//La fuga dei “cervelli” va fermata subito

La fuga dei “cervelli” va fermata subito

di | 2018-09-16T07:07:15+02:00 16-9-2018 7:08|Punto e Virgola|0 Commenti

Numeri. Numeri impietosi. E tristi. Un giovane che va via dall’Italia per andare a lavorare all’estero è una perdita secca e assai onerosa. Si pensi che un ragazzo che acquisisce il diploma costa circa 90mila euro, chi ottiene una laurea triennale 158mila; se poi si continua e si arriva a quella magistrale, il costo sale a 170mila. E con il dottorato di ricerca la cifra tocca 228mila. Si tratta quindi di veri e propri “cervelli”: gente che ha studiato e che ha acquisito conoscenze importanti. Se vanno via (e sono sempre di più poiché le partenze negli ultimi dieci anni sono costantemente cresciute passando, secondo l’Istat, da 36 mila a 115 mila), insieme al bagaglio culturale vanno in fumo anche parecchi quattrini: secondo calcoli prudenziali, una decina di miliardi. La tendenza a fuggire e a cercare adeguate opportunità di lavoro altrove, in base ai dati resi noti da un altro istituto di ricerca, l’Idos, non si ferma, anzi tende ad aumentare visto che l’anno scorso dall’Italia se ne sarebbero andati 285mila. E qui non si parla di emigrati con la valigia di cartone, ma di gente capace e preparata. Talvolta anche di autentici geni che il mondo ci invidia. Mete preferite Gran Bretagna, Germania, Svizzera e Francia.

Ma perché si cerca fortuna all’estero? Secondo uno studio di Demopolis, che ha interpellato giovani fra i 18 e i 34 anni, le ragioni di fondo risiedono nell’insicurezza verso il futuro. La stragrande maggioranza degli intervistati (66%) è convinto che le sue condizioni economiche saranno peggiori di quelle dei padri; solo il 25% spera di poterle uguagliare e appena il 9% scommette che le cose andranno meglio rispetto alla generazione precedente. Un quadro sconfortante determinato da fattori differenti: precarietà lavorativa (78%), salari troppo bassi (67%), futuro complicato (75%), aumento delle diseguaglianze (72%). La sintesi è condensata in un numero: 3 milioni di giovani che non studiano più (o che hanno finito il loro corso di studi) e che non lavorano.

Come se ne esce? Le proposte sono tante e ognuna contiene un pezzo di verità. Negli Usa del vituperatissimo Trump, sta funzionando perfettamente America first, la ricetta semplice e populistica che mette al primo posto (sempre e comunque) gli interessi nazionali. Anche a costo di imporre dazi e provocare guerre diplomatiche con altri Stati. I fatti dicono che la disoccupazione è ai minimi storici e che, soprattutto, nei prossimi anni si creeranno decine di migliaia di nuovi posti di lavoro che gli americani non saranno in grado da soli di colmare. Ed ecco dunque le porte aperte agli stranieri, purché qualificati e preparati. L’Italia è indietro anni sulla strada della reale competitività e del riconoscimento del merito. Qui da noi, i concorsi universitari hanno spesso vincitori noti da tempo; tanto che le cattedre si tramandano per lascito familiare. E quando si cerca lavoro (visto che i curriculum inviati, spesso non vengono neppure visionati) si deve ricorrere alle conoscenze, agli amici e agli amici degli amici.

E’ un sistema che non funziona e che sta condannando il nostro Paese alla marginalità. Economica e culturale. Saremo capaci di invertire la rotta? Mah…

Buona domenica.

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi