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La riscoperta di Zaide, “incompiuta” di Mozart

di | 2020-10-30T20:11:13+01:00 1-11-2020 6:40|Sezione9, Spettacolo|0 Commenti

ROMA – Merita più che una lode la risoluzione del Teatro dell’Opera di inscenare in questo ottobre – sia pur con le ristrette misure sanitarie anticoronavirus – una creazione giovanile incompiuta e semisconosciuta del grande salisburghese Amadeus Mozart, “Zaide” (1779-80), rappresentata post mortem nel 1866 a Francoforte, inscenata solo nel 1982 in Italia, e rappresentata all’Opera dal 18 al 24 ottobre, in collaborazione con Romarama e RAI Radio 3.

Il soprano israeliano Chen Reiss

Incompiuta perché? Il genio ventiquattrenne infatti ne elaborò due atti nella forma tutta tedesca e popolare del singspiel (in cui la trama viene in parte cantata, in parte recitata). Essa è tratta da un testo (andato perduto) di J.Andreas Schachtner per le parti parlate, ma con 15 numeri musicali bellissimi composti da Mozart. Tutti si riferiscono alla storia di Zaide, odalisca favorita del Sultano Soliman, ma innamorata dello schiavo cristiano Gomatz: i due, con la complicità del ministro Allazim, cercano di fuggire, ma vengono catturati e ricondotti da Soliman, che infuriato li condanna a morte. Qui si arresta il singspiel, senza spiegazioni da parte di Mozart: ma non è improbabile che il giovane compositore – avendo ricevuto nel 1781 da Carl Theodor Elettore di Baviera l’incarico prestigioso per “Idomeneo re di Creta”, con dovizia di mezzi scenici e musicali (Mozart ebbe a sua disposizione la celeberrima orchestra di Mannheim) – certo era al settimo cielo, e probabilmente lasciò il lavoro precedente per dedicarsi totalmente al nuovo incarico.

Il baritono austriaco Markus Werba

L’opera incompleta venne inscenata, come detto, solo nel 1866 a Francoforte. Ma nel 1982 Italo Calvino volle completarla in modo personale, aggiungendo ai due atti – con la regìa di Graham Vick – un terzo atto parlato, che proponeva tre possibili finali: ed è questa versione che il Teatro dell’Opera ha proposto. L’allestimento era in collaborazione col Circuito Lirico Lombardo (teatri di Como, Cremona, Pavia, Brescia), ma col medesimo regista Vick di allora: la recitazione era del ben conosciuto attore Remo Girone, la direzione dell’Orchestra del teatro lirico romano affidata al maestro stabile Daniele Gatti, che dell’opera ha reso una versione fedele e soprattutto cristallina, da par suo.

Più che apprezzabile il cast vocale, specie la voce dalle emissioni soavissime del soprano israeliano Chen Reiss (nel primo atto: nel secondo ben più tragico, la voce si ispessiva), del tenore Juan Francisco Gatell carico di virile energia e forte scenicità, nel ruolo di Gomats. Bella e ben usata la voce del sultano Paul Nilon e del baritono Allazim (l’austriaco Markus Werba), ed appropriati i costumi turcheschi di Italo Grassi. Tuttavia, le parti scritte da Calvino e lette da Remo Girone con accompagnamento di gemiti e gesticolamenti dei cantanti, impoverivano la drammaturgia, e la scenografia (anch’essa di Grassi), era gremita di incastellature metalliche, operai con caschi al lavoro, donne delle pulizie in grembiule, cui spesso bambini o nani facevano il verso con una trombetta, così adattandosi solo alle note scelte del regista Vick.

Paola Pariset

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