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Si chiama femminicidio, baronessa di Carini…

di | 2019-11-24T06:28:27+01:00 24-11-2019 6:30|Personaggi, Sezione 3|0 Commenti

PALERMO – La vicenda della baronessa Laura Lanza di Trabia, vissuta tra Palermo e Carini nel sedicesimo secolo, è diventata nota al vasto pubblico già nel 1975, quando la RAI – con la regia  di Daniele D’Anza e con Ugo Pagliai e Janet Agren nel ruolo dei protagonisti – mandò in onda in prima serata uno sceneggiato dal titolo “L’amaro caso della baronessa di Carini”.

L’impronta della mano insanguinata della baronessa di Carini

Cosa ci fu di tanto amaro nella vita di Laura Lanza? Intanto le nozze imposte dal padre con il blasonato e assai ricco barone di Carini, don Vincenzo La Grua-Talamanca, a cui la donna fu costretta a soli quattordici anni, il 21 settembre 1543. Dal matrimonio nacquero otto figli.

Ma il cuore della baronessa batteva per un’altra persona: Ludovico Vernagallo, cugino del marito. Con Ludovico, Laura intrattenne una lunga e appassionata relazione d’amore. La notizia di tale relazione arrivò alle orecchie del padre di Laura, il barone di Trabia Cesare Lanza, che, non tollerando l’adulterio della figlia, la uccise insieme all’amante, il 4 dicembre 1563. Secondo la tradizione, Laura, colpita al petto, si toccò la ferita e, appoggiandosi al muro del castello con la mano, vi lasciò un’impronta. La leggenda vuole che proprio ogni 4 dicembre l’impronta della mano insanguinata della baronessa compaia su un muro del castello di Carini.

Janet Agren e Ugo Pagliai

La tragica vicenda di Laura Lanza entrò subito nell’immaginario collettivo, come si evince da quest’antica ballata popolare che narra l’assassinio della baronessa: “Chianci Palermo, chianci Siracusa, a Carini c’è lu luttu p’ogni casa. ‘Signuri patri chi vinisti a fari? Signura figghia, vi vegnu a’ ammazzari’… Lu primu corpu la donna cadìu, l’appressu corpu la donna murìu, nu corpu a lu cori, nu corpu ntra li rini … Povera barunissa di Carini”.

Ma l’assassinio della baronessa non fu subito di dominio pubblico: le potenti famiglie Lanza e La Grua-Talamanca zittirono le voci che denunciavano la morte violenta della donna. Il vedovo si risposò subito, rinnovando alcune stanze del castello e cancellando le tracce che potevano ricordargli la prima moglie. Cesare Lanza, il padre della povera baronessa, avrebbe scritto una lettera di confessione  – forse ancora custodita nell’archivio della chiesa madre di Carini – addirittura al re di Spagna Filippo II. Ma, grazie alle leggi allora vigenti, il padre omicida fu assolto; e poco tempo dopo fu addirittura  insignito del titolo di conte di Mussomeli.

Oggi, cara Laura, daremmo un nome ben preciso alla tua tristissima storia. La chiameremmo “femminicidio”.  Allora il 25 novembre, giornata internazionale per  l’eliminazione della violenza contro le donne, a 456 anni dal tuo assassinio, ricorderemo anche te, povera baronessa di Carini …

Maria D’Asaro

 

 

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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