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Videochiamate, il boom che stanca e condiziona

di | 2020-05-15T19:56:06+02:00 17-5-2020 6:35|Attualità, Sezione 8|0 Commenti

PALERMO – All’inizio della pandemia, le videochiamate, il lavoro in modalità smart working, la DAD (Didattica a distanza) sembravano la panacea per la fisicità negata dall’imprevisto lockdown. A poco a poco, si è visto però che le tante ore trascorse in conversazione davanti allo schermo del computer possono provocare spiacevoli effetti collaterali: stanchezza, mal di testa e senso di nausea. Tanto da far coniare le locuzioni “Zoom fatigue” e “Hangover (stordimento/sbornia) da videochiamata”. Perché? Marissa Shuffler e Gianpiero Petriglieri, esperti dell’apprendimento e del benessere sul posto di lavoro, hanno provato a dare delle risposte.

Innanzitutto, comunicare in videochiamata richiede maggiore fatica rispetto al parlarsi faccia a faccia, anche solo per capire quello che l’altro sta dicendo: dobbiamo prestare costante attenzione all’interlocutore per elaborare segnali non verbali come le espressioni facciali, il tono della voce e il linguaggio del corpo. Al dispendio energetico necessario per “tenere insieme” tutti i segnali comunicativi, si aggiunge spesso la fatica dovuta a eventuali disturbi nella ricezione audio e video.

Un ulteriore fattore di stress è la consapevolezza di essere sotto lo sguardo degli altri, situazione che induce a dare sempre il massimo della performance perché è come se ci si sentisse su un palcoscenico. Anche perché è difficile non guardare il proprio viso sullo schermo e disinteressarsi dell’effetto che si fa nella telecamera.

Secondo Petriglieri inoltre, il fatto che talvolta ci sentiamo “costretti” a fare questo tipo di chiamate contribuisce all’affaticamento mentale. Non solo: aspetti della nostra vita che prima erano separati – lavoro, amici, famiglia – coesistono nello stesso spazio. Questa mancanza di varietà è poco sana. Accade allora che persino le videochiamate con gli amici e i familiari siano stancanti, soprattutto se si tratta di un collegamento con più di tre persone, situazione questa che richiede un livello di attenzione e concentrazione che sa più di lavoro che di rilassamento.

C’è poi da sottolineare che, per ovviare all’assenza di contatto e prossimità fisica la comunicazione virtuale è diventata ipertrofica: i social traboccano di contenuti, Whatsapp risuona di notifiche, il telefono squilla più del solito. Il silenzio è diventato ancora più raro e prezioso di prima della pandemia. Così, paradossalmente, abbiamo forse meno tempo libero rispetto a prima …

Come difenderci da quest’inedita forma di burn-out telematico? Gli esperti suggeriscono intanto di limitare le videochiamate a quelle strettamente necessarie. L’accensione della videocamera dovrebbe essere inoltre facoltativa.

Bisogna poi considerare se le videochiamate siano davvero sempre l’opzione migliore; in alcuni contesti, potrebbe bastare una mail, o dei file condivisi. Risulta molto proficuo anche concedersi dei “momenti di transizione” durante le videoconferenze: fare stretching o un po’ di ginnastica, bere dell’acqua. Petriglieri si spinge ancora più in là suggerendo di tornare alle antiche usanze: “Se vuoi dire a qualcuno ti manca, invece di proporre una videochiamata su Zoom, prova a scrivergli una lettera”.

Infine, il professore Giovanni Salonia, docente di Psicologia sociale e psicoterapeuta, evidenzia che “uno dei problemi delle videoconferenze e delle lezioni on line è lo sguardo fisso. Al computer lo spettro visivo è ridotto, mentre in presenza risulta più ampio. La fissità e la riduzione dello spettro visivo inducono sonnolenza, stanchezza, stress … Ecco perché abbiamo bisogno di guardare il cielo”.

Maria D’Asaro

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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