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Taddeo di Bartolo, maestro del gotico internazionale

di | 2020-03-13T19:25:34+01:00 15-3-2020 6:25|Arte, Sezione 6|0 Commenti

PERUGIA – Taddeo di Bartolo torna a Perugia dopo 617 anni, sfoderando tutta la sua fascinosa arte, in una grandiosa mostra, presto in streaming e, una volta superata l’emergenza Coronavirus, fino al 7 giugno nella Galleria Nazionale dell’Umbria. Questo maestro del gotico internazionale, nato e morto a Siena (1368-1420) risulta meno conosciuto dei suoi concittadini Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti, sebbene nel Palazzo pubblico di Siena abbia affrescato più metri quadrati di loro. Certo la quantità non fa testo tanto come la qualità, ma se i senesi – all’epoca di gusti molto raffinati – gli diedero così tanto spazio nel palazzo che rappresentava la comunità, il loro biglietto da visita, una ragione ci sarà pur stata…

A rendere piena giustizia al pittore senese, comunque, sono stati la storica dell’arte Gail E. Solberg, sicuramente la più profonda conoscitrice dell’artista, e Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale. In mostra sono esposti non solo quasi cento pezzi provenienti da musei italiani e stranieri (dal Louvre a Budapest, dalla Norvegia ad Hannover in Germania, da Caen in Francia ai Paesi Bassi), ma sono stati ricostruiti e restaurati sia il Polittico di San Francesco al Prato di Perugia del 1403 e il Polittico di Volterra del 1411 (reso, con questa iniziativa, anche più saldo e stabile), oltre alla prima opera (il Polittico di Cantagallo del 1389) e forse una delle ultime (la “Madonna avvocata” di Orte, del 1420). Inoltre è fruibile ai visitatori un modello virtuale in 3D degli affreschi del palazzo dei Priori di Siena.

Taddeo era figlio del barbiere Bartolo di Mino (non, come scrisse il Vasari nelle “Vite”, del pittore Bartolo di Fredi: l’aretino va sempre preso … “cum grano salis”, insomma con grande cautela e precauzione) ed aveva solo delle sorelle. Quando i perugini nel 1358 a Torrita di Siena misero in fuga, al comando di Liggieri d’Andreotto, l’esercito senese con a capo Anichino Bongardo ed entrarono in città fino ad asportare, bottino di guerra, chiavi e catene della città, il futuro artista non era ancora nato, ma avrà sentito fin da piccino dai suoi il racconto di quella angosciante sconfitta e forse avrà odiato i bellicosi perugini. Tuttavia quando i francescani lo chiamarono a Perugia, per la commissione di un Polittico, non ebbe alcuna remora: ormai erano trascorsi più di quaranta anni da quei fatti truci e dolorosi per la sua città. Il Polittico di San Francesco al Prato – che viene offerto nella Sala Podiani, alla vista del visitatore in un elegante ed efficace allestimento, curato tra gli altri dal pittore e scultore perugino Paolo Ballerani, grazie alla ricostruzione in scala, dell’interno del pantheon perugino, con tanto di cappelle laterali ed abside, dove l’opera al tempo era stata collocata – è una macchina, piuttosto complessa, di quattro metri, a doppia faccia, costituita di cinque tavole per ogni prospetto e due fiancate dipinte. Un vero incanto per gli occhi.

Alla Solberg dev’essere riconosciuto di aver svolto e portato a termine un lavoro eccezionale. Qualificato, approfondito, scientifico. Restituendo all’artista, anche con un ampio e documentatissimo catalogo, la fama che si guadagnò allora (chiamato a Genova, Pisa, Imperia, Padova, Venezia, Montepulciano, San Gimignano, Colle Val d’Elsa, Montelpulciano, Volterra, Orte e Perugia) e che merita oggi, sia come pittore su tavola, sia come affrescante. Già perché Taddeo si è cimentato a 360 gradi nell’arte pittorica con i lavori d’affresco del ciclo, tra gli altri, degli “Uomini Illustri“ nella sua Siena (nella quale svolse anche attività di amministratore della cosa pubblica). Tra gli aspetti particolari della vita e dell’arte di Taddeo risulta che a Genova (dove andò nel 1393, chiamato dalla casata degli Spinola) prese moglie (Simona del Monte) e che quando morì se non ricco poteva considerarsi quanto meno agiato. Come si evince dal testamento dettato sul letto di morte.

Alberto Maria Sartore, dell’Archivio di Stato, insieme a Donald Cooper, ha redatto un saggio sul contratto di affidamento del Polittico e del coro, che i frati perugini gli fecero sottoscrivere e che causò pure code giudiziarie (per questo lavoro la cifra stabilita fu di 180 fiorini). Cento anni ed oltre dopo la morte dell’artista – correva il 1530 – il Polittico venne innalzato sopra il coro e davanti all’altare maggiore, con un effetto scenico ed artistico particolarmente suggestivo. Singolare un altro fatto e cioè che da un particolare di uno dei dipinti di Taddeo (un suonatore di viola a chiave), un amante della musica ha ricostruito, al giorno d’oggi, una viola, come quella illustrata con certosina perfezione da Taddeo, funzionante a meraviglia.

 Elio Clero Bertoldi

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