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La “Mano artigiana” di Dante Mortet

di | 2020-01-31T20:15:17+01:00 2-2-2020 6:00|Arte, Attualità, Sezione 1|1 Comment

ROMA – Capita a tutti di navigare su internet e di passare rapidamente da un argomento all’altro fino a quando non si incontra qualcosa che incuriosisce così tanto da voler subito approfondire e allora, con bramosia, si iniziano a cercare ulteriori informazioni e talvolta si scoprono storie incredibili e straordinarie, come quella dell’artigiano romano Dante Mortet. Discendente da una famiglia di maestri cesellatori, Dante Mortet, insieme al fratello Andrea, ha continuato e ampliato l’eccellente tradizione lavorativa dei suoi antenati, lunga cinque generazioni, con un progetto ambizioso chiamato “Mano artigiana” attraverso il quale riproduce fedelmente in bronzo il calco delle mani di personaggi famosi nella loro espressione creativa e rappresentativa della persona o della loro arte.

Dante Mortet

L’idea innovativa di questo progetto ha permesso a Dante Mortet di essere ricevuto, da protagonista ma con l’umiltà tipica dell’emotività artigiana, direttamente a casa da Ennio Morricone, riconosciuto da tutti come il più grande compositore di musica cinematografica al mondo, poi di essere ospitato da famose star del cinema hollywoodiano come Robert De Niro, Martin Scorsese, Kirk Douglas, sul set del film Hateful Eight da Quentin Tarantino e addirittura di essere invitato dal personaggio che rappresenta il Brasile e la storia del calcio più di qualsiasi altro calciatore: Edson Arantes do Nascimiento, meglio conosciuto come Pelé.

E allora per capire meglio in cosa consiste il progetto “Mano artigiana” e per sentirlo raccontare dalla sua voce ecco l’incontro con il Maestro Dante nella storica bottega di famiglia, situata a Roma in via dei Portoghesi 18, all’interno del celebre Palazzo della Scimmia, in quel dedalo di vie caratteristiche comprese tra il Tevere e Piazza Navona, dove ogni sampietrino, ogni angolo, ogni palazzo e ogni bottega raccontano una storia.

Dante Mortet con Robert De Niro

“Ho iniziato a lavorare a 13 anni, quasi per gioco – ricorda Mortet con un sorriso – ed ho sempre osservato con interesse e rispetto le mani di mio padre che a volte sembrano sporche perché ombrate ma sono mani che esprimono la persona, mani che lavorano e che evidenziano il carattere e la passione di un uomo verso il suo lavoro”.

Qual è stato lo spunto che le ha suggerito l’idea di mettere la mano al centro della sua attività il progetto “Mano artigiana”?

“Tutto nasce da una mia personalissima sensibilità verso le mani e il tema della manualità. Le mani di mio padre ad esempio mi hanno educato, mi hanno insegnato un mestiere. Con le mani si accarezza o si colpisce. La mano è nell’arte e spesso esprime il senso dell’opera. La mano è nella musica e nella gestualità. Le mani rappresentano la passione, l’amore, la creatività, simboleggiano tutta l’essenza artigiana e raccontano ogni singola persona. Lo spunto per la realizzazione del progetto me l’ha offerto quasi involontariamente mio padre, quando per la realizzazione delle mani della scultura di San Paolo alla Croce, che stava ultimando per la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio, decise di utilizzare il calco delle proprie mani. Mi piace pensare che così le sue mani rimarranno per sempre e, in futuro, ogni volta che vorrò vedere o mostrare a mio figlio come erano esattamente le mani del nonno, mi basterà osservare quella scultura”.

Le mani esprimono noi stessi e attraverso il contatto delle mani possiamo manifestare sentimenti ed emozioni. Che sensazioni ha avuto toccando le mani di quei personaggi famosi mentre lavorava?

Dante Mortet

“Prima di toccare una mano, soprattutto quella di personaggi molto famosi, c’è sempre una forma di imbarazzo. Poi però dopo i primi contatti per prendere il calco della mano, quasi magicamente si instaura un rapporto di inaspettata confidenza. E così lavorando sulle mani di personaggi come Ennio Morricone, Quentin Tarantino, Robert De Niro, Kirk Douglas ma anche Ibrahimovic e tanti altri, si conosce realmente la persona per quella che è davvero. Dietro al personaggio ho trovato uomini semplici, estremamente umili e molto rispettosi del mio lavoro artigiano, al punto che Tarantino, sul set del film, si rivolgeva a me chiamandomi sempre Maestro, mettendomi anche un po’ in imbarazzo”.

Dopo le prime opere ha subito avuto un riscontro positivo?

“Quando ho illustrato il progetto ho subito avuto l’importante sostegno della mia famiglia e di mio padre che per me è un grandissimo maestro di lavoro e di vita e questo è stato fondamentale per crederci e continuare. Dei personaggi famosi, il primo a cui ho realizzato la scultura è stato Ennio Morricone che, talmente entusiasta dell’idea, ha voluto gratificarmi anche al di là dei miei meriti. Mentre ero a casa sua a lavorare sulla realizzazione del calco della sua mano in bronzo che impugna una penna mentre è nell’atto di scrivere, Morricone ha composto uno spartito con le note della straordinaria colonna sonora del film ‘Il buono, il brutto e il cattivo’, poi l’ha autografato e me l’ha regalato in segno di riconoscenza. Un gesto inusuale e inaspettato ma che mi ha molto emozionato. Anche gli altri personaggi a cui ho realizzato la scultura della mano hanno apprezzato e compreso l’importanza, la bellezza e l’eternità del progetto, perché una pellicola si può consumare oppure la tecnologia che avanza la può rendere inutilizzabile, una foto si può sbiadire ma una scultura in bronzo è per sempre”.

Come è riuscito a contattare questi personaggi e ad illustrare il suo progetto?

“Forse nella vita nulla avviene per caso. L’origine di tutto è stato un gesto d’affetto e spontaneo verso una signora americana, con la passione per l’oreficeria e l’artigianato, che aveva deciso di raggiungere Roma per stare vicina al figlio gravemente malato. Ci faceva una grande tenerezza per la forza con la quale affrontava la malattia del figlio e con il tempo nacque un amicizia. Dopo qualche mese che frequentava quotidianamente la nostra bottega la signora venne a salutarci presentandoci il marito con il quale sarebbe tornata in America. Così pranzammo tutti insieme ed il marito ci disse che era il presidente della NIAF, l’associazione più importante di italoamericani negli USA. Iniziò allora una collaborazione lavorativa ed infatti mi commissionò un lavoro per il presidente Obama. Un paio di anni dopo lo incontrai di nuovo e gli parlai di ‘Mano artigiana’. Rimase affascinato dall’idea e mi disse di prepararmi perché nel giro di qualche mese sarei dovuto volare negli USA, avrebbe pensato lui a fornirmi i contatti giusti. Mantenne la parola, infatti nello stesso anno volai negli States per incontrare i grandi del cinema. ‘Mano artigiana’ stava decollando”.

Una volta contattato il personaggio, chi sceglie la posizione della mano che dovrà essere scolpita?

“Non realizzo mani solo a personaggi famosi ma anche a gente comune. Una volta mi è capitato di lavorare alle mani di due sposi e quindi tutti insieme abbiamo deciso di trasformare il sogno d’amore intrecciando le mani tra loro. Cerco sempre di condividere con il cliente l’emozione che vuole evocare con il gesto della mano perché l’arte è condivisione, è passione, è amore”.

Tra tutti i personaggi incontrati quale l’ha emozionata di più?

Dante Mortet con Pelè

“Tutti mi hanno emozionato, perché sono personaggi straordinari e ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa e mi ha lasciato un bellissimo ricordo. E’ stato fantastico fare la mano di Morricone mentre compone. Bella anche la mano di De Niro che accoglie nella sua quella di Helen, sua ultimogenita. Emozionante e difficile anche la mano di Kirk Douglas, strepitoso personaggio di 103 anni. È stato anche molto particolare lavorare sul set di un film con il regista Quentin Tarantino. Però tra tutti devo ammettere che chi mi è rimasto di più nel cuore è Pelé. Sarà forse perché era il mio sogno di bambino o forse perché nessuno al mondo sarà mai un altro Pelé. Chi non ha mai immaginato giocando a calcio di essere per una sola volta Pelé? Con lui inoltre ho fatto una cosa diversa, ho realizzato la scultura dei suoi piedi in bronzo rendendo eterno il suo gesto e sono fiero di questo perché sono stato il primo a farlo. Congedandomi, dopo aver preso con estrema precisione il calco dei suoi piedi, Pelé mi ha ringraziato dicendomi che si vede che il mio lavoro artigiano lo faccio col cuore. Ci siamo lasciati con simpatia con l’idea di un altro progetto da fare insieme per i suoi 80 anni. Meraviglioso”.

Dante Mortet con Martin Scorsese

E così, quasi di colpo, la vita dell’artigiano romano si è completamente trasformata in una serie di incontri e appuntamenti in ogni parte del mondo per portare la propria arte, la tradizione della sua famiglia, la sua esperienza del sapere artigiano (come ama definire lui stesso). “Per quanto riguarda la mia attività – prosegue – mentre la tecnica è rimasta la stessa, quella che è la novità vera e interessante sta nel concetto di proposizione di un progetto e non più nell’attesa di un ordine di lavoro. Ora sono io che propongo cosa intendo realizzare e quindi l’artigianato contemporaneo viene posto in una dimensione propositiva per il mercato in grado di mettere la mano, la manualità ed il sapere artigiano al centro del processo produttivo ed evolutivo della nostra società. L’artigiano ha bisogno di fiducia e di idee. Bisogna comprare nelle botteghe artigiane, anche perché quando si acquista da un artigiano si porta a casa un prodotto unico, fatto con il cuore e la passione artigiana. Senza artigiani c’è meno creatività, meno manualità e tutto si appiattisce. Quando chiude una bottega artigiana siamo tutti più poveri”.

Le sue opere sono il sogno di tutti quelli che vogliono regalarsi qualcosa di eterno come una scultura in bronzo. Qual è invece il sogno professionale di Dante Mortet? “Lo scorso autunno, mentre ero sotto il ponte di Brooklyn ad osservare il mare, il mio pensiero è volato ai nostri connazionali di tanti anni fa che partirono dall’Italia in cerca di un lavoro manuale, e qui ritorna il sapere artigiano, lasciando a casa sentimenti di nostalgia e di vuoto alle spalle. E proprio per tutti loro vorrei realizzare una scultura importante, non grande nelle dimensioni ma nel messaggio, in grado di raccontare per sempre il senso e le sensazioni di quei giorni. Vorrei quindi realizzare una mano con l’indice puntato in direzione del porto di Genova, da dove molti italiani partirono (We came from there – Siamo venuti da lì). Nello stesso modo vorrei realizzare un’altra mano che dal porto di Genova indichi in direzione di New York (Dove siamo andati a lavorare). Mi sembra un bel modo per ricordare tutti quegli italiani che grazie al loro lavoro, spesso artigiano, hanno contribuito a fare degli USA il grande Paese che è diventato”.

La mano di Ennio Morricone

“Infine, ma questa è una cosa più intima, mi piacerebbe un giorno essere ricordato – conclude Dante Mortet – come un artigiano che è riuscito con le sue sculture e con l’essenza del proprio lavoro artigiano a trasmettere quelle emozioni che sono poi il senso della vita e dell’arte”.

Si può ancora esportare l’artigianato e l’arte italiana nel mondo rilanciando la qualità, la manualità e le nobili eccellenze del nostro Paese? Si, quando si possiedono talento, passione, coraggio e idee. Buona fortuna Maestro Mortet.

Paolo Paglialunga

Nell’immagine di copertina, Dante Mortet al lavoro nel suo studio di Roma

One Comment

  1. Barbara Cappello 2 febbraio 2020 at 11:04 - Reply

    Come sempre gli articoli presentati da Paglialunga ti riportano in un mondo bello ,pulito, reale, che a oggi nella frenenesia della nostra piccola vita abbiamo completamente perso di vista.
    Argomenti o meglio, letture che ti avvolgono di piacere e calore per tutta la durata , dandoti la possibilita’ di ritagliarti un momento tutto tuo ove nasconderti e assaporare racconti e epoche a noi ormai fuggite.
    Grazie come sempre Paolo

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