trama scritta da Jhon Boyre è stata affidata alla direzione artistica del regista Mark Herman. Il film è ambientato nel periodo della Seconda guerra mondiale, nelle campagne di Berlino. Bruno, figlio di un soldato di alto livello a cui sarà affidata la direzione di uno dei tanti campi di concentramento, è stato costretto per questioni lavorative del padre a trasferirsi. Lui non sarà entusiasta di questa decisione, perché non vuole separarsi dai suoi amici, ma sarà obbligato. Dopo aver esplorato la sua nuova casa, il piccolo ragazzo tedesco noterà che dalla finestra della sua stanza si può vedere quella che  pensa sia una fattoria, un insieme di capanne, abitate da persone alquanto strane, che lui definirà “contadini con il pigiama”. Solo alla fine del film, lui capirà  qual è lo scopo di quel luogo ostile. Anche se gli era stato severamente vietato dalla mamma di oltrepassare i confini della casa, Bruno spinto dalla curiosità tipica di quell’età trasgredisce il divieto dei genitori. “Il giovane esploratore” incontrerà così Shmuel, un bambino  all’apparenza diverso, racchiuso in un “pigiama”, una “divisa, un segno di riconoscimento, ma uguale a tutti gli altri ragazzi della sua età, come loro prima di andare a scuola salutava la mamma e al ritorno dopo aver fatto i compiti giocava, proprio come gli altri. Loro saranno i due piccoli, ma grandi protagonisti della storia. A ostacolare la loro amicizia sarà solo una rete di filo spinato. I due bambini, non si interessano a ciò che hanno intorno, tra loro c’è un forte legame, una forte amicizia, che con il tempo potrà solo far crescere e diventare più solida. Il film ha catturato la nostra attenzione soprattutto nei momenti in cui i due bambini riescono in qualche modo a eliminare i pregiudizi di quel tempo, a superare ogni tipo di distinzione e ingiustizia. E’ stato  particolare il modo in cui Bruno, pur essendo influenzato da ciò ascolta e “vive” in casa, non si limita ad un aggettivo, ad una parola ma va avanti, ben oltre quei confini. Il finale del film è stato sorprendente e inaspettato perché a prevalere non è il punto di vista nazista, bensì il valore universale dell’amicizia. L’autore sceglie un finale a sorpresa: a morire non è solo Shmuel, ma i due bambini vengono  condannati alla stessa sorte.  Bruno si era sacrificato per vedere sul volto del suo amico Shmuel un sorriso, l’ accenno di un piccolo sorriso. Se  fosse stato possibile prendere il posto di Jhon  Boyre, avremmo fatto in modo che Shmuel fosse riuscito a scappare insieme a Bruno, lontani da quella tragedia, per far sì  che diventando adulti impedissero che quella catastrofe si ripetesse.. Questo è un film molto toccante, dietro quelle  che potrebbero sembrare piccole scene insignificanti, c’è un significato molto più profondo, che è difficile da cogliere se non si guarda con attenzione e con la consapevolezza di essere di fronte a situazioni reali e non fantastiche. Bisogna osservarne anche i minimi particolari, per riflettere sul significato dell’ amicizia, quella vera; che ai giorni nostri è difficile da trovare. Il messaggio che ha trasmesso a noi ragazzi è quello di conoscere il passato per migliorare il presente.