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Il secolo d’oro della nobilissima Perugia

di | 2019-04-05T10:53:13+02:00 7-4-2019 6:25|Cultura, Sezione 6|0 Commenti

PERUGIA – “Gloria della città”: così il docente Franco Mezzanotte, medievista, ha definito, nel giorno di Sant’Ercolano, il XIII secolo per Perugia. Cento anni che hanno visto sorgere e imporsi il Libero Comune e nei quali si é compiuta la grande trasformazione urbanistica di Perugia.

Un ruolo importante, nel ventennio iniziale, lo rivestì papa Innocenzo III che cambiò la politica tenuta fino ad allora dal governo perugino: da filo imperiale che era stata col Barbarossa, il pontefice riportò la potente città nell’alveo guelfo. Spoleto, Todi, la stessa Perugia si videro definire “dipendenti” dal soglio pontificio sia pure con sfumature diverse: “immediate subiecti” i todini, “mediate subiecti” i perugini. Ma con la morte, proprio a Perugia, di Innocenzo (1216) le corporazioni (più di 40, con l’arte della mercanzia, del cambio e dei calzolai ai primi posti) iniziarono ad affermarsi. E’ da Perugia che parte (1228) la scomunica per l’imperatore Federico II; è in Perugia che viene canonizzata santa Elisabetta d’Ungheria (1235); è alle porte di Perugia (San Sisto) che lo “Stupor mundi” muove battaglia. Il beato Egidio, primo compagno di San Francesco vive sull’acropoli e il primo convento francescano vede la luce proprio qui.

La città cresce e a metà del secolo “traduce in pietra” (bella immagine utilizzata da Mezzanotte) la sua grandezza: vengono edificate Monteluce, San Bevignate, San Francesco al Prato, Sant’Andrea degli Armeni. Addirittura i governanti fanno zampillare l’acqua sull’acropoli da una quota più bassa: Monte Pacciano. Il tutto grazie a frate Bevignate da Cingoli e a Boninsegna Veneziano. Arnolfo di Cambio e Giovanni e Nicola Pisano provvedono alla parte artistica; il perugino Rosso Padellaio fonde la tazza bronzea con le ninfe ed i grifoni. Il 13 febbraio 1280 l’acqua gorgoglia dalla fontana. Da ogni parte d’Europa arrivano in città personaggi illustri per ammirare il “miracolo” idraulico e l’ammaliante bellezza della Fontana, sulla quale si fanno scolpire anche il podestà Matteo da Correggio e il capitano del popolo Ermanno da Sassoferrato. “Se osservi bene – riporta l’iscrizione in esametri latini – potrai vedere cose mirabili…”

Perugia si staglia, decisa, tra le città umbre. Molte le sottomissioni che si registrano, molti i centri in conflitto che la invocano col ruolo di paciere.

Lo “Statuto” fondante viene redatto ed emanato nel 1279. Dalle cui pagine emerge lo spaccato di una vita rumorosa e vivace della città, con i frati oranti, i pingui ecclesiastici, gli studenti gaudenti provenienti anche dall’estero, i professori di vaglia, le sguaiate prostitute (che possono abitare solo ad una ben definita distanza dalle chiese), gli operosi artigiani, i luoghi di mercato più frequentati, i severi divieti e le multe salate. Perugia batte moneta con una sua zecca, sia pure non fortunatissima.

Da qualche lustro erano stati aperti un ginnasio ed una Università, sebbene non ancora formalmente regolata (lo diverrà nel 1308 e sarà gestita, prima in Itala, direttamente dal Comune). Nel 1293 il governo cittadino commissiona a Bonifacio da Verona l’Eulistea, opera in latino, che affronta la storia del centro umbro dalla leggendaria fondazione fino agli anni Ottanta di quel secolo. Le magistrature prevedono i consoli (due rappresentanti per ogni porta), il consiglio minore, il consiglio generale, l’eventuale convocazione del popolo in piazza per le questioni più importanti. Quindi il podestà (che deve essere nobile, forestiero, esperto in legge), tra i quali spiccano Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme e suocero di Federico II e Guido da Polenta, reso immortale da Dante. Infine, dal 1258, il capitano del popolo.

Il volto della città muta completamente: fervono i lavori del palazzo dei Priori (su progetto di Giacomo di Servadio e di Giovannello di Benvenuto) e di lì a poco partono la ricostruzione della cattedrale di San Lorenzo, il varo della piazza grande, l’edificazione del Sopramuro, il collegamento tra la platea magna ed il colle Landone, l’ampliamento ed il restauro della cinta muraria. Un aspetto nuovo, un volto diverso per Perugia. Anche con le minacciose case-torri (più di quaranta si stagliano sulla “sky line” del centro umbro).

Tre pontefici si spengono nella città, eletta residenza papale come Viterbo e Orvieto; quattro vengono innalzati al soglio di Pietro in altrettanti conclavi tenuti nel salone del vescovado (un quinto all’inizio del secolo successivo). Al loro seguito le migliori menti ed i più brillanti intellettuali, tra i quali il filosofo (poi santo) Tommaso d’Aquino. Forte, come da tradizione, in guerra, il comune perugino di stampo popolare può schierare 1500 cavalli (con cavalieri non solo nobili, ma di tutti i ceti sociali) e, forniti dai cinque rioni, più di duemila fanti, tra i quali gran vanto menavano i balestrieri.

In breve, un secolo d’oro.

Elio Clero Bertoldi

Nella foto di copertina, Perugia nel XIII secolo

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