//Uccidi il giornalista, gioco pericoloso

Uccidi il giornalista, gioco pericoloso

di | 2019-05-25T18:21:26+02:00 26-5-2019 7:05|Top Blogger|0 Commenti

I giornalisti sempre più nel mirino. Come se non bastassero gli omicidi, gli atti di violenza fisica e verbale, le minacce, i danneggiamenti e le querele temerarie, adesso gli operatori dell’informazione diventano anche oggetto negativo dei videogames che incitano ad eliminarli. Sniper 3D Assassin, uno tra i giochi più scaricati per gli smartphone, lanciato nel 2014 da uno sviluppatore brasiliano, ha già ottenuto 12 milioni di valutazioni con un gradimento di 4 stelle e mezzo. Propone un cecchino che deve compiere varie missioni; la settima, che arriva dopo aver dimostrato di avere superato una serie di compiti difficili, ha l’obiettivo di uccidere un giornalista che ha ricevuto una cartella piena di documenti da un poliziotto corrotto. Un concentrato di odio verso i cronisti, i reporter. Un misto di fake news per spingere l’utente – e spesso si tratta di ragazzini – a credere che i giornalisti paghino e corrompano le proprie fonti. Persone, quindi, che meritano di essere uccise, eliminate. “Rendilo famoso in un altro modo” è l’incitamento del gioco.
Il primo ad accorgersi del contenuto del video game è stato Jamal Jordan, cronista del New York Times mentre giocava con il nipote di dieci anni che lo aveva invitato a una sfida per passatempo.
Tempi duri per i giornalisti sempre più obiettivo degli attacchi dei politici e della criminalità organizzata. In tutto il mondo. Per citarne alcuni: Jamal Khashoggi editorialista del Washington Post entrato per rinnovare il passaporto nel consolato saudita di Istanbul e scomparso nel nulla; la maltese Daphne Caruana Galizia, simbolo dell’informazione libera e indipendente nel suo Paese; Gauri Lankesh in India e Miroslava Breach Velducea in Messico; il giornalista slovacco, Jan Kuciak, trucidato nella sua abitazione il 21 febbraio del 2018, un anno nero per i giornalisti: ne sono stati uccisi 80 nel mondo, segnando un aumento dopo tre anni di calo (nel 2015 erano stati 110).
Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, è uno tra i peggiori accusatori dei giornalisti autori di inchieste e domande scomode. Li ha definiti nemici del popolo e non perde occasione di denigrare come fake news le testate che lo criticano, da Cnn a Washington Post a New York Times. Dice tutto il caso di Julian Assange (nella foto a destra), il fondatore di Wikileaks, incriminato per avere pubblicato informazioni ritenute segreto di Stato. Rischia il carcere a vita se non la pena di morte. Secondo il New York Times è la prima volta nella storia degli Stati Uniti che l’Espionage Act viene applicato a un reporter.
Pure in Italia non stiamo messi bene. Sono ormai un evento quasi quotidiano gli attacchi all’informazione libera e ai suoi operatori da parte di uomini politici, delle cosche mafiose, di bande criminali di estremisti che vestono i panni dei difensori del popolo. Un incitamento all’odio che qui da noi più volte é arrivato dagli stessi rappresentati di Governo.
Democrazia in pericolo quando nel mirino finisce la stampa. Bavagli e censure sono un segnale che dovrebbe farci riflettere come pure gli elogi e i premi a giornalisti e testate amiche. La storia pare non averci insegnato nulla.
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. E’ scritto nella Costituzione italiana, fondamento della democrazia e del nostro vivere civile. E così dovrebbe essere in tutto il mondo.

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