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“Gifted”, i più dotati. Però vanno riconosciuti

di | 2021-04-14T19:17:12+02:00 11-4-2021 6:15|Attualità, Sezione 4|0 Commenti

ROMA – Per sottolineare la loro unicità gli esperti li chiamano “zebre” oppure anche “ghepardi” per la velocità con cui imparano qualsiasi cosa, dalle materie scolastiche alle esperienze maturate con le emozioni. Queste ultime, addirittura, in loro possono raggiungere vette altissime fino a sfiorare la sinestesia (accostamento di percezioni afferenti diversi ambiti sensoriali), roba da far invidia anche a poeti come Baudelaire che, per ottenere questo effetto, assumeva assenzio. Sono curiosi insaziabili, hanno grande memoria e capacità di effettuare collegamenti velocissimi, sono empatici e creativi e per questo qualche volta dotati di un carisma che li trasforma in leader. Sono i “plusdotati” , enfant prodige che dir si voglia, bambini con abilità cognitive avanzate e una aumentata intensità emotiva che li porta a provare esperienze interiori e del mondo al di fuori della norma. Il termine inglese che li indica è “gifted”, che implica nella loro natura la presenza di un dono. Noi lo traduciamo “dotati”, di talento naturalmente, e questo talento risulta da un quoziente intellettivo straordinario in ogni campo del sapere.

Questa universalità, però, oltre una certa soglia si può specializzare in determinate discipline. Genericamente, a scuola, si parla di loro come di “eccellenze” ma non sempre si riesce a capire, di fronte a individui del genere, di cosa si tratti e di cosa abbiamo bisogno. E’ in questi casi che nascono i problemi. I gifted, infatti, spesso sono bambini che a scuola si annoiano perché non vengono capiti: arrivano sempre in anticipo là dove il resto dei compagni sta ancora rielaborando concetti e conoscenze e quindi si distraggono, si alzano, disturbano, interrompono l’insegnante anticipando contenuti che il resto della classe ancora non conosce. In poche parole trovano inutile stare seduti a fare cose per loro già vecchie. Loro, infatti, sono quelli che a tre anni sanno già leggere e scrivere senza che nessuno glielo abbia insegnato, hanno già cercato risposte a domande che i loro compagni sono ancora lungi dal porsi. Parlano come gli adulti, con proprietà di linguaggio e con consapevolezza. Insomma: hanno una marcia in più ma per questo spesso vengono messi da parte dai compagni o redarguiti dagli insegnanti, con risultati devastanti per la carriera scolastica del ragazzino.

Per alcuni studiosi la loro velocità di apprendimento si spiega sì con una iperattività del cervello, ma soprattutto con le intuizioni e le associazioni mentali che partono inconsapevolmente elaborando in tempi brevissimi moltissimi dati. E se tutto questo fa pensare alla potenza di un computer si deve considerare, invece, che a tutto questo lavorìo si aggiunge una notevole creatività esaltata da una grande sensibilità e un alto senso della giustizia: un’umanità, in sintesi, di cui può essere capace solo un individuo speciale. I gifted, quindi, sono una grande risorsa. O meglio sarebbero, perché spesso questi bambini prodigio non vengono riconosciuti da genitori o insegnanti. Per questo, soprattutto da piccoli, a volte assumono comportamenti strani: sono conflittuali, distratti o iperattivi, bizzarri e ciò può disorientare ulteriormente una diagnosi mancata o mandarla del tutto fuori strada.

L’originalità di questi individui, di solito molto empatici, li espone molto dal punto di vista psicologico ed emotivo cosicchè sono in grado di provare fortissime emozioni, anche violente e al limite del visionario, che arricchiscono la loro conoscenza e possono trasformarla in arte. Molti di loro imparano con velocità anche a suonare strumenti musicali o a svolgere attività creative. Insomma, riescono bene in qualsiasi cosa facciano. I gifted sono essi stessi un dono perché rappresentano motivo di sfida continua per chi insegna o chi, comunque, si confronta con loro, costretto ad aggiornarsi ed approfondire per coltivarci un dialogo costruttivo. Hanno ricevuto un dono ma possono essere un dono per la comunità che ha la fortuna di accoglierli e comprenderli.

Purtroppo in Italia, dove la politica si è sempre battuta per l’inclusione di studenti con disabilità, non sono mai state adottate, invece, misure per valorizzare questi alunni che, spesso non riconosciuti, si trovano in difficoltà e per questo, in alcuni casi, dopo la scuola dell’obbligo non continuano gli studi. Nel nostro Paese la normativa ha progressivamente regolamentato l’integrazione e inclusione degli alunni con disabilità; ha riconosciuto il diritto per gli alunni disabili e i Bes (ragazzi con bisogni educativi speciali). Nella corsa per includere gli svantaggiati, però, sono stati dimenticati questi alunni strani ma affascinanti che potrebbero essere i saggi alla guida della cultura, delle istituzioni e dell’economia di domani. E’ una grave mancanza, questa, che ci dice molto sulla politica nostrana. Infatti “c’è qualcosa di molto più prezioso, raffinato e raro del talento –  dice Elbert Green Hubbard – . È il talento di riconoscere le persone di talento”.

Gloria Zarletti

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