/, Sezione 6/Una vita perfetta? Meglio l’opportunità per una vita felice

Una vita perfetta? Meglio l’opportunità per una vita felice

di | 2020-05-15T18:17:22+02:00 17-5-2020 6:25|Attualità, Sezione 6|0 Commenti

RIETI – E’ stata davvero un’emozione leggere le parole della lettera d’addio che Pietro Ichino, famoso giuslavorista italiano, ha dedicato alla moglie Costanza, morta a seguito di una grave ed invalidante malattia. In questa lettera, scritta nell’ultima notte insonne trascorsa accanto a lei, Ichino esterna riflessioni sul senso degli ultimi anni della vita di Costanza, quelli più duri, durante i quali la malattia ha provocato maggiore sofferenza per la ridottissima qualità della vita che ha dovuto sopportare la moglie: anni di dolore ma anche anni in cui, a suo dire, ravvisa di aver trascorso “il periodo più ricco ed intenso di tutto il nostro matrimonio”.

Pietro Ichino con la moglie Costanza

Costanza ha sofferto per quasi 8 anni della Sindrome di Richardson, una malattia che progressivamente ha menomato, fino ad azzerarle, tutte le facoltà vitali. E questo ha fatto sì che la loro vita sia drasticamente mutata sino a diventare un’unica esistenza in cui la dipendenza dell’una ha legato indissolubilmente l’altro. Ichino confessa di aver provato un momento di spavento a dover affrontare questa difficile situazione poi “pian piano, mi sono accorto dei tesori che questa situazione nascondeva”. “Mi ero impegnato – scrive – ad essere per Costanza le gambe che aveva perduto, gli occhi al posto dei suoi che non funzionavano più e nell’ultimo periodo anche le braccia e le mani per lavarsi, pettinarsi, vestirsi, portare il cibo alla bocca; questo ben presto ha creato tra me e lei, dopo 45 anni di matrimonio, un’intimità che non avevamo mai vissuto. Ogni volta, e potevano essere decine in una giornata, che lei mi chiedeva di spostarsi dal letto o dalla poltrona alla carrozzella e viceversa era un abbraccio stretto, e qualche volta ci fermavamo a metà abbracciati così, indugiando a dondolarsi come in un ballo cheek to cheek”.

Costanza Ichino

E ancora: “Abbiamo scoperto la delizia nuova, mai sperimentata prima, di leggere insieme ad alta voce per lunghe ore serali libri stupendi, che letti insieme diventavano ancora più belli. Ma l’intimità maggiore era quella delle veglie notturne… Accadeva che non ci riaddormentassimo subito, ma restassimo a lungo abbracciati nel letto parlando sottovoce di quello che più ci stava a cuore. E, a differenza di quel che accade di giorno, perché di giorno non si riesce a parlare della morte, nel buio della notte riuscivamo a parlare serenamente del tempo che ci era lasciato da vivere insieme… Riguardando indietro a questi ultimi due anni nei quali la malattia ha infierito più duramente su Costanza, non ho memoria di sofferenza: è stato forse il periodo più ricco ed intenso di tutto il nostro matrimonio. Così quella regola del cercare il bene nascosto in tutte le pieghe della vita, si è invece rivelata ancora una volta non solo frutto della speranza, non solo immaginazione di una consolazione promessa altrove, ma conoscenza, nel senso più profondo del termine, di qualcosa di molto tangibile”.

Il giuslavorista Pietro Ichino

Queste serene riflessioni di Pietro Ichino inducono a pensare che spesso accade a tutti noi di chiedersi quale sia in realtà il senso della vita. Molto spesso ci ripetiamo che dobbiamo essere felici. Forse, senza mai coglierne realmente il significato. Essere felici non è avere un cielo senza tempeste, una strada senza inciampi, un lavoro senza fatica, un amore senza delusioni. Essere felici è, forse, trovare la forza, la speranza, la sicurezza, la conoscenza, sul palcoscenico in cui si svolge la vita in tutti i suoi atti. Dunque la felicità è non sentirsi vittima dei problemi ma diventare attore della propria storia. E’ la conquista di un lungo viaggio interiore che porta a trovare un’oasi di pace e a ringraziare per quello che è il miracolo della vita stessa. E’ anche non avere paura, è vivere ogni momento, bello o brutto che sia, con serenità, con una gioia semplice che induce ad avere il coraggio di esercitare la pazienza. Non è dunque fatalità del destino bensì una conquista per chi è in grado di viaggiare dentro il proprio essere, di essere ciò che siamo e diventare ciò che siamo capaci di diventare. Quindi, molto spesso ci tormentiamo l’anima per dare un senso alla vita, per individuarne il traguardo e alla fine lo troviamo nascosto dentro di noi, nella nostra esperienza dell’immaginario e della realtà che si rivela essere un semplice umano desiderio di trovare chi ci rispecchia, per stabilire un legame e per sentire nel profondo del cuore che non siamo soli ed essere felici di non avere paura dei propri sentimenti. E’ avere la sensibilità per esprimere “ho bisogno di te”, è la consapevolezza di non avere una vita perfetta ma l’opportunità per una vita felice.

Stefania Saccone

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi