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Se la scuola diventa luogo di violenza

di | 2019-01-11T20:09:32+01:00 13-1-2019 6:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

ENNA – Quando in una scuola dell’infanzia si parla di orchi si pensa ad una fiaba, ma non sempre è così. Talvolta questi essere immondi sono irreali. Talvolta sono insegnanti. Talvolta sono nei boschi, talvolta sono nelle aule.
I recenti fatti di maltrattamenti a danno di bambini piccoli mostrano come il fenomeno della violenza negli asili sia piuttosto diffuso in Italia, da nord a sud. L’ultimo risale a pochi giorni fa in una scuola materna della zona dei Castelli romani: alcuni genitori preoccupati per i lividi e i malesseri manifestati dai propri figli, nonché per le crisi di pianto insolite, hanno segnalato alle autorità competenti i loro sospetti. I carabinieri hanno avviato le indagini e installato le microcamere all’interno delle sezioni. Le immagini filmate mostrano scenari di violenza che hanno provocato sdegno e rabbia nell’opinione pubblica e tanto dolore nelle famiglie oltre a danni psicologici non indifferenti nei bambini che superano di gran lunga i lividi.

 

Solo negli ultimi mesi dell’anno appena passato si sono registrati episodi analoghi: il 14 settembre a Montale (Pistoia); il 26 ottobre a Capurso (Bari); il 29 novembre a Pero (Milano); il 10 dicembre a Cerignola (Foggia). Stesso copione: schiaffi, spintoni, urla, calci, offese. Stessi personaggi: insegnanti maneschi, alunni pestati. E se la violenza inorridisce sempre, quando è rivolta agli indifesi (che siano piccoli o grandi, vecchi o bambini, sani o malati) allora è il male assoluto. Una sorta di cancro nella società.

 

È terribile vedere un bambino tirato a forza dalla seggiola, portato nella stanza buia mentre l’insegnante sversa, come un torrente in piena, offese e insulti e il piccolo sa che se piange talvolta è peggio, allora impara a tenere lo sguardo basso, a ricacciare indietro le lacrime e anche un conato di vomito perché ha sperimentato che potrebbe anche correre il rischio di mangiarselo.

 

Per questa ragione si chiede a gran voce che vengano installate le telecamere nei centri socio-assistenziali che ospitano gli anziani o i disabili e negli asili e scuole d’infanzia e che venga fatto presto. La Camera ha già approvato la proposta di legge a sostegno della sicurezza in questi luoghi per arginare il fenomeno del maltrattamenti e delle violenze, ma l’iter legislativo è ancora lungo e prevede costi altissimi affinché la norma diventi operativa.

 

Intanto è opportuno che il legislatore pensi anche ad una seria riforma sul reclutamento degli insegnanti perché non basta superare un concorso per esami e titoli (talvolta neanche quello), non basta verificare che il futuro docente conosca i programmi, le leggi, che sappia cos’è un PTOF , un PDP o abbia imparato a menadito le linee pedagogiche della Montessori o letto la versione integrale dell’Emilio di Rousseau, è indispensabile che si valuti l’attitudine alla docenza, il profilo psicologico, il suo essere persona.

 

Un insegnante non può limitarsi solo al rispetto di un codice deontologico, deve anche possedere delle qualità: deve essere aperto e amorevole, flessibile e autorevole; deve essere guida certa e sostegno, accogliente, un po’ mamma, un po’ papà, un po’ compagno di gioco ed educatore. Ma se un maestro o una maestra danno schiaffi, sferrano calci, ruttano rimproveri e offese, allora non sono maestri, non sono degni di questo nome e di stare in una scuola. Perché essere maestri è un’altra cosa.

 

Tania Barcellona

 

Nella foto di copertina, un fotogramma delle violenze consumate in una scuola materna

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