//“Adolescence”, quanto conosciamo i ragazzi?

“Adolescence”, quanto conosciamo i ragazzi?

di | 2025-05-17T20:02:57+02:00 18-5-2025 1:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Jamie è un mostro o un ragazzo fragile influenzato da fattori esterni? È l’alba e nella cittadina inglese dove vivono i Miller la polizia irrompe in casa. Gli agenti cercano il tredicenne Jamie per arrestarlo: è accusato dell’omicidio della coetanea e compagna di classe Katie Leonard, morta la sera precedente dopo essere stata pugnalata sette volte. Si tratta del drammatico incipit di “Adolescence”, miniserie televisiva britannica del 2025 (ideata da Jack Thorne e Stephen Graham e diretta da Philip Barantini) in programmazione sulla piattaforma Netflix.

Portato in centrale, il ragazzo subisce un duro interrogatorio, via via scoprendo una serie di eventi impensabili, mentre una psicologa incaricata di valutarlo scopre i lati inquietanti della sua personalità e le influenze tossiche che ne hanno segnato la crescita, facendo emergere un quadro oscuro sull’adolescenza e sulle insidie digitali.

Il giovane protagonsta Jamie, interpretato dal bravissimo Owen Cooper

La grande innovazione di “Adolescence” è che, in ognuno dei 4 episodi che compongono il racconto televisivo, viene utilizzato il piano sequenza, la tecnica cinematografica che consiste nella ripresa di un’intera sequenza narrativa in un’unica inquadratura, senza interruzioni o tagli. È come se la macchina da presa non interrompesse mai la sua registrazione, seguendo l’azione in modo continuo. A differenza del montaggio tradizionale, che usa tagli per passare da una scena all’altra, il piano sequenza mantiene la continuità visiva per tutta la durata della scena. L’obiettivo è di offrire allo spettatore un senso di continuità e di immersione nell’azione, come se fosse un osservatore diretto dell’evento. Per realizzarlo è indispensabile una grande coordinazione tra attori, operatori di macchina e troupe tecnica. Tra i registi che ne hanno fatto uso in modo innovativo anche Orson Welles e Alfred Hitchcock.

Jamie col papà Eddie, interpreato da Stephen Graham che è anche il creatore di “Adolescence” 

L’idea per la serie fu originariamente concepita da Stephen Graham come risposta a un improvviso aumento di crimini violenti in Gran Bretagna, per cui decise di creare un prodotto che esplorasse la motivazione di atti estremi di violenza (culminanti sovente con accoltellamenti) contro le ragazze da parte di ragazzi. Fondamentale la decisione di affidare a Owen Cooper il ruolo del giovanissimo protagonista, selezionato fra 500 aspiranti e senza alcuna esperienza attoriale precedente. Il risultato è sorprendente in quanto Jamie – Owen è davvero il perno decisivo su cui ruota l’intera vicenda.

“Adolescence” non è solo un thriller psicologico, ma anche una riflessione potente sulla fragilità dell’adolescenza e sul modo in cui la società affronta la devianza giovanile. La storia segue la famiglia Miller – il papà Eddie (interpretato dallo stesso Stephen Graham), la mamma Manda (Christine Tremarco) e l’altra figlia Lisa (Amélie Pease) – mentre affrontano lo shock dell’accusa contro Jamie e le conseguenze devastanti sulla loro vita quotidiana. La comunità, inizialmente solidale, si trasforma rapidamente in un ambiente ostile, con i media e i social network che alimentano teorie e condanne pubbliche ancora prima dell’inizio del processo.

Jamie con la psicologa Briony Ariston (resa da una strepitosa Erin Doherty)

Il racconto esplora con acutezza anche il punto di vista degli investigatori (l’ispettore Luke Bascombe reso da Ashley Walters e la vice Misha Franke interpretata da Faye Marsay) e della psicologa Briony Ariston (una strepitosa Erin Doherty) coinvolti nel caso, cercando di capire cosa possa aver portato un ragazzo apparentemente normale a un atto così estremo. Ma è davvero colpevole o si tratta di un errore giudiziario? Attraverso lunghi piani sequenza e un uso sapiente dei flashback, “Adolescence” dipinge un ritratto crudo dell’adolescenza moderna e delle sue zone d’ombra, lasciando lo spettatore con più domande che risposte.

Papà Eddie e mamma Manda (Christine Tremarco)

La serie affronta temi di grande rilevanza sociale e psicologica, ponendo interrogativi profondi sulla radicalizzazione maschile, sul potere pervasivo dei social media nella formazione dell’identità giovanile e sull’incapacità degli adulti di comprendere la nuova realtà generazionale. La narrazione esplora il concetto di colpevolezza non solo da un punto di vista giuridico, ma anche morale e sociale.

Papà Eddie nella stanza di Jamie

Nel dipanarsi della vicenda, emergono le incapacità in primis della famiglia, ma poi anche della scuola e in genere dell’intera società a capire i giovani: “Dobbiamo essere consapevoli – spiega Graham – del fatto che non solo noi cresciamo i nostri figli e non solo la scuola li educa, ma ci sono anche influenze di cui non abbiamo idea che stanno avendo effetti profondi sulla cultura dei nostri ragazzi: effetti profondi, positivi e anche estremamente negativi. Quindi si tratta di dare un’occhiata e comprendere che siamo tutti responsabili”.

L’ispettore Bascombe nel cortile della scuola frequentata da Jamie e dalla vittima Katie

Non è proprio il caso di anticipare come la vicenda si conclude, ammesso che possa esserci una fine in una così tragica sequenza di eventi (tanto che sembra che sia già in programma una seconda serie), ma ciò che conta sottolineare è che  “Adolescence” è da vedere e forse anche da portare nelle scuole: per gli studenti, per gli insegnanti, per le famiglie. Perché purtroppo spesso babbi e mamme non conoscono davvero i loro figli, accontentandosi di soddisfare ogni tipo di bisogno (anche il più banale) piuttosto che avere un dialogo serio e costruttivo con loro.

Buona domenica.

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