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Natalia Ginzburg, lessico famigliare

di | 2020-07-12T06:45:51+02:00 12-7-2020 6:10|Cultura, Sezione 3|0 Commenti

PALERMO – Che libri o e/book leggere quest’estate in spiaggia, in montagna o, semplicemente, nel terrazzino di casa? Non mancano certo le proposte, nell’affollato e variegato universo della narrativa contemporanea, italiana e straniera. A partire dai sei romanzi finalisti del premio Strega, assegnato poi a Sandro Veronesi con “Il colibrì”.

Il presidente della Repubblica Sandro Pertini con la scrittrice Natalia Ginzburg

Ma se si ha voglia di conoscere, o rileggere, autori del ‘900, si potrebbe prendere in mano: “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg, col quale nel 1963 la scrittrice vinse  il Premio Strega. “Lessico famigliare” è un classico che va bene per tutte le età: in esso la Ginzburg racconta la storia della sua famiglia di origine, composta da papà, il professore Giuseppe Levi, insigne luminare di anatomia comparata; dalla mamma, Lidia Tanzi “con quella sua natura così lieta, che investiva ed accoglieva ogni cosa, e di ogni cosa e di ogni persona rievocava il bene e la letizia, e lasciava il dolore e il male nell’ombra, dedicandovi appena, di quando in quando, un lieve sospiro”; da cinque figli: Gino, il maggiore “che si interessava di storia naturale, di cristalli e d’altri minerali, ed era molto studioso; e quando tornava a casa dopo un esame, e diceva che aveva preso trenta, mio padre chiedeva: ‘Come è che hai preso trenta? Come è che non hai preso trenta e lode?’, Mario e Alberto, che litigavano spesso: Mario “con gli occhi piccoli, stretti e lunghi, da cinese”, Alberto “che passava le giornate o sui campi di foot-ball, da cui tornava sudicio, a volte con le ginocchia o la testa insanguinate e bendate: o in giro con i suoi amici […] di noi, il più comunicativo, espansivo ed allegro”, la sorella Paola, con la sua malinconia e la predilezione per Proust e Verlaine.

E poi c’è lei, la figlia più piccola, Natalia, che a un certo punto del libro di memorie, scrive: “Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo ora in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero; e non ci scriviamo spesso. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. […] Una di quelle frasi o parole, ci farebbero riconoscere l’uno con l’altro, nel buio d’una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici degli egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d’un nucleo vitale che ha cessato d’esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo”.

E allora, leggendo o rileggendo “Lessico famigliare” si familiarizza non solo con l’indimenticabile famiglia Levi, della quale, grazie al tocco leggero e sapiente di Natalia, ci si sentirà magicamente di far parte; ma si farà anche un suggestivo e intrigante viaggio nel tempo, nel clima della Torino degli anni venti e trenta, della quale si conosceranno sfumature e aspetti inediti: il deciso e coraggioso antifascismo di papà Beppino consentirà di intravedere Filippo Turati, per una decina di giorni ospite  nascosto in casa Levi, prima di riparare fuggitivo in Francia; si vedrà di sfuggita un giovanissimo Gian Carlo Pajetta in calzoni corti, amico di Alberto, e un coraggioso Vittorio Foa. E Natalia non mancherà di presentarci anche l’imprenditore Adriano Olivetti, futuro marito di Paola, e un già inquieto Cesare Pavese.

Se vorremo farci un’idea più completa dello stile e dello spessore narrativo di questa scrittrice, non potranno mancare, sotto l’ombrellone, in campagna o accanto alla nostra poltrona preferita, le raccolte di saggi “Le piccole virtù” e “Mai devi domandarmi”, la cui prima edizione del 1970 fu accompagnata da un risvolto di Enzo Siciliano che scriveva: “Natalia Ginzburg possiede la capacità di comunicare col proprio lettore senza diaframmi. La sua libertà compositiva e la rigorosa unità di fondo legano ogni sua pagina: tanto che il suo discorso […] appare come un continuo, un’opera in progress, nel corso della quale polifonicamente i diversi temi – dalla vita di casa alla vita in pubblico, dall’esperienza dell’arte a quella del pensiero – si rincorrono, si incastrano ‘musivamente’ fra loro così da comporre un quadro sottilmente elaborato, dalla precisa filigranatura. E poi la presa immediata sul lettore: quasi una virtù medianica attraverso cui Natalia Ginzburg arriva a toccare certe ansie nascoste, certi bisogni di luce che si annidano dentro l’anima di tutti. E dentro le pieghe delle emozioni ella sa muoversi inavvertibilmente, trovando subito la parola giusta, o nella parola da altri pronunciata una verità che nessuno vi sospetterebbe”.

Buona lettura dunque e grazie di cuore alla cara Natalia Ginzburg, palermitana di nascita: infatti, anche se vissuta dai tre anni in poi a Torino, la scrittrice nacque a Palermo il 14 luglio del 1916, poiché il padre allora insegnava nell’ateneo universitario del capoluogo siciliano. Proprio davanti alla casa dove è nata – in una palazzina di Via Libertà, angolo Via Tommaso Gargallo – alla presenza del figlio Carlo, nel 2016, in occasione del centenario della sua nascita, è stata installata una targa per onorarne la memoria.

Maria D’Asaro

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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