NAPOLI – Circa due anni fa, una signora originaria della Sardegna si era trovata a combattere, all’improvviso, contro il “solito” male. Quello che ti frantuma la vita, che ti sconquassa l’esistenza. La tua e quella dei tuoi cari. Aveva scoperto di avere un tumore al seno. Senza perdersi d’animo, la signora, prese contatti con il Centro Oncologico “IEO” (Istituto Europeo di Oncologia, fondato da Umberto Veronesi) di Milano per mettere in moto la macchina per i dovuti controlli, l’intervento e le dure terapie di chemio a cui sottoporsi. Viaggi continui, interminabili, fino a qualche tempo fa, quando, la signora ha miracolosamente scoperto che il male era stato sconfitto. La donna è stata operata dal dottor Caldarella, oncologo dell’Istituto di Milano. Dopo un po’ di tempo, la paziente, tornata dalla Sardegna per una visita di controllo, ha portato con sé anche il figlio Giovanni.
Caldarella ha raccontato che la donna è passata a salutarlo insieme alla sua famiglia, grata di essere guarita dal tumore al seno: “Il marito mi ha portato in dono due bottiglie di vino sardo e poi mi ha detto che c’era il figlio che voleva darmi una cosa. Allora il bambino timidamente si è avvicinato. Tra le mani, stringeva una piccola busta di carta bianca”.
Il piccolo Giovanni voleva assolutamente incontrare il medico che aveva curato la mamma e consegnargli personalmente la lettera che aveva scritto. Sulla busta infatti si legge: “Caro Cadarella” (mancante di una “l”). Il medico non è riuscito a trattenere la commozione: “Sono 20 anni che faccio il chirurgo, di storie tristi ne ho viste tante. Ma questo gesto in particolare mi ha commosso”. Il medico, quasi in soggezione sotto lo sguardo del piccolo, gli ha risposto: “Sei un ometto”. Nella busta c’erano degli spiccioli, i risparmi di questi anni che Giovanni aveva conservato per darli al dottore. “Questi soldi serviranno per curare tutte le persone che soffrono dello stesso male di cui ha sofferto mamma”.
Qualche decennio fa Eugenio Finardi, tra i massimi esponenti del rock italiano cantava: “Extraterrestre portami via, voglio una stella che sia tutta mia, extraterrestre vienimi a pigliare voglio un pianeta su cui ricominciare”. Come non desiderare un mondo in cui la semplicità e la genuinità di un bambino smuovono le coscienze più di qualsiasi rivoluzione? Come non aver voglia di qualcuno che ci accompagni in una realtà “a misura d’uomo?
Giovanni non ha commosso soltanto il dottor Caldarella, ma un intero reparto, un intero ospedale. Ha scosso le coscienze di chi non crede che attraverso un gesto banale può cambiare il mondo. Giovanni ha ridato linfa alla ricerca, ha ridato speranza attraverso un gesto simbolico. Apparentemente insignificante eppure così straordinario.
Innocenzo Calzone
Nella foto di copertina, la lettera di Giovanni al medico che ha curato la madre
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