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Le maschere non celano il mistero della Vita

di | 2020-01-25T11:43:02+01:00 26-1-2020 0:37|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

VITERBO – È una festa strana il Carnevale: quella dell’allegria per eccellenza e proprio l’obbligo e l’impegno a tutti i costi del divertimento inducono invece uno stato di sottile angoscia. I festeggiamenti hanno origine lontana, forse derivano dalle antiche feste religiose pagane, in cui si faceva uso delle maschere per allontanare gli spiriti maligni. Le maschere tradizionali sono da sempre usate per dare un’altra identità a chi le indossa. Tuttavia il carnevale ha in sé anche una componente di tristezza in contrasto con l’allegria forzata e il divertimento che animano le strade nei giorni di festa. La malinconia, per non dire l’inquietudine, del Carnevale non è una vana considerazione tanto che proprio il regista Federico Fellini, maestro di un cinema unico e irripetibile, nel suo film “I Vitelloni”, individuò in una festa di Carnevale uno dei punti salienti a rappresentare le svolte decisive nella vita.

C’è molta tristezza in un livido mattino invernale, dopo che s’è trascorsa la notte nella frenesia del divertimento, a vedere uno dei protagonisti del film, camminare barcollando, ebbro, travestito da donna, mentre trascina un mascherone di cartapesta, quasi incosciente di sé e della sua storia, sospeso tra la realtà e il sogno che si è mostrato sbagliato, tanto da lasciarlo  solo e triste. Questo senso di festa, anzi questa intimazione al dover far festa, tra coriandoli e fischietti, permette di essere e di interpretare chi vogliamo e permette di mettere in evidenza che il problema della vita è la voglia di entrare nella realtà non con un desiderio, bensì con una speranza. Con l’illusione che una scelta affettiva ci “salvi”, ci risolva la fatica della vita cercando di risolvere l’esistenza piuttosto che viverla; e così ogni decisione diventa, in quest’ottica, questione di vita o di morte preoccupati solo di interpretare Balanzone o Pulcinella, di far trionfare questo o quell’altro progetto dimenticandoci della natura e dell’ampiezza del desiderio del nostro cuore.

Il Carnevale, lungi dall’essere mero folklore, è sfida al nostro desiderio: puoi essere chi vuoi nella vita, ma non puoi sperare che quello che riuscirai ad essere o a fare risolva il Mistero dell’esistenza. E chi credeva che fossero solo carri e maschere, anche questa volta, si trova davanti un’incredibile e inaudita proposta: vivere con così tanta verità la sfida del Carnevale. Molte persone si travestono e indossano vari costumi con i quali vanno a festeggiare privatamente, nelle piazze o sfilando sui carri ma cosa si nasconde dietro la voglia e il desiderio di indossare degli abiti diversi dal solito, celare il proprio viso dietro una maschera o nel travestirsi da qualche personaggio? Il significato più recondito del mascherarsi è quello di avere la possibilità di togliersi i propri “abiti” per assumere le sembianze di qualcun altro: un modo per infrangere regole, ruoli e convenzioni. Ma può anche nascondere alcuni aspetti psicologici di una persona; quando ci si maschera, si ha la possibilità di assumere le sembianze di qualcun altro, solitamente molto diverso dalla propria identità, esprimendo aspetti che quotidianamente si negano nascondendo una parte del proprio io e mettendo in evidenza un’altra parte di se stessi, spesso tenuta nascosta, esternando fantasie che nella vita di ogni giorno mai sarebbero apparse, per paura di mostrare aspetti di sé sconosciuti.

L’indagine sul rapporto tra Essere e Apparire, tra la forma e l’essenza, tra la persona e il personaggio, è uno dei temi fondamentali affrontati nei testi di Pirandello, il quale costruisce una sorta di metafora dall’atteggiamento assunto dagli uomini. E proprio attraverso di essa spiega come l’uomo si nasconda dietro una “maschera” che non permette di conoscere la sua personalità. La maschera non è altro che una mistificazione, simbolo alienante, indice della spersonalizzazione e della frantumazione dell’io. Nella nostra vita sociale ognuno di noi indossa una numero spaventoso di maschere, da utilizzarsi nelle diverse circostanze che ci vengono imposte dalle convenzioni e dalle norme di comportamento; ebbene, queste maschere rimangono appiccicate addosso al punto da cancellare il nostro io autentico, che si perde con la nostra identità, creando intorno a noi una prigione di falsità da cui si esce solo in due modi: con la follia o tramite la morte.

Adele Paglialunga

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