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Si impara da ragazzi, si insegna da genitori

di | 2018-04-21T12:32:47+02:00 22-4-2018 7:05|Prima Pagina, Punto e Virgola|0 Commenti

I fatti sono noti e abbondantemente divulgati tramite i tradizionali mezzi di comunicazione e soprattutto attraverso i social media. E purtroppo in costante aumento, come se la conoscenza di certi episodi solleciti all’emulazione e provochi un diffuso senso di impunità. Si parla delle aggressioni (non solo verbali) di alunni nei confronti di insegnanti. fatti esecrabili ai quali si aggiunge, sovente, il sostegno dei genitori verso i propri figli, qualunque nefandezza abbiano commesso. In sintesi estrema, un totale disprezzo verso ogni autorità educativa, siano insegnanti o allenatori di calcio di una squadra giovanile.

Perché accade tutto questo? Per una ragione assai semplice: non si riconosce più il loro ruolo e si tenta con ogni strumento di piegarli nel tentativo di assecondare la prestazione dei propri figli che hanno sempre ragione e che non possono essere messi in discussione. Se un ragazzo va male in una materia o, più generale, il suo rendimento scolastico è mediocre, la “colpa” è di chi non sa fare il mestiere di insegnante; e se un giovane atleta non sfonda nel dorato mondo del pallone bisogna prendersela con qualcuno perché lo fa giocare 3 minuti di meno o non ne sa sfruttare adeguatamente le caratteristiche. Molti papà, ma anche mamme, ritengono di allevare in casa il futuro Totti o il nascente Buffon o il novello Del Piero: stupidaggini, senza possibilità di alcun tipo di giustificazione.

La contrapposizione sempre più diffusa tra l’autorità educativa e l’autoritarismo genitoriale è devastante per la nostra società in quanto mina alla radice uno dei principi fondanti per far crescere i nostri figli: le regole sono un ostacolo da superare e valgono per gli altri, mentre l’insegnante e l’allenatore non vengono considerati un alleato con cui collaborare in un naturale e corretto rapporto di fiducia educativa. Insomma, sta andando in crisi l’alleanza tra scuola e famiglia e soprattutto l’accettazione da parte dei ragazzi del fatto che qualcuno indichi loro gli errori e, insieme, la capacità di superare gli impedimenti, riconoscendo i propri limiti.

Sostenere a prescindere le ragioni dei propri figli dimostra che questi genitori non sono capaci di accettare le loro sconfitte. Quando questo avviene, significa in modo chiaro che i fallimenti dei figli vengono vissuti come personali, cioè come l’incapacità di essere buoni padri e buone madri. Sembra che l’obiettivo principale di questi genitori sia quello di assicurare ai ragazzi una vita di affermazioni positive e di vittorie senza sudore. Il ragionamento è semplice: se mio figlio perde è colpa tua e se mio figlio sbaglia tu non hai alcun diritto di rimproverarlo. Perché così facendo tu rimproveri me e, soprattutto, non posso accettare in alcun modo una sua sconfitta perché diventa una mia sconfitta. Aberrante e intollerabile.

Mettere in discussione e mortificare l’autorità educativa (proprio quella che, insieme alla famiglia, dovrebbe sostenere e guidare il percorso di crescita dei ragazzi, facendoli diventare cittadini responsabili e consapevoli dei propri diritti e doveri) è un danno incalcolabile per l’intera società, il cui peso si continuerà a sentire per decenni. Riconoscere i propri errori e accettarne le conseguenze è uno degli strumenti con cui si diventa cittadini. Si possono educare i figli in tanti modi differenti ma una cosa li deve accomunare tutti: comprendere e tollerare i propri limiti non è un segno di debolezza ma è un atto etico e di onestà da cui non si può prescindere. Perché si impara da ragazzi ciò che poi si insegna da genitori.

Buona domenica.

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