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Carnevale, la “festa” del mondo alla rovescia

di | 2019-03-08T13:43:53+01:00 10-3-2019 6:35|Attualità, Sezione 8|0 Commenti

NAPOLI – Il Carnevale è la festa per eccellenza di possibili espressioni in cui tutto è lecito. È impossibile dare un’interpretazione univoca ad una festa strutturata in maniera così aperta ed elastica; è soggetta ad una vasta griglia di lettura, capace di ricevere di volta in volta, elementi diversi tali da esprimere contenuti nuovi. Caratteristica fondamentale è l’ambivalenza che permette, a seconda delle situazioni, di parlarne in termini di comico,
tragico, angoscia, piacere, liberazione e sfogo. Per il suo carattere immediato e concreto, il Carnevale, il cui elemento è il gioco, è molto vicino alla forma di spettacolo teatrale. È la rappresentazione della vita sotto vesti di
gioco dove attori e spettatori si confondono.

L’origine di questa festa, pare risalga al 3000-2000 a.C. nella Caldea: ne è testimone una delle più antiche epigrafi in cui il sacerdotale principe feudatario fa menzione di una festa in cui l’ancella prende il posto della signora e lo schiavo del padrone, il potente sta in basso come l’uomo comune. Presso i popoli primitivi, dove il regime sociale non conosce né classi, né gerarchie, non vi è traccia di Carnevale; le loro danze, maschere e giochi non rappresentano un mondo rovesciato: al massimo deridono le divinità. I loro culti comici erano sacri come lo erano i culti seri, entrambi ufficiali. In un secondo momento, quando si è creato un ordinamento di Stato e di classi, si è resa necessaria la distinzione di due generi e il “comico” è divenuto il “non ufficiale”, espressione della concezione del
mondo popolare cioè appartenente alla cultura popolare.

La prima forma di Carnevale risale ai Saturnali, feste dell’antica Roma celebrate in onore di Saturno, come rito di propiziazione agricola. I Saturnalia erano feste popolari con grandi banchetti e notturne danze mascherate spesso denominate dionisiache da  Dionisio, dio dell’ebbrezza, che rende gli uomini invasati ed entusiasti. Durante il Carnevale, molti divieti sono aboliti, tutti gli eccessi sono leciti. Esso per secoli ha rappresentato il capo d’anno, una
transizione in cui le vecchie regole non valgono più e le nuove non hanno potere: purificazione dei vecchi mali e peccati dell’anno che muore, oltre che rito augurale di abbondanza e benessere per il nuovo anno. Diventa festa degli
eccessi alimentari, sessuali e anche di violenze dove vengono oltrepassati i limiti della norma quotidiana. Elementi del rituale sono i carri, carichi di gente in costume, gare, la musica, il ballo, il rumore e le risate per strada. È la festa della comunità. La maschera dà la possibilità di essere altro da sé; è liberatoria, ma indica la perdita di una presenza.

Il Carnevale è festa laica per eccellenza non collegata alla liturgia del Cristianesimo. È altresì lotta tra paganesimo e
cristianesimo. Il Carnevale ha rappresentato, nel mondo contadino l’ultima scorpacciata prima di un periodo di carestia alimentare fino alla rinascita di primavera. La Chiesa ha fatto coincidere alla Quaresima il periodo successivo al Carnevale, ma questo è rimasto festa pagana. La sua massima espressione si ha nel Medioevo, ma storicamente Stato e Chiesa cercano di relegarla in confini e spazi limitati, ma poi il Carnevale si riaffermerà come espressione popolare e quindi sovversiva.

La tematica del mondo alla rovescia è sempre esistita sin dall’antichità, intessuta in trame dell’irreale, dell’impossibile, solo in seguito ha assunto valore di polemica sociale. È espressione di una speranza di un mondo migliore o diverso costruito su un ordine opposto. Capovolgere il mondo secondo un proprio orine/disordine nasce dal desiderio di fuggire il quotidiano. Al Carnevale, come a tutte le espressioni di cultura popolare, è stata sempre definita una natura contestativa, una contestazione del potere che è però da questo controllata e relegata ai margini del festivo. Una protesta provvisoria che quasi sempre finisce per rafforzare l’ordine costituito secondo la funzione primaria della valvola di sfogo. Il potere ha quindi concesso uno spazio limitato nell’anno in cui dare libero sfogo alla passione, sempre controllata.

La sepoltura del Carnevale, rito ricorrente è il segno della fine del tempo della licenza e del ritorno alla vita quotidiana; probabilmente il Carnevale è morto per davvero lasciando posto a manifestazioni puramente estetiche, ma vuote di contenuto e di reale contestazione. Il desiderio di nuove identità attinge dal mondo dei media a loro volta maschere del nostro quotidiano, un mondo che non si osa più rovesciare.

Angela Ristaldo

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