//Giovani e alcolisti: ma i genitori dove sono?

Giovani e alcolisti: ma i genitori dove sono?

di | 2019-01-12T12:08:14+01:00 13-1-2019 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

La notizia è che in Italia aumenta il consumo di alcol tra i più giovani, anche minorenni. Ammesso sempre che si tratti di una notizia. Perché non c’è bisogno di statistiche o di sofisticate analisi sociologiche per sapere, o almeno intuire, che le nuovissime generazioni, abituate ad avere sempre tutto, non possono non avere a che fare anche con qualche bottiglia di troppo. Per carità, le generalizzazioni sono spesso inutili e non calzanti con la realtà, ma i rischi delle concessioni continue e immotivate si possono trasformare in comportamenti non consoni a ragazzi/e appartenenti alla categoria dei “teen”.

 

E’ vero, la vendita di bevande alcoliche (come pure delle sigarette) è vietata ai minorenni, ma non sarà mai troppo complicato trovare qualcuno che ha varcato la soglia della maggiore età che prenda da bere (o da fumare) per tutti. E così il mal di gioventù si sfoga nella maniera più banale e stupida. Il vero problema è che la questione andrebbe affrontata alla radice, cioè nel tipo di educazione che in molti casi (non tutti, per carità) viene impartita ai rampolli di casa, considerati geni incompresi a scuola e campioni (anche qui incompresi) nello sport. E se qualcosa non va, le responsabilità sono costantemente di insegnanti o di allenatori incapaci di capire davvero le esigenze del figliolo: persone, insomma,  che non sanno fare il loro mestiere. E che quindi andrebbero punite e/o sostituite.

 

E’ innegabile che il mestiere di genitore sia il più difficile in assoluto, ma è altrettanto innegabile che mamme e babbi del terzo millennio sono sovente iperprotettivi e tendenti comunque a giustificare le manchevolezze dei figli, anche quando hanno torto marcio. Vanno male a scuola? La colpa è della prof che non capisce niente, che è frustrata, che sfoga le sue insicurezze sugli alunni… Magari la verità è molto più banale: il ragazzo (o la ragazza) semplicemente non studia. Ma ammetterlo viene inteso come una sconfitta, assai bruciante per di più. Discorsi che possono essere trasferiti con pochissime variazioni nel mondo dello sport, peraltro in un’età in cui si deve pensare più a divertirsi che a sognare di arrivare in serie A. Non è vero che uno su mille ce la fa: nella realtà, ce la fa uno su diecimila, se non centomila.

 

E andrebbe ripristinato finalmente anche il concetto del merito: un premio o una gratificazione si guadagnano con i comportamenti corretti (virtuosi, verrebbe da dire), non arrivano a prescindere. Esattamente il contrario di ciò che accade quotidianamente. E poi ci si meraviglia che cresce il consumo di alcol fra giovani e giovanissimi? Prima di accusare la società nel senso più esteso del termine, sarebbe bene guardarsi prima in casa.

 

Buona domenica.

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