/, Cultura, Sezione 6/JazzUp, storia di un festival e di una passione

JazzUp, storia di un festival e di una passione

di | 2018-06-27T00:33:33+02:00 24-6-2018 6:25|Attualità, Cultura, Sezione 6|0 Commenti

VITERBO – Si può amare talmente tanto il jazz da farlo diventare uno stile di vita. La passione per questo tipo di musica può essere così forte al punto di ricercare sempre nuove sonorità, nuove emozioni, nuovi orizzonti. Ed è quello che ha fatto Giancarlo Necciari (nella foto a sinistra), direttore artistico e fondatore di JazzUp Festival, in corso a Viterbo fino a domenica 1 luglio. Insieme a lui, attraverso i suoi ricordi, vale la pena ripercorrere la storia del festival dal 2006 ad oggi.

 

Direttore Necciari da dove nasce il progetto del JazzUp Festival ? 

 

“Il festival JazzUp è nato nel 2006, e quindi in questi giorni si festeggia la 13. edizione. L’idea  si manifesta insieme al sassofonista e jazzista viterbese Marcello Balena. Una sera assistemmo ad un concerto nel quale un bravo musicista dissipava il suo grande talento a causa di una scarsa organizzazione. A malincuore pensammo che tali situazioni avrebbero pregiudicato l’evoluzione e la diffusione in ambito locale di questo genere musicale a noi molto caro; decidemmo quindi di impegnarci in prima persona per evitare il ripetersi di quello a cui avevamo assistito. Cosi da quella sera, armati da una passione non misurabile, cominciammo a partecipare ai bandi pubblici, alla ricerca di risorse per organizzare i primi concerti. Fu un inizio folgorante!. Abbiamo avuto subito enormi risultati con il coinvolgimento di grandi jazzisti come Gegè Telesforo, Javier Girotto, Danilo Rea, Maurizio Giammarco, Enrico Rava e Sergio Caputo. Nel 2009 la prima star internazionale: Billy Cobham. Un mito indiscusso della batteria, un ricordo vivo ancora oggi anche nei molti fortunati che si trovarono ad ascoltarlo la sera del 29 agosto”. 

 

Il Festival ha avuto una crescita costante anche grazie alla diversificazione del progetto ed alla partecipazione di artisti famosi.

 

“Nel 2010 arrivò il Pinocchio Jazz, un progetto davvero innovativo tra musica jazz e teatro delle Commedia dell’Arte, in collaborazione con Teatro Ricerche e il Circolo Musicale di Sondrio. Poi, sempre quell’anno, progetti in chiave pop/jazz che videro protagonisti autori importanti come Gino Paoli e Antonella Ruggiero. Negli anni continuammo ad incidere sulla programmazione generale degli appuntamenti musicali in ambito provinciale con eventi e rassegne che sempre più si spingevano verso l’interazione tra diversi generi artistici”. 

 

C’è stata negli anni qualche scelta innovativa in grado da rendere sempre più interessante il Festival? 

 

“Si afferma spesso, negli ambienti giornalistici di settore, che il prodotto culturale necessita di un refreshment dopo un arco di tempo stimato in cinque anni. Così, nel 2011, ci impegnammo a proporre delle diverse angolazioni artistiche da affiancare alla consueta prima scelta musicale. Creammo allora una prima mostra d’arte contemporanea sonora. Un’esposizione che aveva in grembo una sua specifica colonna sonora: il Golyat dell’artista Cristiano Carotti. Un soggetto iconografico caro alla Storia dell’arte: Golia di Gat, il gigante campione dell’esercito dei Filistei alto sei cubiti e un palmo sconfitto dal giovane Davide, il cui nome in ebraico (Golyat) significa passaggio, rivoluzione. Quell’edizione fu poi segnata dalla prestigiosa presenza di nomi importanti del cinema e del teatro italiano, come Rocco Papaleo e Pino Quartullo ma non potendo certo lasciare a bocca asciutta gli amanti della musica di qualità pensammo di proporre la raffinatezza di Fabio Concato, la classe infinita del pianista americano Greg Burk, per poi chiudere con Raphael Gualazzi, giovane stella nascente dello swing internazionale”.

 

La programmazione di un Festival necessita di tanta passione, dedizione e disponibilità: ha mai avuto momenti di difficoltà nel gestire l’intera organizzazione?

 

“Nel 2012 rimasi solo a programmare la manifestazione e pensai molte volte di mollare tutto, ma tanti amici e musicisti mi incoraggiarono a non desistere. Mi resi conto allora di come il festival era riuscito ad entrare nel tessuto culturale del nostro territorio, mi trovai così a curare una delle situazioni più complesse ed importanti che, fino ad allora, si erano presentate: la collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma, un’istituzione di livello culturale e musicale dall’indiscusso prestigio nazionale ed internazionale”.

 

Quindi è vero che anche le difficoltà, se affrontate con lo spirito giusto, possono diventare opportunità e l’impossibile può diventare realtà…

 

“L’idea inizialmente mi apparve folle ma poi, attraverso l’aiuto e l’impegno del maestro Claudio Cimpanelli, prima tromba dell’Orchestra del Teatro, si materializzò in una serata evento con la formazione Giascritto, composta da numerosi musicisti della prestigiosa orchestra, diretti proprio da Cimpanelli. Ospiti del concerto la straordinaria voce di Silvia Parisotto, il corno di Heidi Trefethen, ed il sassofono di Simone Salza, grande interprete di jazz. Quasi venti strumentisti meravigliarono quella sera il pubblico viterbese raccolto in piazza dell’Unità d’Italia, con un programma che poneva al centro della grande tradizione lirico-sinfonica, la contaminazione con il jazz. Non fu semplice riuscire a condurre in porto questo incredibile appuntamento che aprì quella fantastica edizione”.

 

Il 2012 fu anche l’anno in cui iniziò la partecipazione con il cinema e l’arte contemporanea.

 

“La collaborazione con il festival cinematografico di Montefiascone si spinse fino alla creazione del premio JazzUp Award – Best Soundtrack per la miglior colonna sonora riservato ai film in concorso. Premio che attribuimmo al compositore Giovanni Chiapparino per il corto “Smile”, regia di Matteo Pianezzi. Sempre in linea con il new course, per l’arte contemporanea alla sala Gatti, la mostra per Filo e per Segno – Arianna e le altre … a cura di Massimo Melloni (dell’Associazione Artidec), un’esposizione che vide impegnate oltre venti artiste da tutto il mondo. Era agosto inoltrato quando la splendida voce di Antonella Ruggiero, accompagnata al pianoforte dal jazzista Paolo di Sabatino e dalla sua band, concluse questa mia prima programmazione in solitaria”.

 

E poi l’abbinamento a Caffeina Festival per un nuovo slancio creativo…

 

“Caffeina Festival era già un contenitore molto affermato quando iniziammo a collaborare anche per merito di un altro mio caro amico Carlo Alibrandi. Era il 2013 e sul palco del festival, giunse la All Time Orchestra di Stefano Zavattoni. Formazione di ben 23 elementi, una meravigliosa orchestra swing ispirata a Glenn Miller, uno dei più grandi compositori di tutti i tempi. Una proposta che permise al JazzUp Festival di fregiarsi, quell’anno, del prestigioso patrocinio dell’Ambasciata degli Stati Uniti. Devo poi al maestro Sesto Quatrini, mio caro amico, musicista e direttore d’orchestra di fama internazionale, il merito di deliziare con la musica contemporanea il pubblico del Festival. Il suo Ensemble Tempi Moderni offrì componimenti di altissima classe e inedite melodie per la prima volta eseguite in presenza dell’autore, il giovane compositore Fabio Massimo Capogrosso. Correndo con la mente a quei giorni, ricordo che Harold Bredley, l’eroe del movimento musicale del folkstudio legato agli anni ’70, in una serata intrisa di memoria e passione, riuscì ad incantare il pubblico di quell’edizione nell’atmosfera notturna dell’estate sul lago di Vico, luogo scelto per l’appuntamento finale”.

 

Nel 2014 i il Festival raddoppia. Due JazzUp: da Viterbo alla Valle d’Itria

 

“Per la nona edizione una parte del programma fu svolto in Puglia, nella bellissima Valle d’Itria all’interno di una cittadina d’eccellenza storica e culturale come Martina Franca. E così incontrammo nel palinsesto le etniche e variegate declinazioni musicali prodotte da formazioni come le Nuove Tribù Zulu, gli Organicanto e la Compagnia delle Lavandaie della Tuscia. La stampa ci definì come un festival itinerante e raffinato, che dimostrava di aver raggiunto maturità e completezza. Quell’avventura la vivemmo tutti pienamente, immersi in un palinsesto che andò ad impattare le ampie tradizioni locali attraverso la voce del nostro festival, forte di progetti artistici ideati e realizzati ad hoc, come nelle immagini surreali legate al termalismo viterbese, raccontato dagli scatti artistici dell’allora nostro direttore della fotografia, ora scomparso, il grande fotografo Sergio Coppi. La sua mostra Vapori e Visioni fu esposta per giorni all’interno del bellissimo Palazzo Ducale di Martina Franca. Così come gli scorci della città inseriti nel teaser ufficiale della manifestazione contenete il brano musicale Be Strong, del pianista americano Greg Burk, registrato dal vivo e uscito poi sul mercato discografico mondiale. Si è quindi riusciti, attraverso un forte e continuo impegno organizzativo, a gettare quel ponte culturale tra la Tuscia laziale e la zona dei trulli pugliesi, che rappresentava uno degli obiettivi più ambiti della manifestazione. Con orgoglio si sottolinea anche la spettacolarità che riservò lo show proposto dal polistrumentista canadese Jowee Omicil e della sua formidabile band. Fantastica l’esibizione che sicuramente verrà ricordata per la ricchezza artistica e le collaborazioni stellari di strepitosi musicisti: Jowee Omicil al sax clarinetto e sax alto; Felix Sabal Lecco alla batteria; J-Phi Dary, pianoforte e tastiere e  Alune Wade al basso elettrico”.

 

L’edizione seguente si segnala per la sua originalità: nasce il “saltarello jazz”.

 

“Nel 2015 c’è spazio per un originale progetto artistico ideato e realizzato da JazzUp, legato alla musica folk, al jazz e ai balli popolari delle campagne laziali: il saltarello jazz, appunto. Un contesto che ha unito diverse angolazioni espressive. Un disegno culturale che ha generato la propria identità territoriale, nell’immaginazione collettiva legata alle tradizioni contadine locali. L’idea di creare un pennello con cui dipingere allegoricamente le antiche usanze della campagna romana di Tuscia, si sposava così al caleidoscopio dove venivano proiettate le anime della musica e della danza contadina, attraverso una sperimentazione di incroci con la musica contemporanea, di cui l’improvvisazione ne costituisce la caratteristica fondamentale. Artefice di questo originale progetto il gruppo folk degli Organicanto, affiancati dalle incursioni musicali di uno dei nostri jazzisti più talentuosi in terra di Tuscia, il sassofonista Simone Salza. Gli inserimenti di scale pentatoniche, decisamente lontane nei canti della terra, e dei suoni del sassofono, quest’ultimo emblema dei grandi maestri del jazz, come John Coltrane, Charlie Parker, Stan Getz, Lester Young ecc. hanno offerto l’opportunità di attrarre la tradizione locale delle campagne della nostra provincia al cospetto del genere musicale colto per antonomasia, ovvero il jazz”.

 

Il Festival allarga i propri orizzonti culturali infatti con la rassegna “Intrighi dell’anima” anche incontri con la cultura italiana del nostro tempo.

 

“La decima edizione del JazzUp fu caratterizzata dall’idea del presidente del Festival Ferdinando Guglielmotti con una rassegna dai toni culturali enormemente interessanti: Francesco Caringella, Guido Maria Brera, Sergio Rizzo, Umberto Galimberti, Monica Guerritore, Carlo Marroni sono stati gli ospiti intervenuti all’interno della rubrica curata dal direttore del TGCom 24 Luigi Galluzzo. Un interessante angolo giornalistico su alcuni temi scottanti della nostra attualità. Gli argomenti oggetto dell’analisi di questi straordinari intellettuali, venivano poi intervallati dalle incursioni di giovani talentuosi musicisti, in un contestuale contrappunto di arricchimento musicale”.

 

Tra le tante originalità del Festival non poteva mancare la collaborazione con l’Universtità della Tuscia, un connubio tra cultura e comunicazione

“L’undicesima edizione fu caratterizzata dall’impulso dato dall’Università della Tuscia, attraverso una convenzione tra il Dipartimento di Scienze Umanistiche della Comunicazione e del Turismo – DISUCOM ed il Festival, concernente l’attivazione di tirocini di formazione e di orientamento a favore di studenti che frequentano corsi di laurea, laurea specialistica, cd equivalenti equiparati dei precedenti ordinamenti, dottorato di ricerca, alta formazione, scuole di specializzazione, master di I e di II livello. Uno primo stage formativo per eventi di tipo culturale realizzato con la collaborazione della dott.ssa Erica Simone che ha avuto anche il sostegno e la promozione di un network radiofonico nazionale come Radio Capital presente all’appuntamento promozionale in facoltà, attraverso gli speakers ufficiali della’emittente”.

 

Altri rinnovamenti e novità nell’edizione dello scorso anno con la sorpresa finale di un super ospite.

 

“Tantissime le novità presentate dal JazzUp 2017, tra le più interessanti è il meraviglioso concerto conclusivo del maestro Nicola Piovani che ha incantato l’intera città di Viterbo con una straordinaria esibizione. Oltre mille persone infatti, hanno assistito al concerto del maestro de “La Vita è Bella” esibitosi con il suo gruppo di talentuosi musicisti. Uno show pieno di fascino e di altissimo profilo musicale ed artistico. Uno strepitoso successo.  La città di Viterbo, ancora una volta, si è trasformata nei giorni del festival in un contenitore culturale, musicale e artistico. La preziosa e continua collaborazione con Caffeina ma anche con moltissimi altri soggetti culturali che lasciano aperta per il futuro la strada ad iniziative nuove e strategiche per veicolare preziosi messaggi culturali, cinematografici, teatrali, letterari”.

 

Quali obiettivi e quali scelte artistiche per l’edizione del 2018?

 

“L’idea fondante è quella di presentare sia produzioni originali che progetti musicali innovativi, che siano il più possibile indicativi dei linguaggi contemporanei. Il JazzUp si è sempre posto così, come un contenitore in controtendenza con gli stereotipi del festival classico e monotematico. Si punta soprattutto sulla varietà e sui contenuti creativi, ed in particolare, sul talento espresso dalle nuove generazioni di musicisti. L’obiettivo principale è di stimolare la creatività, anche attraverso il sostegno alla ricerca di contaminazione tra la musica e le altre forme d’arte. La rassegna “Intrighi dell’anima” è stata sicuramente uno degli esempi più riusciti in tal senso. Se si considerano poi le attività discografiche previste post-evento, le nuove iniziative premianti per il cinema, e le installazioni nei luoghi d’arte. Vogliamo presentare ciò che non è ancora e realizzarlo avendo però un’attenzione nei confronti delle tradizioni perché siano rivissute, ripensate e portate nel futuro interpretando il jazz e la musica improvvisata non come uno stile ma come un linguaggio”.

Paolo Paglialunga

Nella foto di copertina, una veduta dall’area dell’area del JazzUp Festival

 

 

 

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi