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Le nuove strategie contro il terrorismo

di | 2020-11-20T13:12:48+01:00 22-11-2020 6:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

PERUGIA –  Tre mesi fa, 7 agosto. Ore 21, Teheran. Una Renault L90 Logan di colore bianco avanza lungo una strada della capitale senza fretta. A bordo due persone: un uomo maturo ed una giovane donna. Una moto, con due soggetti in sella, compie una normale manovra di sorpasso. Mentre il bolide a due ruote sfila all’altezza del finestrino di guida, il passeggero esplode cinque colpi di pistola. Silenziata. Quattro vanno a segno sui corpi delle vittime, che si accasciano. La vettura prosegue, lentamente. la sua corsa poi, ormai senza guida, si arresta. La moto sfreccia via. Nessuno, sulle prime, si accorge di nulla, nessuno si rende conto di quanto è successo. Sono morti così Habib Daoud, 58 anni, libanese, professore di storia e sua figlia, Maryam, 27 anni. Lui sarebbe un Hezbollah sciita da anni in Iran. Questo almeno riportano i quotidiani iraniani qualche ora più tardi.

Ora, a tre mesi di distanza, il Nyt (New York Times) propone, sulla scorta di fonti ufficiali qualificate, un’altra versione, sulla identificazione delle vittime: l’uomo sarebbe Abdullah Ahmed Abdullah, nome di battaglia Abu Muhammad Al Masri, 57 anni, di Al Gharbiya, Egitto, numero 2 di Al Qaeda; la donna, sua figlia, Myriam, 27 anni, fresca vedova di Hamza Bin Laden, figlio di Osama. Le autorità iraniane hanno bollato la notizia fornita dal Nyt come “una pura invenzione”. Su Al Masri – considerato il braccio operativo di Ayman Muahmed Rabie Al Zawairi , 69 anni, egiziano di Maadi, leader di Al Qaeda e successore di Osama (con sulla testa una taglia di 25 milioni di dollari e che, secondo recenti lanci giornalistici sarebbe morto o gravemente malato, nascosto tra le montagne dell’Afghanistan orientale) – le autorità statunitensi avevano posto una taglia di 10 milioni di dollari.

Osama Bin Laden

Lo ritenevano, infatti, l’organizzatore e la mente degli attentati terroristici delle ambasciate Usa di Kenia e Tanzania del 7 agosto 1998 (notare la ricorrenza del duplice omicidio con la data degli attentati) in cui persero la vita 224 persone e in cui altre diverse migliaia restarono ferite in modo più o meno grave. Insomma una vendetta di Stato, eseguita, per conto terzi, da due killer del Mossad, ingaggiati allo scopo.

Due “bounty killer” – per dirla col linguaggio del selvaggio West – che ora, se sono riusciti a lasciare in tempo il paese degli ayatollah sunniti, riscuoteranno la ricompensa finanziata dalle norme statunitensi. Continuano dunque, senza sosta, le operazioni di individuazione, di localizzazione e di distruzione dei responsabili delle azioni di Al Qaeda e di altri gruppi terroristici, che hanno macchiato di sangue il mondo, prima e dopo l’immane strage delle Torri Gemelle nel 2001 secondo la strategia messa a punto dai governi che si sono succeduti negli Usa. Per mettere a segno le vendette mirate opera un gruppo consistente di analisti e di esecutori, statunitensi e non, che lavorano con l’ausilio dei più raffinati sistemi spionistici e con apparecchi di altissima tecnologia.

Nel quadro di questa strategia, tanto per fornire un quadro degli ultimi mesi, è stato colpito nel settembre del 2019, il figlio Hamza, 30 anni – nato a Gedda in Arabia Saudita, dal capo di Al Qaeda Osama Bin Laden e dalla terza moglie (ne aveva quattro) Khairiah Sabal – raggiunto da un missile teleguidato mentre si trovava in Afghanistan. In modo analogo é stato eliminato, il 3 gennaio di quest’anno, il generale Qassem Souleiman, una delle figure di maggior spicco di tutto il Medio Oriente, capo del Quds (forze speciali delle Guardie della Rivoluzione), mentre viaggiava a bordo di un corteo di auto, centrato da un razzo indirizzato sul bersaglio, in maniera chirurgica, da un drone. Per quest’ultima azione l’Iran fece immediatamente circolare il suo monito di una “dura vendetta” contro gli Usa.

Dopo il piano del democratico Barak Obama del 2011 mirato su Al Quaeda, durante la presidenza Donald Trump, repubblicano, la strategia della “guerra al terrorismo” è stata allargata all’Iran, alla Corea del Nord, alla Siria, al Sudan ed a tutti i gruppi della galassia estremistica. Il cerchio infinito dell’occhio per occhio, dente per dente, continuerà a mietere le sue vittime, colpevoli o innocenti che siano, su un fronte e sull’altro, come si è dolorosamente visto in Francia, Inghilterra e nei giorni scorsi a Vienna, in Austria.

Insomma una “guerra sporca”. E senza fine.

Elio Clero Bertoldi

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