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Liti, infedeltà e gelosie: è l’amore tra Cinzia e Properzio

di | 2021-01-09T01:19:33+01:00 10-1-2021 6:25|Cultura, Sezione 6|0 Commenti

PERUGIA – Bella e senz’anima? Anche Cinzia con Properzio, come Lesbia con Catullo, si sarebbe comportata in modo altero, insensibile: un momento amante focosa, un altro fredda e distante, una volta tutta passione, un’altra furiosa come una menade. Sfortunati davvero nelle loro “liaison” sentimentali questi poeti latini… Con sicurezza le fonti non dicono se Cinzia sia esistita davvero o sia un parto della fantasia poetica di Sesto Properzio, umbro verace (“L’Umbria mi generò, terra fertile e ricca, là dove essa degrada verso la pianura sottostante”, assicura lui stesso), di cui due centri, Spello e Assisi, si contendono ancor oggi i natali.

Le carte raccontano che prima di Cinzia (i propugnatori dell’esistenza reale della donna, sostengono che si chiamasse, anagraficamente, Hostia), il poeta avesse allacciato un lungo flirt con una schiava di nome Licinna. La relazione con Cinzia sarebbe durata, tra alti e bassi, cinque anni (dal 29 al 24 aC). Dalle Elegie (in quattro libri), opera di grande ed immediato successo del poeta, traspare la storia di un amore per nulla sereno, con battibecchi, bisticci, baruffe, liti (ma l’amore, si dice, non è bello se non è litigarello) fino a toccare, però, infedeltà frequenti e furenti gelosie reciproche.

Properzio (50 aC-14 aC) approda a Roma con rilevanti problemi economici in quanto le proprietà fondiarie del padre erano state confiscate, brutalmente, da Ottaviano ed Antonio e concesse, dai due triumviri, ai veterani che avevano militato e combattuto nei rispettivi eserciti. Una volta entrato, tuttavia, nel circolo del munifico Gaio Cilnio Mecenate, etrusco di Arezzo, il colto letterato cominciò a condurre un’esistenza frivola e di sperperi, tra convivi e festini. Narrano fosse legato da sincera amicizia con Virgilio (di cui annunciò con toni carichi di sentiti elogi la prossima pubblicazione de L’Eneide, assicurando: “oscurerà l’Iliade”) ed Ovidio, mentre pare non sopportasse, ben ricambiato, Orazio. Presto raggiunse una discreta fama se Quintiliano afferma che l’umbro veniva preferito da molti allo stesso Tibullo, il più classico elegiaco latino. Al contrario di quest’ultimo, Properzio, che si definiva “Romanus Callimacus” (il Callimaco romano) seguiva, in poesia, lo stile alessandrino ed i suoi versi abbondavano di citazioni dotte del mito e della storia greca e romana.

Cinzia, a dar retta alle fonti ed all’amante, si presentava come uno splendore: bellissima, bionda, occhi neri, mani nervose e affusolate, elegante e ricercata nel vestire, raffinata nei modi ed anche lei molto colta e scrittrice in versi. Non mancano gli studiosi che la paragonano ad una etèra greca, quelle donne, cioè, capaci di tener fronte, in quanto a cultura, a filosofi e letterati e ben disposte a farsi mantenere da amanti facoltosi e diventare ricche. All’inizio del loro rapporto sentimentale, Properzio vergava per lei parole da innamorato cotto, decise, romantiche, dolcissime: “Per me sta scritto, che non potrò amare un’altra, né staccarmi da lei. Chyntia prima fuit, Chyntia finis erit” (Cinzia è stata la prima – affermazione non sincera, se la prima avventura l’aveva consumata con Licinna, schiava in casa, tra l’altro, dell’amata – Cinzia sarà l’ultima). Ed ancora: “Ogni cosa seppellì il tuo amore e dopo te nessun’altra donna gettò al mio collo le sue braccia, dolci catene…”.

Un rapporto idilliaco, dunque, come quello, tutto baci e coccole, dei “fidanzatini di Peynet”? Niente affatto. Sappiamo dallo stesso poeta della scontrosità di Cinzia che, alcune volte, rifiutava di andare a trovarlo e che in altre occasioni, pur recandosi in visita a casa sua, si coricava proprio sul margine del letto, si copriva tutta e dormiva… In altre circostanze, al contrario, si scatenava furente “lottando con me a seno nudo” ed ancora si lasciava andare a violente scenate davanti agli ospiti: “Tu, furibonda per il vino, rovesciavi il tavolo e mi lanciavi contro coppe piene”… Una relazione complicata, insomma. E basata più, almeno pare, sull’erotismo che non sull’unione di anima e corpo.

E tuttavia quando Cinzia morì, l’amante Sesto compose una elegia il cui verso più commovente scandisce, parlando dell’aldilà: “Ivi, qualunque cosa io sia, sarò sempre un’ombra tua. Il grande amore varca anche i lidi della morte”. E, in un’altra composizione, Properzio mette in bocca a Cinzia, morta, queste toccanti frasi riguardo all’amato, di legame indissolubile: “Ora ti posseggano pure le altre, ma fra poco sarò io sola a tenerti. Sarai infatti con me nella tomba e le tue ossa io premerò unite alle mie”. Singolare e curiosa anche la scenetta che il poeta descrive in un altro componimento poetico.

Un giorno, con Cinzia ormai matura e segnata dalle prime rughe, la donna si presentò, all’improvviso e non attesa, a casa dell’amato e lo sorprese impegnato in un’orgia con due giovani ragazze. “Mi fulminò con gli occhi – registra Sesto – e si trasformò in una belva, quanto può riuscirci una donna. Uno spettacolo non inferiore alla conquista di due città assediate…”.

Che mistero, l’amore.

Elio Clero Bertoldi

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