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La prima volta dopo una notte insonne

di | 2019-09-14T13:12:52+02:00 15-9-2019 6:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

Il buio era totale. I minuti continuavano a susseguirsi con cadenza regolare ma a lui sembravano più lenti del solito mentre nel proprio letto si girava e rigirava continuamente. Quella era sicuramente la notte più lunga che ricordava. Ormai anche i rumori lontani che dapprima quasi gli tenevano compagnia erano svaniti del tutto. Silenzio assoluto. Solo lui con i suoi pensieri. Nella sua mente riviveva le immagini dei giorni precedenti trascorsi con la propria mamma a comprare tutto quanto poteva servirgli per il primo giorno di scuola e riflettendoci era certo che avevano acquistato tutto il necessario. Provò ancora ad addormentarsi, a non pensare a nulla, ma non ci riuscì. L’incertezza su cosa lo avrebbe aspettato il giorno dopo era una continua lotta tra ansia e desiderio di scoprirlo in fretta. Timore e coraggio in conflitto tra loro. Sperava solo di sentire presto la mamma che lo veniva a svegliare.  E finalmente quando gli sembrò di essersi appena addormentato sentì la voce gentile della madre che lo chiamava:” Buongiorno, dai svegliati che è ora di alzarsi”.

Senza farselo ripetere balzò giù dal letto. La prima cosa che notò fu il chiarore della luce diffusa e radiosa che solo una splendida giornata di sole poteva donare. L’aria era fresca e pulita. Il meglio di quanto potesse immaginare. Si lavò e fece colazione poi attese con pazienza che la madre gli portasse i vestiti da indossare. Quando glieli porse notò subito che erano puliti e stirati alla perfezione. Li toccò con garbo come per non sciuparli. Quegli abiti emanavano un odore gradevole e inconfondibile che gli inebriò le narici e gli entrò nell’anima. Sapevano di buono, profumavano di lei. Guardò la madre che amorevolmente ricambiò lo sguardo e immediatamente sulle loro labbra comparve un affettuoso sorriso d’intesa. Pur senza rivolgersi alcuna parola si erano detti molto. Poi si vestì in silenzio e prese la cartella, era pronto ad uscire. Nel frattempo anche il padre si era preparato per accompagnarlo. Si salutarono scherzando come facevano abitualmente, come se quello fosse un giorno come un altro, come se lo stato d’animo fosse uguale a sempre, come se quello non fosse il primo giorno di scuola. Uscirono di casa insieme e comprarono la colazione che sarebbe servita durante la mattinata. Con delicatezza la ripose nella cartella ed approfittò per controllarne nuovamente il contenuto: l’astuccio con i tanti colori a tempera, la matita, le penne, la gomma per cancellare, il temperino ed il righello, poi un quaderno a righe e uno a quadretti. C’era tutto. Non gli serviva altro per quel primo giorno.

In macchina oltre ai genitori e alla sorella più grande che faceva già la prima media, salì anche la figlia dei vicini che frequentava la terza elementare nello stesso istituto. Durante il breve tragitto, il bambino guardando fuori dal finestrino si accorse subito che c’era qualcosa di diverso rispetto al solito. Quella mattina c’erano in giro tanti bambini con il grembiule blu come il suo e che come lui, accompagnati dai genitori, si recavano a scuola. Erano davvero tanti e più si avvicinavano alla scuola più i bambini erano numerosi. Tra loro però non c’erano i suoi amici abituali del quartiere, loro frequentavano un altro istituto e gli dispiaceva non averli accanto in quel momento. Una volta arrivati davanti alla scuola scesero dalla macchina e si recarono verso un cancello pedonale dove ad attenderli c’era una suora anziana che gli anni rendevano ancora più piccolina di quanto era stata in gioventù. Lì si salutarono tutti e la suora fece aspettare il bambino vicino a lei e ad altri due che non conosceva, anche loro erano della prima elementare. Poi giunse una suora più giovane che lo prese in consegna ed insieme agli altri lo accompagnò in una sala immensa dove c’erano delle panche per sedersi e dove erano già formati dei gruppi con bambini più grandi di varie classi ed età.

Quelli della prima elementare erano tutti raggruppati in un angolo, silenziosi e timorosi, si guardavano un po’ spaesati ma con il desiderio di conoscersi presto in quel nuovo ambiente ed in quel chiasso creato dai ragazzi più grandi. Improvvisamente nella grande stanza entrò una suora di nome Maria, autoritaria e rigorosa. L’enorme sala cadde in silenzio. Suor Maria sapeva farsi rispettare ed amare allo stesso modo così come lei rispettava ed amava i suoi alunni. Erano tutti figli suoi. Nessuno escluso e nessuno più degli altri. In pochi attimi la situazione era sotto il suo controllo. Dispose i bambini della prima classe per ordine di altezza e in fila per due. Lui non essendo molto alto si posizionò più o meno a metà della fila. La suora li condusse nella Cappella dell’Istituto per recitare una preghiera e poi in classe per iniziare a far conoscere i ragazzi tra loro e partire subito con l’insegnamento. Sapeva fare bene il suo mestiere suor Maria, nessuno dei ragazzi a cui ha insegnato e che lei ha visto crescere l’ha mai dimenticata, anche lui conserva ancora il suo ricordo nel cuore. La mattinata gli sembrò volare via in un baleno tanta era stata l’emozione per le novità vissute e per i tanti nomi dei nuovi amici da ricordare.

All’uscita dalla scuola tra tutte le mamme in attesa notò subito la sua, gli corse incontro ed insieme si incamminarono verso casa. Nel pomeriggio aveva voglia di rivedere gli amici del quartiere e di raccontargli delle nuove amicizie fatte e di suor Maria ma allo stesso tempo non vedeva l’ora di ritornare a scuola la mattina successiva per ritrovare i bambini che come lui avevano iniziato in quella classe il loro nuovo percorso della vita che li avrebbe portati a diventare gli uomini e le donne che sono adesso. A tutti i ragazzi ed in particolare a quelli che stanno leggendo fino in fondo questo racconto, il consiglio di lavorare bene fin da subito per costruire robuste basi sulle quali poggiare le fondamenta della propria vita ed aggiungere, giorno dopo giorno, tasselli importanti pieni di amicizia, affetti, onestà e rispetto per edificare al meglio il proprio solido e roseo futuro.

Paolo Paglialunga

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