//Croce e Gentile a confronto

Croce e Gentile a confronto

di | 2025-03-17T10:12:17+01:00 17-3-2025 10:12|Alboscuole|0 Commenti
di Sara Ferraro Esposito Benedetto Croce e Giovanni Gentile sono stati due giganti del pensiero italiano del Novecento, entrambi esponenti dell’idealismo ma con prospettive opposte che hanno avuto conseguenze profonde nella cultura, nella politica e nell’educazione italiana. Il loro scontro teorico non fu solo un dibattito accademico, ma si trasformò in una frattura ideologica che trovò nel fascismo il suo banco di prova. Ancora oggi, le loro visioni offrono chiavi di lettura per comprendere le tensioni tra libertà e autorità, tra pluralismo e centralismo, tra Stato e individuo. Croce e Gentile condivisero un’idea della filosofia come strumento per interpretare e trasformare la realtà, ma se per Croce la libertà era il valore supremo, per Gentile il pensiero stesso era realtà, e lo Stato doveva incarnare questa concezione assoluta. Il pensiero di Croce si sviluppò attorno all’idealismo storicista, una visione in cui la realtà è in continua evoluzione e lo spirito umano si manifesta attraverso la filosofia, l’arte, l’etica e l’economia. La libertà, secondo Croce, era il motore della storia e doveva essere protetta contro ogni tentativo di imposizione ideologica. Per questo motivo, si oppose fermamente a ogni forma di totalitarismo, riconoscendo nel fascismo una minaccia per la cultura e la democrazia. Il suo impegno politico lo portò a essere una delle figure chiave dell’antifascismo italiano: già nel 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti, in cui denunciava la deriva autoritaria del regime mussoliniano. Dopo la caduta del fascismo, partecipò attivamente alla ricostruzione politica dell’Italia, contribuendo alla fondazione della Repubblica e alla stesura della Costituzione. Gentile, invece, sviluppò la filosofia dell’attualismo, secondo cui la realtà esiste solo nell’atto del pensiero che la crea. Questa visione lo portò a elaborare un’idea dello Stato come organismo vivente, in cui il cittadino si realizza pienamente solo attraverso la partecipazione a una volontà collettiva superiore. Questo concetto si tradusse in una giustificazione filosofica del fascismo: per Gentile, il regime di Mussolini non era un semplice strumento di potere, ma la realizzazione concreta di un’idea filosofica, in cui l’individuo si annullava nello Stato per contribuire alla grandezza della nazione. La sua adesione al fascismo fu totale: nel 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali fascisti, contrapposto a quello di Croce, e divenne ministro dell’Educazione, riformando profondamente il sistema scolastico. Anche dopo la caduta del regime, rimase un sostenitore del fascismo repubblicano, fino a essere assassinato nel 1944 dai partigiani. La contrapposizione tra Croce e Gentile si riflette ancora oggi in molti ambiti. Uno dei più evidenti è quello dell’istruzione: la riforma Gentile del 1923 ha lasciato un’impronta profonda sul sistema scolastico italiano, con un’impostazione fortemente selettiva, gerarchica e orientata alla formazione di un’élite intellettuale. In politica, il confronto tra una visione liberale, aperta e pluralista, e una più autoritaria e centralista, trova echi nelle discussioni sulla gestione dello Stato, sui diritti civili e sulle politiche economiche. Il populismo contemporaneo, con la sua tendenza a esaltare un leader forte e un’identità nazionale compatta, sembra attingere più dalla visione gentiliana che da quella crociana, alimentando una crescente sfiducia nelle istituzioni democratiche e nei corpi intermedi. L’eredità di Croce e Gentile non è solo un capitolo della storia della filosofia, ma una lente attraverso cui leggere le dinamiche del presente. Il loro scontro ci ricorda che la lotta tra libertà e autoritarismo, tra pensiero critico e conformismo, non è mai finita e che ogni generazione è chiamata a scegliere da che parte stare.