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Scuola, prof, didattica a distanza: bugie e luoghi comuni

di | 2021-01-02T13:07:24+01:00 3-1-2021 6:20|Attualità, Sezione 5|2 Comments

ROMA – Quale scuola uscirà dall’esperienza della didattica a distanza lo potremo vedere solo tra anni ma il signor Giorgio Fantino, con la sua lettera del 26 dicembre pubblicata su www.latecnicadellascuola.it crede di saperne più di tutti. Beato lui. Al momento i cambiamenti rapidissimi ai quali dirigenti, docenti e studenti hanno dovuto e dovranno adattarsi sono stati talmente tanti e improvvisi – perché dovuti ai grafici relativi al contagio del Covid 19 – che stare qui a spiegare non basterebbe a far capire veramente cosa ha significato in questo ultimo anno insegnare: a volte i prof si sono dovuti misurare anche con procedure burocratiche farraginose che hanno dovuto coniugare con una didattica già faticosa di per sè. Anche e non solo per questo prevedere quale sarà l’effetto finale sull’istruzione nel nostro Paese non è possibile.

Lo sforzo di mantenere in piedi un’idea di scuola che fosse presente ogni mattina a scandire le ore dei giovani italiani, a mantenerli sotto la propria egida e ad impedirne in molti casi l’abbandono, da marzo dell’anno scorso ad oggi è stato enorme e capillare. Con circolari diramate ad ogni ora del giorno per attuare le disposizioni governative, l’istituzione scolastica attraverso gli insegnanti è entrata nelle case degli italiani ed ha utilizzato tutte le sue prerogative per arrivare in tutte le situazioni, anche difficilissime, talvolta per scovarle anche laddove i segnali di disagio erano flebili, quasi impercettibili. Insomma, checché se ne dica, la classe insegnante si è ritrovata di colpo, circa un anno fa, ad essere in servizio h24 e con competenze a volte attribuitele d’urgenza. E’ avvenuto automaticamente quando l’isolamento e la chiusura delle scuole hanno richiesto l’attivazione di tutti gli strumenti per mantenere viva la comunicazione con la comunità che, proprio per questo, non è stata mai abbandonata. Ecco perché, oltre all’utilizzo di varie piattaforme attive da subito per svolgere lezioni video, è stata quasi naturale la “concessione” agli alunni, da parte dei docenti, anche del proprio numero di telefono affinché, per ogni problema, non si perdesse mai il contatto. Anche alla vita privata, quindi, addio.

Studenti e docenti così, dall’inizio dell’emergenza, sono stati connessi tra loro su vari fronti e lo sono ancora con messaggi, chat e videochiamate quando in altro modo non si riesce, o non basta, a capirsi. La privacy dei prof, non si può negare, si è ridotta all’osso. Insomma, perdersi tra le tante vie virtuali, per un alunno, è stato difficile a meno che non lo volesse, come sicuramente qualche alunno avrebbe ed ha voluto. Ma alle famiglie non sono mai mancate le segnalazioni di entrate e uscite “sospette” dalle lezioni, magari proprio al momento della chiamata per l’interrogazione oppure proprio nel bel mezzo di questa, appena posta una domanda “scomoda”. Quanti alunni hanno “perso” la connessione alla richiesta di spiegare l’ablativo assoluto o di risolvere un problema di matematica e non sono più ricomparsi in video se non il giorno dopo? Tanti.

Ma il fatto più saliente è stato che altrettanti genitori, ricevuta la segnalazione da parte del prof, prontamente hanno levato gli scudi in difesa del figlio che “si era sentito male”, o aveva avuto “un attacco di panico”, o ancora aveva avuto “problemi con internet”. Quanta fatica! Che stanchezza! E dunque: quale scuola ne uscirà? Dirlo è difficile. Molto sarà dipeso dagli insegnanti, certo, da quanto saranno riusciti, nelle difficoltà che non sono state poche, a trasmettere a quelle 27-30 faccine che comparivano e scomparivano sul net, che chiedevano continuamente di ripetere il concetto, che non sentivano o non volevano sentire la lezione. E sarà stato fondamentale l’impegno di ciascuno studente nel volerlo mantenere, quel filo con la scuola e con il suo professore. Ma molto di più sarà dipeso da certi genitori come il signor Giorgio Fantino che, nella lettera del 26 dicembre, chiede che siano decurtati gli stipendi dei docenti “che non vogliono tornare a scuola il 7 gennaio”. Non si capisce a quale realtà faccia riferimento l’arrabbiatissimo firmatario della provocatoria missiva. Ma di chi parla, costui? Molti docenti, infatti, sono stanchi di lavorare con fatica da casa, è vero. E sono anche preoccupati, legittimamente, per un rientro in piena emergenza sanitaria. Si dà il caso, infatti, che i prof siano umani e il contagio da Covid non se lo sono inventati loro.

Ma Fantino ci dà giù sulla base, probabilmente, di una statistica che sta solo nella sua testa. “Lorsignori, belli comodi con il loro stipendio pubblico, preferiscono rimanere a lavorare da casa, infischiandosene degli evidenti limiti della didattica a distanza, che penalizzano la nostra risorsa più grande: i ragazzi, il nostro futuro”. Non contento, egli rincara la dose parlando della necessità di concorsi per selezionare “i più preparati e motivati, meglio se giovani e con voglia di lavorare”. Perché finora, secondo lui, i docenti non hanno lavorato. E poi, esperienza e maturità per il signor Giorgio Fantino, che ragiona per convinzioni becere contro una categoria che fa sempre da capro espiatorio per gli squilibri della società, non valgono nulla. A scuola, lui, ci vuole solo i giovani perché quelli con più anni, probabilmente, li vede già corrotti e pronti a mettersi in cattedra senza fare nulla. Ma il signor Fantino saprebbe spiegare come si fa a gestire una classe – a distanza o in presenza – senza lavorare? Sarebbe interessante saperlo e magari un giorno potrebbe provare lui stesso.

Quale scuola uscirà dall’esperienza dell’ultimo anno non può, quindi, dirlo ancora nessuno e neanche lui. Molto dipenderà anche da quanto ogni famiglia avrà contribuito a mantenere l’autorevolezza di questa istituzione non intromettendosi nel lavoro delicato degli insegnanti in questo momento ma, al contrario, difendendoli, affidando loro i figli con fiducia e non mettendoglieli contro. Perché se a lungo la scuola ha avuto delle falle e se in futuro non funzionerà, molto sarà dipeso anche da questi errori di certi genitori che parlano ai figli degli insegnanti come di una categoria di fannulloni. E quindi grazie, signor Giorgio Fantino, per averci confermato questa tragica realtà fatta di pregiudizi come i suoi e sui quali la didattica – in presenza, a distanza, innovativa, e con tutti gli aggettivi che vuole – purtroppo può influire ben poco.

Gloria Zarletti

2 Commenti

  1. Francesca Mossini 3 gennaio 2021 at 9:40 - Reply

    Eccellente articolo. Verissimo e pertanto condivisibilissimo

  2. Francesca Mossini 3 gennaio 2021 at 10:30 - Reply

    Bravissima!Smentita assoluta di luoghi comuni-fake news nei confronti di chi si è sempre impegnato, e più del dovuto, pagando sempre le tasse come è giusto che sia

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