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Martinelli e la passione per la canapa indiana

di | 2020-07-26T13:57:49+02:00 26-7-2020 6:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

ROMA – La vita, per Marco Martinelli, è l’ espressione di una serie di connessioni con ciò che lo circonda e questo fa di lui un personaggio fuori dal comune che il suo senso della vita lo ha trovato nella musica e nell’amore per la marijuana. Sì, sì, proprio quella pianticella con le foglioline lunghe e seghettate conosciuta anche come canapa indiana o cannabis e presente molto spesso nelle cronache e nelle discussioni politiche. In poche parole quella bollata spesso come “droga”. Ebbene Martinelli, che ha 28 anni ed è biotecnologo, con altri tre giovani ha avviato nel seno dell’Università Sant’Anna di Pisa, l’azienda dal nome “Canapisti” che si occupa proprio di ricerca, sviluppo e coltivazione di questa pianta tanto preziosa ma purtroppo demonizzata a causa di una informazione superficiale e distorta.

Eppure noi “siamo” cannabis. Il giovane scienziato lo ribadisce spesso nelle sue interviste e ora anche in un libro che sarà pubblicato a settembre. “L’uomo ha un sistema cannabinoide – spiega – e quindi è connesso naturalmente con questa pianta dalla quale può trarre, per questo, molto beneficio”. In molte cose, secondo gli studi, la cannabis somiglia all’uomo. Per esempio nel fatto che può essere maschio o femmina ma soprattutto perché come l’uomo può subire vessazioni e censura. “Sì – assicura Marco – è proprio così. Nei confronti di questa pianta è da sempre in atto una sorta di mobbing”. Tutta colpa della politica, secondo lui, che si serve di questa pianticella come strumento di guerre tra fazioni per captare il consenso approfittando di una informazione farraginosa e di una legge poco chiara. “Legge che per buco legislativo – fa osservare Marco – ha portato alla chiusura dei negozi preposti alla sua vendita”.

E quindi quell’anatema che periodicamente si è abbattuto sulla pianticella verde dalle foglie seghettate è tornato a confondere le acque, a non farci capire niente, con l’aiuto di molti demagoghi che spesso ne parlano a vanvera. “Con conseguenze gravi – sottolinea lo scienziato – per un settore dell’economia che non ce la fa a decollare”. Oltre a farcisi le “canne”, infatti, con la marjuana si possono fare molte altre cose. E’ necessario, però, che non perduri la confusione che regna su di essa. “Innanzitutto bisogna distinguere tra le varietà di cannabis – spiega Marco – e sapere che ha diversi principi attivi utilizzabili per scopi diversi”. La marijuana o canapa indiana o cannabis che dir si voglia, infatti, ha diverse varietà e diversi principi attivi ma per legge è utilizzabile solo quella che contiene CBD , un ansiolitico che può sostituire in modo naturale le benzodiazepine (Xanax, Lexotan, En). A causa di una carenza nella legge, invece, risulta illegale la varietà che contiene THC, che potrebbe sostituire i farmaci nella terapia del dolore (per esempio per i pazienti oncologici). Ed è proprio qui il problema: la pianticella contenente il THC la può coltivare solo l’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze, con il risultato che la quantità prodotta non è sufficiente a colmare la richiesta.

L’azienda “Canapisti”, che al momento è molto attiva, ha preclusa però quest’ultima attività e può occuparsi solo della produzione di piante per la fibra e per gli olii. “E’ una grave perdita per la nostra azienda e per tutta una parte di questo settore che non ce la fa a decollare – lamenta Marco – noi abbiamo i terreni per la coltivazione ma siamo fermi a causa di un buco legislativo, di un equivoco”. Un equivoco che c’è da sempre sulla canapa, tirata fuori da detrattori o sostenitori a seconda del momento e quindi su questo argomento sarebbe necessario dirla tutta, lasciando da parte gli interessi particolari. “Bisogna chiarire la sua destinazione d’uso”, afferma il biotecnologo, giovane ma con le idee ben chiare sulla propria professione e sulla vita, legata indissolubilmente con tutto ciò che possa darle un senso.

Marco Martinelli con Valerio Lysander

E qui viene l’aspetto musicale di Marco Martinelli che lo connota tanto quanto la scienza e la ricerca. Il giovane non canta solo per hobby. Da anni si esibisce in concerti e dal 2014 ha avviato una collaborazione con Mariella Nava e il produttore Antonio Coggio. La musica per lui è un altro campo di ricerca, dove sperimenta le sue connessioni con l’universo: le note e i rapporti con le persone. Ha pubblicato diverse canzoni scritte dalla stessa Mariella Nava ma anche da Carlo Mazzoni, Mimmo Cavallo ed ha partecipato a trasmissioni televisive tra le quali “Forte forte forte” con Raffaella Carrà. Ma c’è un’ultima esperienza artistica che Marco Martinelli sta vivendo in questo momento ed è la collaborazione con il cantautore Valerio Lysander, italiano che vive a Londra, che ultimamente è entrato anche lui nella scuderia della Nava e forse questo può significare il ritorno nella sua terra d’origine. Lysander, poi, l’ha cantata con lui, quella canzone (si può ascoltare su You Tube o Spotify), arricchendo lo stile già accattivante di Marco con le sue sfumature folk e raffinatissime, derivanti dalle diverse contaminazioni ricevute nei suoi anni anglosassoni “Che devo dire? –  chiede Marco -. Ogni cosa che faccio fa parte di una unica grande esperienza, di una ricerca anche interiore. L’incontro con Valerio è stato magico e sono sicuro che l’esperimento darà buonissimi risultati, sia a livello umano che artistico”.

Gloria Zarletti

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