di Annalisa Lombardi
La propaganda è un’arte antica, una tecnica potente capace di plasmare le opinioni e alterare la percezione della realtà. Dalla fine dell’Ottocento alla Seconda Guerra Mondiale, i regimi autoritari hanno imparato a sfruttarla per ottenere consenso, alimentare il culto della persona, che fosse “duce” o “fuhrer”, e ottenere il controllo sulle masse. Osservando lo scenario politico mondiale, si nota come la propaganda non solo non è scomparsa, ma ha addirittura assunto una nuova forma: quella dei social media. La velocità e la portata di piattaforme come Facebook, Twitter e Instagram hanno reso più potente che mai il potere di plasmare l’opinione pubblica, ma le tecniche alla base di questa manipolazione sono sorprendentemente simili a quelle attuate dai regimi totalitari del secolo scorso.
Quando Benito Mussolini salì al potere nel 1922, comprese subito il grande potenziale dei media come mezzo di controllo dell’Italia e dell’immaginario collettivo. Il fascismo si è contraddistinto per l’ampio controllo sociale e politico che non si limitava alla repressione degli oppositori. Di fatti, il regime è riuscito a infiltrarsi in ogni aspetto della quotidianità degli italiani, dall’ambiente lavorativo a quello scolastico, e persino nei momenti di socialità e condivisione rafforzando ulteriormente la propria influenza. Il regime ha investito in maniera sistematica nella comunicazione: giornali, cinema e soprattutto la radio sono diventati gli strumenti privilegiati per veicolare il messaggio fascista e costruire un’immagine di unità nazionale. Primo tra tutti nel grande sistema propagandistico vi era Mussolini che, con il suo carisma e la sua abilità oratoria, si presentava come il salvatore della patria capace di restituire grandezza all’Italia dopo anni di instabilità e umiliazione.
Le immagini di Mussolini, colto in pose solenni e accompagnato da slogan potenti, venivano proiettate in tutte le direzioni: il popolo doveva vedere il suo leader ovunque, sempre forte e invincibile. La radio, uno strumento relativamente nuovo, divenne una delle armi più potenti nelle mani del regime. Con il suo carattere immediato, permetteva a Mussolini di rivolgersi direttamente alla gente, in modo quasi intimo, per alimentare il mito del “capo carismatico” e rafforzare il consenso popolare.
Oggi, a più di novant’anni di distanza, il panorama della propaganda è cambiato radicalmente. Non c’è più un unico potente regime al controllo dei media, ma una molteplicità di individui – dai leader politici ai movimenti estremisti, fino agli stessi cittadini – che utilizzano i social media come strumenti di persuasione. Se nel passato una radio o un cinema permettevano il raggiungimento di milioni di persone, oggi basta uno smartphone per comunicare molto più rapidamente con utenti da ogni parte del mondo. Facebook, Twitter, Instagram, TikTok: queste piattaforme offrono possibilità inedite di comunicazione in tempo reale, scavalcando in velocità persino tv e giornali. Eppure, la meccanica della propaganda è rimasta sorprendentemente simile.
La manipolazione delle emozioni è ancora al centro di ogni strategia. Le immagini forti, i video virali, gli slogan brevi e incisivi: tutti strumenti che hanno lo stesso obiettivo che si era posto il regime fascista, ossia evocare una risposta emotiva immediata. Anche oggi la propaganda si pone lo stesso obiettivo e così vediamo continuamente figure politiche e pubbliche apparire sui nostri schermi diventando i protagonisti delle ultime notizie. In particolare, la diffusione delle informazioni è diventata ancor più specifica e mirata, personalizzata per ogni persona che raggiunge. Grazie agli algoritmi dei social media, i contenuti possono essere indirizzati con precisione verso target specifici, creando camere dell’eco, dove gli utenti sono esposti solo a contenuti che rafforzano le loro convinzioni già esistenti.
Il mondo digitale, inoltre, pone tutti i suoi utenti di fronte a un rischio da non sottovalutare: la disinformazione. Le “fake news”, le teorie del complotto e le distorsioni della realtà vengono divulgate con pericolosa facilità, rendendo difficile distinguere la verità dall’irrealtà. Se nel periodo fascista la manipolazione avveniva attraverso pochi canali ufficiali, oggi la disinformazione è globale e raggiunge milioni di persone con un solo click.
La propaganda, sia nei suoi formati tradizionali che digitali, possiede l’incredibile potere di influenzare le masse. Se da un lato la tecnologia ha ampliato le possibilità di accesso all’informazione, dall’altro essa ci espone a nuove sfide e rischi, in particolare quando le tecniche di manipolazione vengono adattate ai mezzi digitali. Questi strumenti, pur essendo potenti per la diffusione di contenuti, possono anche rafforzare le divisioni e distorcere la realtà. È quindi essenziale che, da cittadini consapevoli, si sviluppi una mentalità critica per riconoscere e contrastare le manipolazioni, evitando che la realtà diventi oggetto di distorsione. Come la storia ci insegna: senza una vigilanza attenta, le tecniche di persuasione possono minacciare le fondamenta della democrazia e della libertà individuale.