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Quando la schedina faceva sognare…

di | 2018-12-07T08:57:01+01:00 9-12-2018 6:00|Attualità, Sezione 1|2 Comments

ROMA – Ci sono oggetti che sembrano esistere da sempre: basta guardarli e subito sono capaci di evocare un aneddoto, un ricordo, un’emozione nella memoria di ciascuno. Per milioni di persone, la schedina inventata da Sisal, con le sue colonne e i suoi iconici 1X2 è il simbolo di tutti i sogni fantasticati tentando la sorte.

 

Era il lontano 1946 e la guerra era finita da poco quando nasceva il Totocalcio, il gioco che diede a tutti gli italiani la possibilità di un futuro migliore. Allora non c’erano i gratta e vinci e tutti i giochi che vengono proposti oggi a ritmo sempre più incessante, come se la vincita in uno di questi concorsi sia la sola speranza riservata agli italiani, in questi anni di crisi sociale, economica e politica. All’epoca la  domenica era sacra. Alle tre del pomeriggio, dopo il lauto pranzo domenicale con tutta la famiglia estesa (altra tradizione scomparsa: oggi è facile che una famiglia, la domenica all’ora di pranzo, la si trovi a comprare cose che non servono e a mangiare la pizza al centro commerciale), si accendeva la radio, si cercava la stazione e ci si collegava a ”Tutto il calcio minuto per minuto”. Le partite si ascoltavano alla radio, in compagnia di altri familiari (padri, zii, nonni), in religioso silenzio, dalla voce dei radiocronisti dell’epoca con l’immancabile: “Scusa Ameri… a te Ciotti”, con la schedina sottomano a segnare i risultati con la matita. Anche sugli spalti degli stadi era facile incontrare chi guardava la partita con la radiolina all’orecchio e la schedina in mano, in attesa del concatenarsi positivo di risultati.

 

Il “13” era il sogno di tutti gli italiani, che ne parlavano al lavoro, al bar, dal barbiere, a scuola. Tutti facevano pronostici e si inventavano improbabili sistemi, a loro dire di sicuro vincenti. Nei primissimi anni c’era anche qualcuno che, in buona fede, scriveva sul retro della schedina cognome, nome e indirizzo. Ma con il passare del tempo gli italiani si fecero furbi e magicamente dimenticarono di scrivere i loro dati nel retro della schedina, dando così ila via alla caccia al vincitore misterioso. Tutti ne parlavano, con i telegiornali ancora in prima fila. Servizi alla caccia del vincitore misterioso, alla stregua di un supereroe americano.

 

La schedina diventa così il simbolo di un epoca, di un miracolo ancora possibile, ci accompagna negli anni sereni e in quelli difficili. Sarà nostra buona compagna fino agli anni Novanta, quelli che vedranno la sua fine e la fine del calcio romantico e passionale che abbiamo amato. Su quel foglio sono passati migliaia di immagini che appartengono alla memoria dell’Italia e degli italiani: dai momenti trascorsi con l’orecchio alla radiolina, alle file in ricevitoria per rincorrere un sogno capace di cambiare la vita.

 

È tra queste immagini che appare la storia di un’Italia che per la prima volta si unisce tutta attorno a un gioco, una storia che immancabilmente evolve nel tempo, ma in cui la schedina è sempre presente, sapendo capire, cambiare e adattarsi alle mutazioni che stavano e stanno ancora avvenendo. Sono tante le storie da raccontare, tutte originali, tutte italiane. Quei foglietti a colonne dove all’inizio c’era scritto Totocalcio, poi Totip e oggi Superenalotto sono intrisi di ricordi ed emozioni, storie piccole e storie grandi. Storie nate per gioco e che parlano a ciascuno di noi.

 

Rispetto ai tempi della schedina, oggi è cambiata anche la copertura televisiva degli incontri: le decine di telecamere a bordo campo consentono di ammirare ogni gesto tecnico da diverse angolazioni; il palinsesto  si è ampliato tanto che ora si può scommettere in diretta su qualsiasi evento. Il risultato del primo tempo, la somma totale dei gol, se il numero di quest’ultimi sarà pari o dispari… Il tutto con quote di scommessa variabili, in tempo reale.

 

Nel corso degli anni l’unica cosa che non è cambiata è l’imponderabilità del risultato finale che in fondo è l’aspetto più bello dello sport. Di diverso è che forse ci si sente un po’ più esperti e magari anche un po’ più fortunati. Sono passati gli anni, quei tempi sembrano lontani come quelle domeniche  in bianco e nero passate con la radiolina all’orecchio e la schedina in mano, quando non c’erano  anticipi o posticipi quando la domenica c’era “la partita di pallone” perché, all’epoca, le partite si giocavano sempre e solo di domenica e tutte iniziavano alla stessa ora lasciando il posto al calcio di plastica ed agli imprenditori squali

 

Che nostalgia della vecchia schedina e del pallone di cuoio con i rombi neri che, rotolando sul prato, faceva sognare…

 

Adele Paglialunga

2 Commenti

  1. Catia 9 dicembre 2018 at 23:38 - Reply

    I proverbi non sbagliano mai….era mejo quando era peggio!!!!!
    Bell’articolo complimenti Adele 😘

  2. Ennio 10 dicembre 2018 at 8:04 - Reply

    Complimenti ci hai fatto tornare indietro nel tempo, che bello! !!!!

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